“Denunciamo che il provvedimento che introduce la cedolare secca dal 2011 non ha copertura finanziaria”.
AFFITTI/ CEDOLARE SECCA : NON SOLO SI TRATTA DI UNA MISURA INIQUA E SBAGLIATA, NON C’E’ COPERTURA FINANZIARIA E PRESENTA PROFILI DI INCOSTITUZIONALITA” DICHIARAZIONE DI WALTER DE CESARIS, SEGRETARIO NAZIONALE DELL’UNIONE INQUILINI
“Denunciamo che il provvedimento che introduce la cedolare secca dal 2011 non ha copertura finanziaria.
Come dimostrano gli studi predisposti (si veda per esempio quello pubblicato sul sito economico la voce.info), la cedolare secca del 20% comporterà, a partire dal 2011, una diminuzione d’imposta complessiva pari allo 0,74%. In pratica si tratta di minori entrate fiscali pari a circa 1 miliardo di euro, comprese Irpef regionale e comunale.
Per compensare la diminuzione di entrate, occorrerebbe recuperare una evasione da canoni da locazione pari al 78% del totale dei contratti già denunciati al fisco, cioè scovare tre evasori ogni quattro contribuenti. Si tratta di una impresa assurda, tanto più che manca nel provvedimento l’unica misura idonea a far emergere davvero il nero che si annida nel campo degli affitti: la possibilità per gli inquilini di detrarre l’affitto dalla denuncia dei redditi, così come si fa per il mutuo per la prima casa o per le spese mediche.
La cedolare secca sugli affitti presenta, inoltre, evidenti profili di incostituzionalità: contraddice il principio della progressività dell’imposta rispetto al reddito, discrimina perché introduce, a parità di reddito, una ingiustificata disparità di trattamento a favore dei proprietari di immobili rispetto a chi ha redditi da lavoro o autonomi e, conseguentemente, scarica sugli altri contribuenti una maggiore esposizione fiscale.
Scriveremo alla commissione bicamerale per il federalismo fiscale, alle commissioni bilancio di Camera e Senato, alla Corte dei Conti, alle regioni e ai Comuni per denunciare la mancanza di copertura finanziaria e la incostituzionalità del provvedimento.
Queste ragioni si aggiungono alle valutazioni pesantemente negative sul merito. La cedolare secca del 20% sugli affitti, concessa a favore di tutti i proprietari, senza considerazione (come avviene oggi) della tipologia contrattuale che utilizzano e, conseguentemente, dell’affitto che chiedono, comporterà conseguenze gravissime: eliminando ogni vantaggio a praticare affitti calmierati, porterà a una tendenza alla ulteriore lievitazione degli affitti e, di conseguenza, all’incremento degli sfratti per morosità che è la piaga che sta dilagando.
Anche nel campo dei proprietari, avvantaggerà di più coloro che hanno redditi più alti, coloro che praticano affitti speculativi o possiedono un numero alto di alloggi, mentre un piccolo proprietario con un reddito fino a 50.000 euro o ci rimette o non riceve alcun beneficio.
Come dimostrano gli studi sull’impatto della norma, divisi tutti i contribuenti in base al reddito in 10 decili, i più ricchi, quelli dell’ultimo decile, avranno un beneficio 10 volte superiore rispetto a coloro sotto la mediana.”
Roma 14 ottobre 2010
Unione Inquilini
Segreteria Nazionale
Via Cavour 101 – 00184 Roma
Tel. 06/4745711 – fax 06/4882374
Sito internet www.unioneinquilini.it
Roma, 14 ottobre 2010
Alla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale
Alla Commissione Bilancio Camera dei Deputati
Alla Commissione Bilancio del Senato della Repubblica
Alla Ragioneria Generale dello Stato
Alla Corte dei Conti
L’articolo 2 dello schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale stabilisce un’aliquota unica del 20%, definita “cedolare secca” per gli affitti percepiti dai proprietari, a prescindere dal tipo di contratto con il quale locano gli appartamenti, da quanto ricavano e dal reddito posseduto.
I motivi di contrarietà sul merito della norma sono già stati espressi da noi con documenti formali inviati agli organismi competenti ad esprimere il prescritto parere sullo schema di decreto legislativo.
Essi, in sintesi, si riferiscono all’impatto sociale della norma che giudichiamo gravemente negativo: con l’eliminazione di ogni vantaggio fiscale differenziale che premi i proprietari che affittano secondo il canale agevolato introdotto dalla legge 431 del 1998, di fatto si premia il libero mercato degli affitti, incrementando ulteriormente la tendenza all’aumento dei canoni e, di conseguenza, alimentando la piaga degli sfratti per morosità.
