“Haiti e la tendenza a militarizzare l’aiuto umanitario”

La portaerei Cavour ritorna oggi (13/04/2010, n.d.r.) a Civitavecchia da Haiti. Si  e’ trattato di un’operazione umanitaria? Qualche spunto di riflessione

HAITI E LA TENDENZA A MILITARIZZARE L’AIUTO UMANITARIO

Nota di INTERSOS, 13 Aprile 2010

Oggi rientra la Nave Cavour da Haiti. L’operazione “umanitaria” della portaerei nasconde, in realta’, un’iniziativa di cooperazione militare Italia-Brasile ed e’ finalizzata a grandi investimenti industriali e di marketing in quel paese. Tutto legittimo, salvo l’intollerabile strumentalizzazione politica dell’aiuto umanitario e delle persone in pericolo.

Dato che non e’ nostra abitudine limitarci alle frasi ad effetto, chiediamo di seguirci nelle riflessioni che seguono.

Nei primi giorni delle catastrofi e’ regola, per le organizzazioni umanitarie, concentrare l’attenzione sulle vittime e sul soccorso. E’ necessario ora, in occasione del rientro in Italia della portaerei Cavour, dare il giusto risalto alla scelta politica del nostro paese tendente alla crescente militarizzazione dell’aiuto umanitario e alla sua strumentalizzazione. Non vi e’ nella nostra riflessione, vogliamo subito precisarlo, alcun pregiudizio ideologico, dato il rispetto che abbiamo per l’istituzione Forze Armate, ma sentiamo l’esigenza di contribuire alla chiarezza su un tema politico che non puo’ essere lasciato alle sole fanfare e cerimonie auto celebrative.

L’aiuto umanitario

Si tratta infatti di un problema molto serio che, se non affrontato adeguatamente, rischia di modificare e forse annullare lo ‘spazio umanitario’ costruito e codificato universalmente in ben 150 anni di impegno della Croce Rossa Internazionale e successivamente delle Ong, delle Agenzie umanitarie dell’ONU, degli Stati che hanno ratificato convenzioni e adottato solenni impegni in merito, compresa l’Unione Europea con il recente ‘Consensus sull’aiuto umanitario’.

Le emergenze umanitarie, che sconvolgono persone, nuclei familiari, intere comunita’, sono state vissute, meditate e valutate nel tempo, al fine di garantire un ambito di intervento chiaro (lo ‘spazio umanitario’), governato inequivocabilmente dai principi di umanita’, imparzialita’,  neutralita’,  indipendenza, centralita’ della persona, rispetto delle potenzialita’ locali, libero da manipolazioni per altre diverse finalita’. Sono stati definiti mandati e riferimenti istituzionali, divisione di compiti, regole di comportamento e standard operativi: avendo come principio e come fine la centralita’ e la dignita’ della persona vittima della calamita’.

Non e’ il coinvolgimento diretto dei militari che puo’ risolvere i problemi dei terremotati. Il rapporto con le persone in pericolo, affamate e disperate, richiede specifiche capacita’ di relazione che solo il sistema delle organizzazioni umanitarie riesce, seppure talvolta con difficolta’, a garantire. Se inseriti, invece, in una forza di polizia transitoria o in operazioni logistiche di particolare difficolta’, su richiesta dei paesi colpiti e delle organizzazioni umanitarie internazionali, i militari possono certo fornire il loro contributo per garantire sicurezza, protezione delle persone, dei convogli umanitari, delle distribuzioni e tutela dei beni e delle infrastrutture. Non e’ la prima volta che la loro presenza e’ ritenuta indispensabile. E quella americana lo e’ stata in Haiti, dimostrando prontezza e impegno nel portare soccorso ai terremotati, ma rimane incomprensibile che, a 40 giorni dal sisma, fossero ancora i militari a pianificare gli aiuti e a fare il lavoro degli operatori umanitari.

