Il colonnello della GdF esperto di frodi telematiche e SWAT del cyber crime annuncia platealmente/polemicamente le sue dimissioni su Twitter. Adesso in molti temono che salterà dall’altra parte della barricata.
Umberto Rapetto ora è un Anonymous (?)
Il segugio anti haker della Guardia di Finanza sbatte la porta e abbandona le Fiamme Gialle
Belin è la notizia del giorno. Non ci fosse stata Twitter manco l’ avremmo saputo. Per fortuna qualche quotidiano oggi ne parla. Il fondatore del G.A.T. (Gruppo Anticrimine Telematico) reparto ipertecnologico che si occupa di contrastare le truffe via Internet, gli attacchi informatici e pericolosissimi criminali cibernetici che rubano e diffondono segreti online (come certi coglioni che scrivono sul sitaccio di Indymedia). Sciù Umberto Rapetto, da Acqui Terme (ma lè un figgeu mezzo genovese) classe ’59 è un finanziare a tutto tonfo. Pardon, tutto tondo. Tre lauree (non son ragazze, la moglie che lavora in RAI ne sarebbe gelosa) e alcuni stage post universitari, uno anche presso l’università del Pentagono americano. Il suo pane son le frodi informatiche e/o telematiche. La prima truffa in ordine di tempo l’hanno tirata proprio a lui. Negli anni ’90 una nota casa produttrice di computer gli ha rifilato un megapacco di notebook (fattogli pagare quanto un’automobile) piange ancor oggi per lo sciagurato acquisto.
Opinionista onnipresente in tutte le trasmissioni radiofoniche/televisive da nord a sud del paese dove si parla di web, spionaggio informatico e le truffe su internet. Cionostante è un patito degli acquisti online (collezionista auto d’epoca che compra rigorosamente tutte su Ebay e/o internet). E’ fertile autore di numerose pubblicazioni editoriali nonchè Giornalista pubblicista alla bisogna (iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 1990). E’ stato insignito del titolo di grand’ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Il colonnello trombato ha accompagnato la sua autosospensione dal corpo annunciandolo con un’astuta mossa di teatro melodrammatico: “Chiedo scusa a tutti quelli che mi hanno dato fiducia, ma qualche minuto fa sono stato costretto a dare le dimissioni dalla GdF… Qualche modulo e una dozzina di firme sono bastati per cancellare 37 anni di sacrifici e di soddisfazioni e i tanti sogni al Gat GdF”.
E’ innegabile l’indiscusso impegno profuso in tutti questi anni con abnegazione e spiccato senso del dovere. Suo l’input per l’inchiesta che ha fatto infliggere una mega multa a dieci società concessionarie del gioco d’azzardo di Stato, con multa da 98 miliardi ridimensionata oiu dalla Corte dei Conti a 2,5 miliardi. Importanti anche le operazioni “Macchianera” e “Pentathlon” (truffe all’Inps e sul WEB), o le intrusioni nei server del Pentagono e della NASA smascherate con fulminea mossa felina dal GAT. Verrebbe da dire dalle stelle alle stalle, però. Da esperto di lotta al crimine informatico Rapetto è stato declassato a studentello indisciplinato e retrocesso. Lui che è paracadutista abilitato al lancio paracadutato a frequentare (da studente) un corso al Centro Studi della Difesa (dove Rapetto peraltro ha insegnato come docente per oltre un decennio). Un bello smacco per l’ambizioso finanziere che sperava invece nella promozione a Generale di Corpo d’Armata. Eppure non ha mai sofferto di crisi depressive. Si di tanto in tanto s’è lasciato andare a qualche commento di critica ma niente più. Come quella volta che è stato invitato da una commissione parlamentare a relazionare su fatti abbastanza gravi e mentre parlava nessuno lo cagava, anziché ascoltarlo i parlamentari giocavano con i loro cellulari mandando sms (“… vabbè quando mi verranno a cercare per chiedermi poi mi metterò anch’io a mandare sms”).
Dal Comando Generale delle Fiamme Gialle non trapelano indiscrezioni, e bocche cucitissime sul suo allontanamento dal Gat: “non è una rimozione ma un normale avvicendamento che interessa tutti gli ufficiali della Guardia di finanza”. Dicono i capoccia. Però velatamente si percepisce qualcosa. Forse un’inconfessabile insofferenza. Che il presenzialismo spinto di Rapetto abbia dato un po’ troppo fastidio a qualcuno? Un ufficiale un po invidioso della GdF (che vuole rimanere anonimo) commenta: “io non diventerò mai colonnello perche non ho la visibilità mediatica di Rapetto e poi non è giusto che quel posto lo occupi sempre lui, lo voglio anche io”. Probabilmente dal punto di vista mediatico, il finanziare di Acqui ha attirato un po’ troppo l’attenzione dell’opinione pubblica sulla sua persona. Indubbiamente. Ma potrebbe anche trattasi della solita classica peggiocrazia, il consueto ‘fumus persecutionis’ riservato alle (poche) mele non marce che osano trasgredire sempre gli ordini attuando secondo scienza & coscienza. Come potete ben riscontrare le persone più “Capaci” fan sempre una brutta fine (scusate l’ironia ma guardate la sorte di Paolo Borsellino).
