CIR-Fininvest: Roppo aveva ragione. Ora è ufficiale. Anche i giudici hanno una psiche. Da “Indymedia”
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CIR-FININVEST: Roppo aveva ragione
Ora è ufficiale. Anche i giudici hanno una psiche.
Come un fulmine a ciel sereno la sentenza in secondo grado (super scontata) che ha condannato il nano di Arcore a rifondere a De Benedetti oltre mezzo miliardo di euro (560 milioni d’euri per l’esattezza).
Forse Berlusca sperava di spuntarla invece ha perso anche la seconda manches. Un bello sconto comunque Silvio Berlusconi l’ha ottenuto (560 milioni anziché 750 milioni di euri scusate se è poco). Somma che corrisponde a poco più del danno patrimoniale che CIR lamenta d’aver subito, 342.259.187,26 euro, ossia:
– 236.561.447,43 euro (danno derivante dall’aver concluso l’accordo di spartizione del Gruppo Mondatori a condizione economiche gravemente deteriori rispetto a quelle che si sarebbero convenute sulla base della proposta Fininvest del 19.6.1990 in assenza dell’illecito);
– 47.489.847,06 euro (danno liquidato equitativamente dal Tribunale);
– 8,207.892,77 euro (danno derivante dall’aver inutilmente e ingiustamente sostenuto le spese legali del procedimento arbitrale, del giudizio di impugnazione davanti alla Corte di Appello di Roma e del giudizio per la Cassazione della Sentenza Corrotta);
– 50.000.000 euro (danno derivante dalla lesione della propria immagine imprenditoriale).
Dopo tanto parlarne sui giornali alcuni ancora non hanno capito bene che tipo battaglia giudiziaria s’è combattuta in questi giorni. In che cosa consiste esattamente l’azione legale lo spiegano dettagliatamente gli avvocati Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini nella loro ultima Comparsa Conclusionale nell’interesse di CIR:
“… L’azione esercitata da CIR è un’azione di responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 cod. civ.) in quanto basata su un fatto doloso e/o colposo di Fininvest consistente nella corruzione del Giudice Metta, cha ha causato a CIR un “danno ingiusto” e fu il mezzo per dotare Fininvest di una ingiusta posizione di vantaggio negoziale … sussiste l’illecito perché obiettivamente risulta che Metta fu corrotto affinché procurasse – come in effetti procurò – l’emanazione di una sentenza favorevole a Fininvest ed avversa a CIR … CIR si trovò a sborsare un conguaglio in favore di Fininvest per circa 410 miliardi di lire, quando in un a spartizione ‘pulita’ sarebbe stata essa CIR a incassare da Fininvest un conguaglio dell’ordine di 578 o quantomeno di 400 miliardi di lire…”.
Nell’aprile del 1991 era in ballo la trattativa riguardante la spartizione di uno dei più importanti gruppi editoriali del nostro paese, il Gruppo Mondatori nella quale era in gioco il controllo di primari mezzi di informazione (v. Espresso e La Repubblica). Solo che la determinazione delle condizioni economiche della transazione seguì delle logiche diametralmente differenti da quelle che solitamente son consuete nelle prassi economiche ed aziendali. Questa interpretazione è anche confermata dalle dichiarazioni di Fedele Confalonieri che rese all’epoca (in un’intervista a Il Sole 24 Ore): “quello attorno al quale stiamo discutendo non è un contratto di vendita, è un accordo di spartizione, e gli accordi di spartizione, così mi hanno insegnato, non rispondono alle regole convenzionali, in uso sul mercato, rispondono ad altre regole…” … Ma “A quali regole dovrebbe rispondere?” chiede attonito l’intervistatore. Confalonieri risponde serafico: “a quelle del valore che ciascuno dà al bene che intende assicurarsi”. Che regole intendano Confalonieri (e Berlusca) ora le comprendiamo sin troppo bene (spartizioni viziate dalla corruzione). Sulla falsariga del Fedele anche le dichiarazioni del fido Giuseppe Ciarrapico che nello svolgimento delle trattative finali intervenne in prima persona rifiutandosi categoricamente di esaminare qualsivoglia dato economico e limitandosi solo ad annotare le reciproche pretese di CIR-Fininvest su un suo quaderno a quadretti (very professional).
