Pena di morte: il caso Forti

“Dopo il servizio che Rete4 ha dedicato al caso di Chico Forti molti amici mi hanno chiesto per quale motivo io sia così scettico. Ecco la spiegazione”.

 

Pena di morte: il caso Forti
di Claudio Giusti*

Del caso giudiziario e dei dodici anni di appelli sappiamo solo quanto ci raccontano gli amici di CF. Non abbiamo il verbale del processo, non conosciamo i writs of certiorari che hanno preparato i difensori nei sei tentativi d’appello, non conosciamo il punto di vista dell’Accusa e nemmeno quello del tanto vituperato collegio di difesa e non abbiamo le cronache dei giornali della Florida. Inoltre i media italiani hanno, con rare eccezioni, sposato acriticamente le tesi della famiglia di CF (la difesa). Tuttavia grazie ai documenti ed alle interviste comparse su Internet è possibile farsi un’idea, per quanto limitata, dei fatti. Senza mettere in dubbio la sincerità e la buona fede della Difesa, faccio notare alcuni punti che non mi convincono.

PRIMA DEL PROCESSO

Secondo la Difesa tutti i guai di Chico Forti provengono da un’unica bugia. Spaventato dalla polizia avrebbe negato di conoscere la vittima Dale Pike. Secondo l’Accusa invece questa è stata solo la prima di una serie di bugie di CF. Ha lavato la macchina per fare sparire le tracce, ha fabbricato falsi documenti notarili per costituirsi un alibi, eccetera.

La Difesa lamenta che a CF non sono stati letti i diritti, come previsto dalle Regole Miranda, e che la polizia ha mentito per metterlo in difficoltà. Non c’è bisogno di essere un giurista per sapere che la polizia organizza trabocchetti (lo fa anche quella italiana) e che i Miranda Warnings sono letti a chi da sospettato diviene accusato con le manette ai polsi: basta avere visto un telefilm del Tenente Colombo.

Si fa anche notare che la polizia non ha avvisato il consolato italiano. La polizia americana non lo fa mai e CF non è uno sprovveduto immigrato guatemalteco (dicono conosca cinque lingue) e ha avuto tutto il tempo di avvisare amici, legali e autorità diplomatiche. La polizia è accusata di avere incastrato CF per punirlo di un suo cortometraggio sulla morte dell’assassino di Versace (Il sorriso della Medusa). Perché non si è chiesto il change of venue e portato il processo fuori dalla Contea Dade?

Secondo la Difesa, CF sarebbe stato assolto in istruttoria dall’accusa di tentata truffa, circonvenzione d’incapace e appropriazione indebita. Non esiste l’assoluzione in istruttoria e la Procura ha semplicemente lasciato perdere (Nolle prosequi), visto che stava perseguendo Forti per un reato ben più grave. Quindi non c’è violazione della double jeopardy, che vale solo per i verdetti.

IL PROCESSO

Il processo non era capitale e CF non ha scampato per un pelo la sedia elettrica come dicono alcuni. I processi per omicidio di primo grado (murder) iniziano a due o tre anni dal delitto e a volte molto più tardi, soprattutto perché la difesa ha bisogno di tempo per prepararsi. Non vi è stata alcuna violazione del diritto allo speed trial. Per essere un processo americano non è stato breve. I processi, nel raro caso che si facciano, durano un paio di giorni e solo quelli particolarmente complicati si protraggono per settimane. Quindi 24 giorni e 18 udienze non sono pochi.

La Difesa prospetta una violazione della Williams Rule, per via di una presunta assoluzione di CF per le accuse meno gravi, ma questa regola “is based on the holding in the Florida state case of Williams v. Florida (1959), in which relevant evidence of collateral crimes is admissible at jury trial when (…) is used to show motive, intent, knowledge.”. Il collegio di difesa è accusato d’inefficienza quando non di collusione con il DA e si dice che uno degli avvocati avesse lavorato per la Procura. In America gli avvocati lavorano indifferentemente per un privato o per la Procura e non esiste la separazione delle carriere di cui da noi si parla tanto. In ogni caso mi chiedo perché non sia stata sollevata in appello una ineffective assistance of council, come previsto dalla norma 3.850 del codice di procedura penale della Florida.

