Legambiente: ancora inattuato piano regionale del 1998, subito mappatura, priorità e risorse per bonifiche, ma anche informazione ai cittadini.
Sono 2.907 le tonnellate di amianto in 1.175 edifici pubblici censiti nel Lazio, poco o nulla si sa dei siti dimessi, dei grandi impianti industriali e a pressione e tanto meno della situazione negli edifici privati industriali e civili, ma nel frattempo sono ben 10mila le tonnellate rimosse ogni anno, con 100 aziende autorizzate e 3mila interventi realizzati, poi spedite all’estero per la mancanza di impianti di smaltimento adeguati. E’ nero il quadro che emerge per il Lazio dal rapporto “I ritardi dei Piani regionali per la bonifica dell’amianto”, presentato da Legambiente alla vigilia della giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto, per denunciare il clamoroso ritardo sugli interventi di risanamento e bonifica delle strutture in cui è presente la sostanza killer.
Di amianto si muore anche nel Lazio, dove finora sono 171 i casi di mesotelioma maligno, quasi il 2% delle 9mila vittime registrate a livello nazionale, secondo le segnalazioni dall’apposito Registro Nazionale istituito presso l’Ispesl -che dal 1993 censisce il tumore dell’apparato respiratorio strettamente connesso all’inalazione di fibre di amianto- di cui 31 (18,1%) di origine definita e 140 (81,9%) non definita. Inoltre, i dati del Rapporto 2008 del Dipartimento epidemiologia della Asl RmE registrano 352 casi di tumore per esposizione all’amianto dal 2001 al 2008. Nel 2007 i casi sono stati 70. Una strage silenziosa che rischia di impennarsi fino al 2020, per via del periodo di latenza della malattia.
Dal 1998 il Lazio ha formalmente approvato il piano previsto dalla legge 257/92 relativa alla messa al bando dell’amianto nel nostro Paese -secondo cui entro 180 giorni ogni Regione avrebbe dovuto adottare un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati- ma la nostra Regione è ben lontana dall’attuarlo. Il censimento è infatti ancora in corso, come confermano i numeri forniti dal Ministero dell’Ambiente, e non sono definiti i tempi per la conclusione delle operazioni, mentre ad esempio per le coperture in Eternit è stata avviata una campagna di telerilevamento con il Cnr, ma i dati non sono disponibili. E seppur la bonifica, nel frattempo, sia stata in parte avviata, non esistono, e non sono previsti, impianti di smaltimento, per cui bisogna affidarsi a Paesi stranieri.
“Sull’amianto nel Lazio si sa troppo poco, manca ancora una mappatura dei siti a rischio e quasi niente si è fatto sul fronte della bonifica. Bisogna accelerare, siamo di fronte a rischi molto seri per la salute dei cittadini –ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio–. I dati confermano l’allarme che più volte abbiamo lanciato, sulla base delle segnalazioni che giungono all’Osservatorio Ambiente e Legalità che gestiamo con la Regione Lazio. Servono informazioni e certezze per i cittadini, bisogna spiegare loro come ci si deve comportare quando si ha a che fare con strutture contaminate in casa, a scuola o presso i luoghi di lavoro, spiegando i rischi per la salute, considerando che l’esposizione all’amianto è spesso inconsapevole e sono sempre più i soggetti ammalati che non hanno svolto alcuna delle attività consider ate a rischio. A quasi 20 anni dall’adozione della Legge nazionale in materia, la Regione non può più rimandare la completa mappatura delle strutture contenenti la fibra killer, individuando le priorità e destinando le risorse economiche per co-finanziare rimozioni e bonifiche. Allo stesso tempo va realizzata un’adeguata impiantistica di trattamento e smaltimento, è assurdo che si faccia affidamento su impianti situati all’estero, facilitando così lo smaltimento illegale. Chiediamo anche l’elenco delle ditte autorizzate per lo smaltimento, per evitare truffe ai danni dei cittadini.”
Nel Lazio la Regione ha conferito al Laboratorio di Igiene Industriale – Centro Regionale Amianto, ASL di Viterbo, l’incarico di realizzare la mappatura circa il quadro complessivo dei MCA (materiali contenenti amianto) negli edifici o ambienti aperti al pubblico, negli impianti industriali e nei siti dimessi. Nell’Ottobre del 2008 la Regione inviò ben 30.000 lettere a soggetti pubblici o privati potenzialmente interessati, chiedendo di compilare entro il Dicembre 2008 le necessarie schede, per individuare edifici ed siti, individuare le situazioni a maggior rischio e poter quindi intervenire con la bonifica. Si decise di partire dagli edifici pubblici o aperti al pubblico come le scuole, gli ospedali, gli uffici della pubblica amministrazione, gli impianti sportivi, i centri commerciali, i cinema e teatri, le biblioteche, i luoghi di culto. Con particolare attenzione a quelli con amianto in matrice “friabile”, c he rappresentano le situazioni più problematiche.
Un terzo circa delle segnalazioni giunte a Legambiente negli ultimi mesi riguardavano discariche abusive e deposito illecito di rifiuti pericolosi, contenenti anche eternit. Tra i casi segnalati in particolare sul territorio capitolino, da annoverare il deposito illecito di cassoni in eternit sulla sponda destra del fiume Tevere sotto Ponte Milvio, Municipio XX, area bonificata dopo la nostra segnalazione, oppure i cassoni in eternit in disuso siti all’ interno del plesso scolastico “Anna Magnani”, nel Municipio IV. Dopo 2 mesi di lavoro, di concerto con le istituzioni competenti, sembra che i cassoni saranno finalmente rimossi in un giorno di chiusura della scuola.
Altro tema fondamentale riguarda i siti produttivi di amianto. Tra le più note nel Lazio, c’è la triste storia della ex Cemamit di Ferentino (Fr), che dagli anni ’60 agli anni ’80 ha prodotto amianto in polvere e manufatti in cemento amianto per il settore edilizio, con malattie contratte dalla stragrande maggioranza degli ex lavoratori e nessun intervento per bonificare il territorio. Nella stessa area la ex Italfornaci e poco più a nord anche gli impianti di Colleferro (Rm). Da registrare che la Regione Lazio pochi anni fa aveva commissionato un’indagine epidemiologica sui rischi dell’esposizione all’amianto, individuando Roma, Colleferro, Monterotondo e Civitavecchia quali siti da monitorare.
Per sensibilizzare i cittadini sul tema, Legambiente ha oggi lanciato “Liberi dall’amianto”, una campagna di informazione e formazione, svolta in collaborazione con l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente, sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre di amianto, per indicare le regole di comportamento quando si ha a che fare con strutture contaminate. In Italia sono almeno 2mila le morti all’anno morti causate dall’esposizione alla polvere di amianto che provoca il mesotelioma pleurico, mentre sono state 9mila dal 1993 al 2004, con cause che in circa il 70% sono state professionali. Ed i numeri purtroppo, come dicevamo all’inizio, sono ancora destinati a crescere fino al 2020 per via del periodo di latenza della malattia, le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni. Soprattutto sta aumentando il numero di vittime “inconsapevoli”, non legate ad attività considerate a rischio.
Roma, 27 Aprile 2010
Ufficio Stampa
Legambiente Lazio