Solo che il gatto e la volpe non avevano fatto i conti con un altro vecchio volpone, Carlo De Benedetti, che già dall’aprile del 1991 sapeva perfettamente della corruzione del giudice Metta. Voci di corridoio riferivano con insistenza della compravendita della sentenza favorevole al nano di Arcore. In sede penale (nel corso delle indagini preliminari quando fu sentito come persona informata sui fatti sul processo SME) anche l’Ing De Benedetti espresse il suo “fermo convincimento” che la sentenza Metta fosse stata comprata, convincimento maturato sia sulla base di alcune anticipazioni giornalistiche (Il Sole 24 Ore del 25 gennaio 1991) e soprattutto alcuni voci di tribunale. In questi ambienti si vociferava che la sentenza del giudice Metta fosse stata battuta a macchina nell’ufficio dell’Avv. Acampora ed il possibile prezzo della corruzione che sarebbe stato pagato sarebbe stato pari a 10 miliardi di lire più la promessa della presidenza della Consob al Presidente della Corte di Appello di Roma, Sammarco (nomina che De Benedetti avrebbe cercato di sventare appellandosi tramite il Prof. Vicentini a Giorgio La Malfa). La figlia del giudice Metta in seguito fu presa anche a lavorare nello studio dell’avv. di Berlusconi, l’inossidabile (e soprattutto incorruttibile) Avv. Cesare Previti. Tra le varie fonti delle “convinzioni” di De Benedetti che avrebbe raccolto in ambienti vicini al Palazzo di Giustizia di Roma vi sarebbe anche l’allora Presidente della Consob Bruno Pazzi e Carlo Caracciolo (quest’ultimo disse di aver appreso queste indiscrezioni dai suoi avvocati).
Gossip a parte rimane la soddisfazione di De Benedetti perché finalmente è stato riconosciuto (per la seconda volta) il diritto di CIR di essere risarcita del danno per essere stata privata di una sentenza giusta (o perlomeno della possibilità di ottenerla). Il merito, in buona parte và anche alle CTU. Come sapete una bella fetta di questa battaglia s’è combattuta tutta sulle CTU (Consulenze tecniche di parte), sulla logica e il ragionamento. Per smontare gli assurdi teoremi di Fininvest gli avvocati di CIR hanno messo in fila tutta una serie coordinata di passaggi logici entro cui hanno inserito in modo coerente i vari dati e argomenti, ciascuno al posto giusto (sembrerà incredibile ma anche i giudici hanno un’intelletto).
Questo perché a volte la “logica” di un ragionamento, non è poi così chiaro, perché il linguaggio naturale, e cioè il linguaggio con cui ci esprimiamo, è alquanto ambiguo. Per renderlo esplicito, i logici usano simboli (o paragoni) tramite cui possono rendere più chiara l’informazione che il nostro linguaggio veicola. Gli avvocati di De Benedetti non sono apprendisti filosofi, ma se gettate un occhio sugli atti giudiziari noterete che sviscerano concetti abbastanza raffinati. Mai sentito parlare di “Probabilità prevalente” e/o di “ignoto futuribile”? Ecco in alcuni passi come argomentano:
“… lo sconto di prezzo è un beneficio lordo che va poi compensato dei rischi e degli oneri (diretti ed indiretti) che esso comporta. Al netto di tali rischi e oneri, ciò che sembra un beneficio a prima vista, nei fatti non potrebbe esserlo per nulla. Perché se così fosse, comprare beni in eccesso rispetto ai bisogni spuntando un minor prezzo unitario ed impegnando maggiori risorse finanziarie sarebbe sempre la strategia migliore. Peccato invece che il mondo vada nella direzione di strategie a ‘scorte zero’ e non invece verso strategie di accumulo di quantità in eccesso a prezzi unitari ridotti (Bernardo Caprotti dissentirebbe di sicuro ndr). Nei manuali di economia (e di marketing) l’accumulo è considerato una strategia miope, limitandosi a considerare il beneficio immediato, non considera che quest’ultimo è proprio un beneficio lordo, al quale vanno detratti i rischi e gli oneri delle