Gli strali della Difesa si concentrano su Thomas Heinz Knott che, grazie al patteggiamento, sarebbe diventato “uno dei testi principali contro Enrico Forti”. Peccato che Knott non abbia testimoniato al processo. Evidentemente la Procura non lo considerava utile e la Difesa probabilmente lo temeva per via della pistola calibro 22 comprata da Knott con i soldi di CF. Faccio notare che il patteggiamento di un complice in cambio di una condanna lieve è la norma e che, se la Difesa considerava utile la testimonianza di Knott, doveva chiamarlo al processo: ora è troppo tardi.

La Difesa afferma che CF “non ha avuto un giusto processo”, ma non è in grado di motivare la sua affermazione. Secondo la difesa le prove contro CF sono inconsistenti, ma è evidente che i 12 giurati l’hanno pensata in maniera diversa. Infine l’ordine delle arringhe finali (closing arguments) non dipende dalla testimonianza dell’accusato (che è sempre sconsigliata) e l’Accusa chiude sempre il processo, con l’arringa o il rebuttal e i giurati non sono “cittadini eletti a sorte”, ma accuratamente scelti dalle parti. Se la Difesa considerava la testimonianza di CF importante perché non l’ha chiamato a deporre? Forse temeva che il controinterrogatorio sarebbe stata la sua pietra tombale.

Per la Difesa: “È molto singolare che il processo non permetta ai giudici di indicare alle parti temi nuovi o integrazioni probatorie: la decisione va presa sulla base di quello che le parti hanno deciso di mostrare loro. Quindi, inspiegabilmente, non sono stati ascoltati, nel processo, l’imputato Forti, la moglie Heather, il condannato per reato collegato Thomas Knott e altri che pure avevano partecipato direttamente ai fatti. L’estrema singolarità di questo modo di procedere appare evidente.” Ma lo è solo per chi non conosce il sistema giudiziario americano.

VERDETTO E SENTENZA

Non si deve confondere il verdetto della giuria con la sentenza emessa dal giudice e i suoi eventuali commenti. Nemmeno si possono utilizzare canoni italiani nel sistema giudiziario USA dove la giuria non motiva il verdetto e si limita a dichiarare l’imputato colpevole o non colpevole. Uno dei punti di forza della Difesa è che, al momento della sentenza, il giudice avrebbe detto: “La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale!”. Purtroppo le affermazioni del giudice non hanno alcuna rilevanza perché quello che conta è la convinzione che si è fatta la giuria e non sembra che qualcuno si sia preoccupato di intervistare i giurati per capirne le motivazioni. La loro decisione è definitiva e raramente è concesso l’appello.

L’APPELLO

In America l’appello non è un diritto costituzionale. Le corti superiori prendono in considerazione solo quanto è accaduto in aula e non devono motivare il loro rifiuto del certiorari. In appello non ci sono giurati, non si ascoltano testi e ci si limita a verificare il verbale del processo di merito. In appello non si deve dimostrare l’innocenza del condannato, ma che nel processo vi sono stati errori legali così gravi e numerosi che questo deve essere annullato. Le sei possibilità d’appello concesse a CF sono un’enormità per un caso non capitale, ma i punti posti all’attenzione delle varie corti: Diritti Miranda, Regola Williams, Double Jeopardy, Convenzione di Vienna, Speed Trial, Conflitto d’interessi, sono terribilmente deboli e non hanno meritato nemmeno due righe di diniego.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Il Dott. Imposimato e la Signora Bruzzone sono il collegio di difesa italiano di Forti, ma le controdeduzioni forensi arrivano con 12 anni di ritardo e sono procedural defaulted, mentre gli appelli alle norme internazionali sui diritti umani sono irrilevanti. La Dichiarazione Universale non si occupa del diritto d’appello mentre ne parla il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (art 14-5) che recita: “Ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l’accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformità della legge”. Ma non c’è l’obbligo di fare sempre l’appello, come invece è richiesto per i condannati a morte dalle Garanzie ECOSOC. Per convincere una corte a riaprire il caso ci vorrebbe una newly discovered evidence, ma è come dire la luna nel pozzo. Se anche la si trovasse, nulla dimostra che il processo sarebbe annullato e che una nuova eventuale giuria riterrebbe Chico Forti non colpevole.

In attesa di saperne di più, chiudo raccomandando cautela nelle affermazioni e rammentando che Sacco e Vanzetti non sono mai stati riabilitati.

NOTA: per i termini giudiziari americani consultare il Glossario minimo.

* componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio e coordinatore della Commissione pena di morte

 

tratto da: www.osservatoriosullalegalita.org

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