E’ vero che il gia’ molto fragile governo haitiano e le Agenzie delle Nazioni Unite presenti nel paese sono stati anch’essi colpiti dal terremoto, con molti funzionari sepolti sotto le macerie e si sono trovati, nelle prime settimane, in una situazione di estrema debolezza. Ma proprio per questo occorreva rafforzare le componenti civili (governative e non governative, nazionali e internazionali) senza sovrapporle con la componente militare, ma dotandole degli strumenti operativi necessari e sostenendole nell’organizzare, con una definita strategia, la distribuzione degli aiuti.

E’ indubbio che la forza militare possa essere una componente della protezione civile nelle catastrofi naturali di grande dimensione. Ogni paese, al proprio interno, ne fa tesoro e la risposta e’ sempre pronta ed efficace grazie all’impegno generoso dei militari. A livello internazionale il problema si fa, ovviamente, più complesso ed e’ per questo che ci sono regole e linee guida internazionali per l’intervento militare nelle operazioni civili. Si tratta, in breve, degli MCDA, Military and Civil Defense Assets, che definiscono l’utilizzo della componente militare nelle catastrofi, sempre sotto il coordinamento civile, nazionale o internazionale. Non e’ affatto sminuito, quindi, l’apporto dei militari, ma vengono stabilite le modalita’ del suo espletamento per evitare la militarizzazione dell’aiuto umanitario.

La portaerei Cavour e le scelte politiche dell’Italia

In particolare con le missioni degli ultimi anni, i Governi italiani hanno sviluppato un’inclinazione verso l’aiuto “umanitario” militarizzato. Piu’  volte ci siamo espressi per evidenziarne gli aspetti di inconciliabilita’. Anche l’impiego della portaerei Cavour, al posto di altre opzioni molto più confacenti e molto meno costose, si situa in questa tendenza. In questo caso, sono esistiti certo alcuni aspetti positivi quali il trasporto di beni di prima necessita’ di cui hanno approfittato il Programma Alimentare Mondiale, la Croce Rossa Italiana ed alcune ong, tra cui la nostra, o gli interventi medico-chirurgici realizzati dal personale militare o le operazioni di bonifica del genio. Ma per fare questo ci voleva la piu’ potente e costosa portaerei della Marina Militare, con circa 900 persone e una spesa di 200.000 euro al giorno? Indubbiamente no e la ragione va cercata altrove. Basta informarsi negli ambienti della Difesa e degli Esteri per avere un’idea di cosa si nasconda dietro a questa azione umanitaria per “aiutare tutta la popolazione, ma in particolare i bambini orfani che sono tanti e che vanno supportati” (La Russa). Pur avendo, ovviamente, contribuito a portare aiuto, si e’ trattato soprattutto di un’operazione Italia-Brasile con finalita’ di cooperazione militare, di grandi investimenti industriali, di marketing, dato che quel paese sta ampliando e ammodernando il proprio potenziale militare, compresa quella tipologia di flotta. Tutto legittimo. Ciò che riteniamo scorretto e’ l’inganno e la strumentalizzazione dell’aiuto umanitario al fine di realizzare il vero obiettivo non dichiarato, quello della cooperazione militare e dagli affari.

La coerenza necessaria

Abbiamo gia’ evidenziato e contestato questa tendenza e le scelte politiche che la sostengono, lanciando piu’  volte allarmi su scelte incoerenti ed errate della politica che rischiano di produrre effetti negativi irrimediabili, allontanando l’Italia dal sistema umanitario internazionale dopo averne condiviso principi, convenzioni, regole. Ribadiamo, appellandoci al Parlamento, l’esigenza di una severa coerenza con cio’ che l’Italia ha ratificato o concordato a livello europeo e internazionale sulle emergenze umanitarie e sulle precise modalita’ per l’impegno dei militari nelle operazioni civili di soccorso e per un corretto rapporto civile-militare nei contesti di emergenza.

INTERSOS, Roma, 13 Aprile 2010

Per informazioni:

www.intersos.org

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