strategie di accumulo, per cui si finisce per confondere il beneficio lordo con il beneficio netto anche quando quest’ultimo è negativo perché rischi ed oneri compensano più che proporzionalmente il beneficio lordo. Il motivo per cui ciò talvolta accade è perché il beneficio lordo è facilmente misurabile (differenza di prezzo per quantità) mentre il beneficio netto non è misurabile con altrettanta precisione. Ma è del tutto fuorviante farsi convincere dalla (apparente) precisione del calcolo aritmetico, trascurando ciò che non è misurabile con altrettanta precisione (oneri e rischi). Basti pensare quante volte ci si è pentiti, almeno una volta nella vita, di aver ceduto alle tentazioni di un 3 x 2 riempendo armadi e dispense di casa di oggetti e di beni inutili; a nostre spese abbiamo tutti capito che consumare di più non equivale a risparmiare di più, ma solo a spendere di più, come ben sa qualche direttore marketing di una catena commerciale che lancia di continuo campagne 3 x 2. Ciò è esattamente ciò che è accaduto nel nostro caso. La misura del presunto vantaggio CIR, rilevato da parte avversa, misura solo il beneficio lordo, ma nulla dice del beneficio netto…”.
“… ‘non si negoziano beni ma condizioni economiche’ sosteneva Antonio Caprara, un maestro dell’economia aziendale, per ricordare che non esiste un prezzo per un bene, ma più prezzi in relazione alle diverse condizioni che governano la transazione… data questa effettiva configurazione del danno (e quindi dell’azione risarcitoria) di CIR, la questione della spettanza del pacchetto azionario dei Formenton c’entra come i cavoli a merenda…”.
“… L’ignoto futuribile … non si può rinunciare ad un diritto che non sa di avere perché questo implicherebbe una rinuncia del tutto generica ed oggettivamente indeterminata. Il principio accolto dal nostro ordinamento, in ordine alla rilevanza dei fatti di conoscenza capaci di incidere sulle pretese azionabili in giudizio, è che quando il fatto di conoscenza abbia un effetto cos’ radicale come quello di estinguere la pretesa, la conoscenza necessaria a tal fine deve essere una conoscenza chiara, precisa, circostanziata, e completa di tutti gli elementi costitutivi della pretesa. Che questo sia il principio, emerge con nettezza dai più recenti orientamenti della giurisprudenza di Cassazione in tema di inizio della prescrizione , specie con riferimento alle pretese risarcitorie per danni alla persona cd lungolatenti: la prescrizione inizia a decorrere non al momento del fatto lesivo (ad esempio la trasfusione con sangue infetto da virus HIV) ma solo dal successivo momento in cui la vittima abbia la chiara, precisa e completa percezione di tutti gli elementi che fondano la sua pretesa risarcitoria …”.
“… la scelta da porre a base della decisione di natura civile va compiuta applicando il criterio della ‘probabilità prevalente’. Bisogna in sede di decisione sul fatto scegliere l’ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili. Trattasi quindi, di una scelta comparativa e relativa all’interno di un campo rappresentato da alcune ipotesi dotate di senso, perché in vario grado probabili, e caratterizzato da un numero finito di elementi di prova favorevole all’una o all’altra ipotesi…”.
“significa dare ingresso ad una clamorosa assurdità sostenere che CIR ha tratto vantaggio da un acquisto indesiderato e per questo subito dimesso (e pure al prezzo di una misusvalenza…”.
Se non si vuole sfidare l’assurdo bisogna proprio riconoscere che Berlusconi sta battaglia l’ha persa. Sì, ma non la guerra … “vedrete che la Cassazione ci darà ragione” ha tuonato lo zombi del premier (Nicolò Ghedini).
C’è solo un problema. Probabilmente anche i giudici della Cassazione avranno una psiche.
Doc. all.: “Roppo_CIR_Fininvest.pdf”
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