Oggi il Museo Storico della Liberazione, l’ex carcere romano delle SS di via Tasso, rischia di dover chiudere per mancanza di fondi pubblici. Lo ha annunciato il presidente, Antonio Parisella.
CHI HA PAURA DEL MUSEO DELLA LIBERAZIONE DI VIA TASSO
di Gianluca Cicinelli per www.radiorock.to
Se chiedi a un romano cosa c’era in via Tasso, ancora oggi, prima di rispondere, deglutisce per l’emozione. Quelli già nati ai tempi dell’occupazione nazifascista perchè hanno visto e sentito cosa accadeva, gli altri perchè in ogni famiglia dentro e fuori l’ex ghetto di Portico d’Ottavia gli anziani hanno trasmesso ai loro figli la memoria del più importante monumento italiano all’orrore del nazismo. Oggi il Museo Storico della Liberazione, l’ex carcere romano delle SS di via Tasso, tristemente noto per le sevizie inflitte dai nazisti agli ebrei e ai prigionieri politici, rischia di dover chiudere per mancanza di fondi pubblici. Lo ha annunciato il presidente, Antonio Parisella, precisando che “dal 2 gennaio la chiusura è quasi certa, per motivi di bilancio”, a dispetto del numero di visitatori raddoppiato, quasi 15 mila persone. “È ormai molto probabile o quasi certo – ha spiegato Parisella – che il 2 gennaio il Museo possa non aprire i battenti e che venga commissariato. Con gli amministratori del Museo abbiamo tenuto un’apposita riunione nella quale, sulla base di una recente corrispondenza, abbiamo dovuto constatare che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non ha operato, forse, il previsto taglio del 15% del contributo annuale di euro 50.000,00 previsto dalla legge istitutiva per il funzionamento del Museo, ma poi ci ha finora assegnato per il 2010, un esercizio finanziario che sta per concludersi, soltanto un terzo di quanto dovuto e gli uffici non sono in grado di confermarci né se saranno in grado di accreditarci il resto entro l’anno in corso né su quale entrata certa il Museo potrà contare per il 2011. Neppure ci sono venute in aiuto con i loro contributi, nonostante ripetute dichiarazioni alla stampa, le amministrazioni locali, Regione Lazio, Comune, Provincia e Camera di Commercio di Roma, alle quali, secondo le indicazioni della legge istitutiva, ci eravamo rivolti fin dal maggio scorso, perché concorressero con lo Stato a garantire il raggiungimento degli scopi istituzionali del Museo”.
L’appello è stato rilanciato su Facebook e anche il nostro blog vuole fare la sua parte nel sensibilizzare l’opinione pubblica su uno sconcio che non è soltanto economico ma culturale. Il Museo Storico della Liberazione è allestito nei locali dell’edificio che, nei mesi dell’occupazione nazista di Roma (dall’11 settembre 1943 al 4 giugno 1944), venne utilizzato come carcere dal Comando della Polizia di sicurezza, la “SD Polizei”. L’ufficio di collegamento tra la polizia politica tedesca e quella italiana, che aveva sede nell’edificio, era affidato al maggiore delle SS Herbert Kappler. Via Tasso divenne tristemente famosa come luogo dove si poteva essere portati anche senza alcun motivo e da dove si poteva finire diretti al tribunale di guerra, deportati o detenuti al carcere di Regina Coeli. Circa duemila tra uomini e donne vi passarono per essere sottoposti ad interrogatori, torture ed altre violenze. Non vi furono, infatti, solo militari passati in clandestinità o partigiani, ma anche uomini e donne, anziani e ragazzi, cittadini di ogni classe e ceto dai quali Kappler e suoi aiutanti pensavano di poter strappare informazioni sulle organizzazioni clandestine di Resistenza, sui luoghi di accoglienza di ebrei e militari italiani o alleati, su chi produceva stampa clandestina, documenti falsi, chiodi e quattro punte.Il Museo Storico della Liberazione fu istituito con la legge 14 aprile 1957 n. 277 che riconosceva ad esso la personalità giuridica di ente pubblico. Negli ambienti dell’ex comando di polizia e carcere nazista, oggi vincolati nella struttura e nella funzione, venne compiuto un restauro in parte conservativo e in parte ricostruttivo e realizzato un allestimento che ebbe come riferimento i sacrari e memoriali militari. Dopo la morte di Giulio Stendardo, avvenuta nel 1969, il Museo conobbe un lungo periodo di stasi fino al 1980 quando ne divenne presidente, fino alla morte avvenuta nel 2001, il sen. prof. Paolo Giulio Taviani, uno dei capi della vittoriosa Resistenza di Genova, più volte ministro per la DC e presidente della Federazione Italiana dei Volontari della Libertà. Egli fu sorretto e sostenuto dal prof. Arrigo Paladini, già detenuto in via Tasso, che ne divenne il direttore e che fu coadiuvato dalla moglie Elvira Sabbatini Paladini.Il rilancio del Museo ebbe come punto di forza una sempre più intensa attività per le scuole, non solo romane, proseguita in progressione fino agli attuali oltre 15000 visitatori l’anno. Al piano terreno venne autorizzato l’allestimento di un muro divisorio e la realizzazione di un’aula didattica. L’intera ala dell’edificio, corrispondente al civico n. 145, fu sottoposta a vincolo perché di notevole interesse storico e sugli appartamenti istituito il diritto di prelazione dello Stato. Nel 2001, in occasione del primo giorno della memoria (istituito con la legge n. 211 del 20 luglio 2000) fu consegnato al Museo, che vi allestì la sala sulla deportazione degli ebrei romani, l’appartamento dell’interno 9.Nella notte tra il 22 e il 23 novembre 1999 il Museo fu oggetto di un attentato esplosivo di natura antisemita che per caso non provocò conseguenze funeste ma provocò solo danni ai vetri delle finestre degli appartamenti e degli appartamenti ad esso più vicini. La manifestazione di solidarietà dell’ 8 dicembre successivo, con le sue oltre 3500 persone ( l’uno per mille della popolazione di Roma) contribuì a rinsaldare il legame ed il consenso popolare intorno al Museo. Nella fase più recente, nell’ambito del Museo sono state realizzate diverse iniziative di ricerca storico-documentaria volte ad arricchire la documentazione e ad ampliare le conoscenze. Inoltre, il Museo ha avviato contatti in Italia ed in Europa per collegarsi con analoghe istituzioni e luoghi di memoria. Adesso questa memoria rischia di andare persa. È dovere (sì, per una volta permetteteci questa espressione) di tutti coloro che si riconoscono nella Costituzione italiana, d’impedire la chiusura di via Tasso con appelli alle autorità e contributi in denaro. Perchè la memoria non si cancella con un colpo di forbici.