“La stampa è clandestina anche per il blogger”

Confermata la sentenza di primo grado che nel 2008 condannò un noto giornalista siciliano specializzato in inchieste sulla mafia.

E’ stata depositata la sentenza che in appello ha confermato la condanna di Carlo Ruta per il suo blog Accade in Sicilia, il cui contenuto era stato ritenuto lesivo da Agostino Fera, al tempo procuratore della Repubblica di Ragusa.

La prima sezione della Corte d’Appello di Catania si è infatti pronunciata respingendo il ricorso del giornalista in quanto ha ritenuto violate le disposizioni della legge sulla stampa 08/02/1948 n. 47, malamente riformata dalla legge 7 marzo 2001, n. 62 e successivamente da modifiche introdotte il 26/10/2004.

Inutile discutere ancora sull’attualità della legge 47, nata per reprimere i reati connessi alla clandestinità delle pubblicazioni. Sull’argomento hanno detto e scritto di tutto e di più parlamentari, giornalisti, magistrati e anche semplici cittadini: chi sventolando la Costituzione, chi paventando mire repressive e chi semplicemente intravvedendo un tentativo di concentrare l’informazione e la sua distribuzione nelle mani dei “soliti noti”.

Al di là delle diatribe, resta comunque il fatto che la legge sulla stampa del 1948 ha sinora trovato rarissima applicazione e soltanto quando la pubblicazione abbia in qualche modo disturbato “quelli che possono”, complici anche i (forse volutamente) maldestri tentativi di adeguamento a una nuova realtà sociale e tecnologica di una normativa ormai completamente obsoleta.

Blog e siti internet amatoriali, infatti, nulla hanno a che fare con la “stampa clandestina” e neppure con la “obbligatorietà della registrazione in tribunale”, ma semmai con il dettato dell’art. 21 della Costituzione, che consentirebbe ampissima libertà di espressione. Il condizionale è d’obbligo perché evidentemente anche alcuni magistrati ormai hanno le idee alquanto confuse in proposito.

Che per tutelare l’onorabilità delle persone si debba ricorrere alla contestazione di tutt’altra tipologia di reato è pratica che ormai trova applicazione soltanto in questo nostro Paese, disastrato sotto il profilo economico ma soprattutto sotto l’aspetto istituzionale.

Carlo Ruta ha già fatto sapere che intende percorrere la via del ricorso in Cassazione anziché avvalersi dei termini prescrizionali; è cosa che gli fa onore e che quindi va intesa soprattutto come estremo tentativo di difesa della più preziosa ed oggi meno difesa delle libertà garantite dalla Carta costituzionale.

Più semplicemente occorrerebbe che i cittadini si facessero intanto parte attiva nel condividere il parere espresso da tanti giuristi, che vorrebbero una completa riscrizione di tutta la normativa sull’argomento; avanzando magari la proposta di referendum abrogativo, a cominciare della legge 08/02/1948 n. 47.

Dodi Casella – Olimpo Informatico

[ZEUS News – www.zeusnews.com – 31-05-2011] http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=14973

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