Nel contesto della crisi europea, Italia e Grecia rappresentano una possibilità per mettere in crisi questa Europa della finanza e della guerra, ma bisogna avere chiaro il modo reale in cui questo può avvenire.
Non servono le rituali sfilate e il ripetersi degli scioperi. Bisogna trovare il vero grimaldello che faccia saltare il gioco in atto. Certamente una protesta sociale prolungata e organizzata può incidere, ma i fatti ne mettono in evidenza i limiti. Come uscire dallo stallo?
Analizzando la situazione dei due paesi si individuano analogie che possono essere sfruttate al fine di rimettere in discussione il corso degli avvenimenti e aprire prospettive inedite.
In Italia l’avanzata di Grillo e l’estendersi del non voto, che in Sicilia ha raggiunto il 58% degli aventi diritto, sta mettendo in crisi l’equilibrio istituzionale. In Grecia il diktat tedesco ha creato una crisi sociale paurosa che spinge i ceti popolari allo scontro. Purtroppo però i vecchi sistemi politici di agire, per opportunismo soprattutto, ma anche per cultura tardo comunista, prolungano la crisi e mettono in discussione le chances che si stanno presentando.
Affidare al grillismo, nel caso italiano, il ruolo di avanguardia ci sembra affidargli un compito che per sua natura e programma non è in grado di rivestire . Certamente Beppe Grillo rappresentata con le sue liste 5stelle una denuncia radicale contro il sistema politico, ma oltre a a questo non può andare. C’è bisogno di andare oltre il grillismo, ma per questo non servono le prediche ‘rivoluzionarie’, serve cogliere l’occasione e capire come utilizzarla.
Per cominciare bisogna mettere in chiaro che le alternative elettoralistiche che si stanno preparando a sinistra del PD possono solo approdare a risultati che in Francia, in Grecia e in Germania hanno dimostrato la loro sostanziale subalternità alla politica dominante. Dal momento che si accettano i criteri delle ‘maggioranze’ parlamentari, comunque realizzate, si entra in un circuito predeterminato e già visto.
E allora? Lo ripetiamo ancora una volta. In Italia bisogna utilizzare il non voto e dargli uno spessore programmatico. Solo così si mette in chiaro che si è aperta una crisi senza ritorno dentro la quale costruire un futuro. In Grecia la questione si presenta diversamente, ma anche ‘essa presuppone scelte operative e non ideologico-propagandistiche. La sconfitta elettorale del KKE ne è la dimostrazione. In Grecia cambierà la situazione, prima che la destra ne approfitti, chi impedirà l’approvazione dei provvedimenti imposti dalla troika. Non serve uno sciopero in più, serve l’azione adatta allo scopo.
Erregi
11 novembre 2012