Si rimane stupefatti, inoltre, dalla mancanza di reciprocità: mentre si estende a tutti i proprietari un beneficio fiscale molto oneroso per la collettività, che tra l’altro favorisce di più le fasce di reddito più alte, per gli inquilini non c’è alcun intervento che permetta la possibilità di poter detrarre almeno parte dei canoni pagati dalla denuncia dei redditi, così come si fa, per esempio, per i mutui per l’acquisto dell’abitazione.
In questa sede, però, ci permettiamo di avanzare formalmente un altro rilievo e che riguarda la copertura finanziaria del provvedimento.
Nello schema di decreto legislativo, infatti, non vi è la previsione di alcuna copertura finanziaria degli inevitabili costi che la norma comporta.
Va, infatti, ricordato che la cedolare secca viene introdotta a partire dal 2011 come una norma di carattere nazionale e che a partire dal 2014 sarà trasformata in un prelievo avente il carattere di imposta municipale.
La compensazione non può venire dall’interno del mondo della proprietà a causa del fatto che, con l’introduzione della cedolare secca del 20%, le fasce di reddito più basse, quelle relative al primo e al secondo scaglione IRPEF, qualora pratichino affitti secondo la modalità contrattuale del canale agevolato, potrebbero subire una penalizzazione in quanto, con la normativa attualmente vigente, pagano una aliquota inferiore.
L’art. 2 dello schema legislativo, infatti, prevede che la cedolare secca sia una “alternativa facoltativa” rispetto all’attuale regime. Essa si applica, quindi, soltanto qualora vi sia un vantaggio fiscale rispetto al regime attuale.
Che via si determino minori entrate fiscali per l’erario è quindi indubbio.
Sull’effettiva entità delle medesime, le stime più prudenti (facciamo riferimento a uno studio pubblicato sul sito economico la voce.info) fanno riferimento a minori entrate fiscale pari allo 0,75% del complessivo gettito IRPEF attuale. Il costo per l’erario per l’introduzione della cedolare secca del 20% sugli affitti risulterebbe, pertanto, di circa 1 miliardo di euro.
Si potrebbe obiettare che la norma si compenserebbe attraverso l’emersione dal nero di canoni oggi sconosciuti al fisco.
Tale obiezione è, però, priva di fondamento per due ragioni.
La prima di ordine generale per la quale non è mai possibile, per la corretta gestione della finanza pubblica, coprire uscite certe e immediate con future aleatorie entrate.
D’altra parte non si comprende la ragione per la quale chi oggi non paga nulla perché evade, dovrebbe essere attratto ad emergere per pagare il 20%. Né assume un particolare rilievo l’introduzione, comunque in linea generale condivisibile, di sanzioni.
Come ricordato all’inizio, l’unica seria iniziativa per contrastare realmente l’evasione fiscale nel settore consisterebbe nell’introduzione di un conflitto di interessi, attraverso la possibilità anche per tutti gli inquilini di poter detrarre l’affitto dalla propria dichiarazione dei redditi. Questa misura, unita alla tracciabilità dei canoni corrisposti, è l’unica che può permettere in via strutturale un contrasto efficace alla irregolarità contrattuale e all’evasione fiscale.
Nello specifico, inoltre, come dimostrato dallo studio suddetto, considerando il canone medio mensile che emerge dalla rilevazione della Banca d’Italia, pari a 740 euro mensili, se ne deduce che il riequilibrio del gettito si può ottenere solo se si recuperano canoni di locazione finora non dichiarati pari al 78% di quelli già noti al fisco. Occorrerebbe, cioè, scovare 3 evasori ogni 4 attuali contribuenti, una previsione, ovviamente, del tutto irrealistica.
A queste ragioni di merito e di carattere finanziario, si aggiungono, infine, rilievi che riguardano l’incostituzionalità della norma in questione, almeno in quanto confligge con il principio della progressività dell’imposta sul reddito e in quanto determina un illogico e ingiusto vantaggio per i percettori di redditi derivanti da locazioni rispetto a coloro che ricavano redditi da lavoro.
Chiediamo, pertanto, che si intervenga, al fine di impedire che, attraverso lo strumento del decreto legislativo, si introducano normative inique e palesemente contrastanti la correttezza finanziaria e il rigoroso rispetto della Costituzione.
Cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti.
IL SEGRETARIO NAZIONALE
UNIONE INQUILINI
Walter De Cesaris
Unione Inquilini
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