Il 13 maggio 2005 centinaia di persone, tra cui donne e bambini, vennero uccise nel centro di Andijan dalle forze di sicurezza dell’Uzbekistan, che aprirono il fuoco su una folla di manifestanti in larga parte pacifici.
In occasione del quinto anniversario di quegli eventi, Amnesty International
ha sollecitato l’Unione europea (Ue) a condannare con forza i ripetuti
attacchi nei confronti dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti
che sollevano il caso nel paese.
In una lettera a Catherine Ashton, responsabile della politica estera
dell’Ue, Amnesty International ha chiesto di garantire pubblicamente che
un’inchiesta internazionale, urgente e indipendente sulle uccisioni di
Andijan resta ancora una priorita’ per l’Ue.
All’indomani dei fatti di Andijan, il governo uzbeco ha scatenato la
repressione nei confronti dei dissidenti e ha cercato di ridurre al
silenzio le fonti indipendenti. La risposta dell’Ue e’ stata un embargo
sulle armi, entrato in vigore nell’ottobre 2005 insieme ad altre sanzioni
mirate. L’embargo, tuttavia, e’ stato abolito nell’ottobre 2009 senza
alcun riferimento alla necessita’ di un’inchiesta indipendente, che era
stato un elemento chiave dell’applicazione delle sanzioni.
‘Le incongruenze dell’Ue su Andijan mettono in discussione la credibilita’
di una politica estera che dovrebbe porre i diritti umani al centro di
ogni decisione. Cio’ di cui vi e’ bisogno e’ un approccio chiaro e
coerente per esercitare pressioni internazionali sull’Uzbekistan e
ottenere l’avvio di un’inchiesta internazionale indipendente’ – ha
dichiarato Nicolas Beger, direttore dell’ufficio di Amnesty International
presso l’Ue.
Il governo uzbeco ha recentemente dichiarato che la fine dell’embargo e’
la prova che la questione dell’inchiesta e’ da considerarsi chiusa.
Amnesty International sottolinea invece che la situazione dei diritti
umani ha continuato a peggiorare dal maggio 2005 e che tanto i difensori
dei diritti umani quanto i giornalisti indipendenti, nonostante le
smentite delle autorita’, vengono sempre piu’ sottoposti a intimidazioni,
pestaggi e arresti. Le denunce di torture e maltrattamenti in custodia
rimangono costanti.
Il caso di Dilorom Abdukadirova, 44 anni, e’ particolarmente
significativo. Dopo aver preso parte alle manifestazioni di Andijan,
fuggi’ nel vicino Kirghizistan, lasciando in Uzbekistan il marito e i
figli. Rientrata quest’anno a gennaio, dopo un periodo trascorso in asilo
politico in Australia e dietro la promessa delle autorita’ che nulla le
sarebbe successo, appena atterrata e’ stata imprigionata per quattro
giorni. A marzo e’ stata nuovamente arrestata e tenuta per due settimane
in una cella di polizia, senza poter contattare il suo avvocato e i
familiari. Ad aprile e’ stata processata per reati contro la costituzione
e per espatrio ed ingresso illegali all’epoca dei fatti di Andijan. Il 30
aprile, al termine di un processo irregolare, e’ stata condannata a 10
anni e due mesi.
‘La situazione dei diritti umani in Uzbekistan e’ negativa tanto quanto
cinque anni fa e l’Ue deve riconoscerlo immediatamente. Persone coraggiose
come i giornalisti e i difensori dei diritti umani, che ancora oggi osano
parlare delle uccisioni di Andijan, continuano a soffrire. L’Ue non puo’
far finta di niente e proseguire i suoi rapporti con l’Uzbekistan come se
niente fosse’ – ha concluso Beger.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 12 maggio 2010