Gli archivi delle prigioni e altre informazioni di grande importanza rischiano di andare persi poiché i centri di detenzione sono in condizioni d’insicurezza e i documenti vengono distrutti o portati via.
E’ quanto ha verificato la delegazione di Amnesty International presente in Libia, che ha chiesto al Consiglio nazionale di transizione (Cnt) di proteggere queste prove in luoghi sicuri e di rivolgersi a coloro che hanno sottratto documenti affinché vengano restituiti.
‘Gli archivi delle prigioni e altre prove possono essere di grande importanza per eventuali futuri processi relativi ai crimini commessi sotto il regime del colonnello Gheddafi’ – ha dichiarato Claudio Cordone di Amnesty International. ‘Queste prove potrebbero far venire alla luce informazioni sui prigionieri ‘scomparsi’ in Libia negli ultimi decenni, comprese le migliaia di persone catturate dalle forze pro-Gheddafi dall’inizio della rivolta’.
Il 28 agosto, la delegazione di Amnesty International ha visitato la prigione di Abu Salim, rinvenendo documenti sparsi in giro nel cortile del carcere e in buste situate in almeno due stanze.
Tra i documenti rinvenuti in giro c’erano dossier di prigionieri detenuti per zandaqa (eresia), il ‘reato’ per il quale venivano condannati molti oppositori di Gheddafi; un documento che ordinava l’espulsione di una donna somala sieropositiva e un altro relativo a un libico accusato di aver commesso attentati terroristici in Iraq.
I ricercatori di Amnesty International hanno visto persone aggirarsi tra i documenti della prigione di Abu Salim. Alcuni li portavano via come ‘souvenir’, nonostante le proteste dei parenti di un uomo ucciso in quella prigione nel massacro di 1200 detenuti avvenuto nel giugno 1996. Non vi erano guardie né altre persone che vigilavano sulla documentazione sparpagliata in giro.
‘I prossimi giorni rischiano di essere decisivi per conservare i documenti delle prigioni, delle basi militari e anche delle abitazioni private degli ex dirigenti del regime. Dev’essere fatto ogni sforzo per conservarli e metterli al sicuro, in modo che si possa stabilire la verita’ e si possano portare di fronte a un giudice i responsabili’.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 29 agosto 2011