Comunque sia però, ieri Rapetto ha spiazzato tutti, annunciando con immane amarezza, le sue (ir)revocabili – e polemiche – dimissioni. Adesso esperti, sociologi e comportamentalisti dibattono sul fenomeno e non nascondono le loro preoccupazioni per le conseguenze che potrebbero derivarne. Quando si portano all’esasperazione le minoranze oneste d’un popolo tutto può accadere. Soggetti come Rapetto potrebbero seguire la scia di illustri delusi di stato che presi dallo sconforto si sono ribellati al sistema. Vedi l’esempio di ex agenti del Sismi andati fuori di cotenna che si riciclano come cyber criminali, rubano segreti e li pubblicano su internet. Direte, Malware comune mezzo gaudio. Vabbè. Forse lo fanno per soldi, visto che son rimasti disoccupati, ma probabilmente lo farranno anche per vendetta. E il problema è sottovalutato. Lo spiega anche Umberto nostro nel suo libro “LE NUOVE GUERRE – Dalla Cyberwar ai Black Bloc”. Attenzione perché i nuovi corsari di informazioni poco romantici son più diffusi di quanto si pensi, una delle nuove professioni è proprio quella del bucaniere tecnologico. Non il romantico haker dalle gesta leggendarie ma il cinico bandito informatico, pronto ad effettuare scorrerie su commissione od in previsione di qualche imminente opportunità di rivendere il bottino alla vittima o a qualsivoglia altro interessato. I gioielli in questione sono i dati riservati, notizie scottanti, documenti top secret sottratti illegalmente ai legittimi proprietari. Il ladro cibernetico può rivenderli a chi vuole o evitarne la divulgazione oppure – venuta meno o non considerata la possibilità d’estorsione – può piazzarli a concorrenti o nemici del proprio bersaglio. Sovente il malandrino non ha bisogno di particolari grimaldelli: il suo malloppo sono gli archivi del datore di lavoro che lo ha licenziato, i fascicoli che qualche ufficio pubblico gli ha affidato per l’esecuzione di consulenze tecniche, i documenti di cui ha temporanea custodia per svolgere delicatissime attività peritali. Altrettanto frequentemente il moderno filibustiere non riesce a rivendere il maltolto e allora opta per una vendetta tanto gratuita quanto illimitata nello spazio e nel tempo: la pubblicazione su internet è lo strumento più efficace per far temere il peggio. Un piccolo assaggio può richiamare persino l’attenzione di distratti e disinteressati, qualche stralcio può sfregiare a imperitura memoria chi non ha capito o chi non ha voluto comprendere la serietà della minaccia. Inutile (e pericolosissimo) ritenersi potenzialmente invulnerabili. Chi ha qualche dubbio in proposito si rilegga l’epopea del pentagono e di Wikileaks.
Che farà Rapetto contro lo Stato Caino? Scenderà in politica e lo vedremo onorevole in Parlamento? Potrebbe essere (tanti lo voterebbero). Potrebbe anche affrontare la nuova sfida intellettuale divulgando i suoi segreti su Indymedia (magari con lo pseudonimo di interceptor). Tanti lo leggerebbero (e potrebbe dare libero sfogo alla sua anima no-global). Una volta Rapetto s’è lasciato scappare “io sono un esibizionista … il dispetto mi anima … ma ho imparato a vendicarmi … ognuno di noi ha nel suo dna una componente di pirateria informatica… forse ci siamo dimenticati del popolo di Seattle, sentiamo parlare di gente che viene lasciata a casa. 10 anni fa a Seattle la gente cominciava a riceve comunicazione GRAZIE NON CI SERVI PIU’… ”. Belandi proprio autobiografico (e profetico). In fondo haker è bello, lo dice anche uno slogan (“lo-Haker che bontà”). Si allontanerà dal sentiero del bene lasciandosi irretire dal “Lato Oscuro della Forza”, andando così a rimpianguare la folta schiera di casi clinici che comprovano la “Teoria delle mine vaganti”?
Una cosa è certa. Posata la divisa Umberto Rapetto cadrà nell’anonimato più totale. Tra meno di un mese nessuno parlerà più di lui. Un Anonymous cittadino come tutti quanti noi.
Le istituzioni temono un ritorno al terrorismo ed alla violenza. Ma come potete ben vedere per eliminare un uomo non è necessario sparargli.
dal portale indymedia: http://piemonte.indymedia.org/article/15118