“Come ben sanno gli storici la ricerca si fa con i documenti che ci sono e non con quelli che giacciono sotto un metro di terra e se i documenti non sono disponibili possiamo solo dispiacercene”.
Su Chico Forti: ovvero la ricerca si fa con i documenti che ci sono.
Premessa.
Come ben sanno gli storici la ricerca si fa con i documenti che ci sono e non con quelli che giacciono sotto un metro di terra e se i documenti non sono disponibili possiamo solo dispiacercene. La stessa cosa accade quando ci occupiamo di un caso giudiziario. Siamo in grado di seguirlo se abbiamo gli atti del processo e le richieste d’appello. Se questi sono tenuti segreti possiamo utilizzare fonti secondarie quali le interviste, i racconti, gli articoli di giornale, ecc. Ovviamente nessuna di queste deve essere presa per oro colato, ma va verificata, confrontata e criticata. Una fonte sospetta può inconsapevolmente rivelarci molto, mentre altre possono essere in palese contrasto con notizie provenienti da fonti certe, ecc. Insomma un caso giudiziario può essere conosciuto, almeno nelle sue parti essenziali, anche se non ne possediamo i verbali.
Il caso di Enrico “Chico” Forti.
Mesi fa fui indotto a occuparmi del caso di Chico Forti, condannato all’ergastolo in Florida. Fin dall’inizio fu evidente che vi erano gravi discordanze con quanto sappiamo del funzionamento del sistema giudiziario americano, così decisi, “Senza mettere in dubbio la sincerità e la buona fede della Difesa”, di far notare i molti punti deboli della narrazione innocentista.
http://www.osservatoriosullalegalita.org/12/acom/06giu1/0909giustipenam.htm
http://www.osservatoriosullalegalita.org/12/acom/07lug2/2023giustipenam.htm
Mi aspettavo che la famiglia Forti avrebbe finalmente provveduto a rendere pubblici gli atti processuali in modo da permettere la verifica delle affermazioni innocentiste. Purtroppo si sono ben guardati dal farlo adducendo risibili motivazioni come le cautele processuali e la necessità di evitare “strumentalizzazioni”. Ovviamente gli unici a strumentalizzare i documenti secretati sono gli amici del Forti, mentre la Procura della Miami Dade County questi atti li conosce meglio di chiunque altro e non v’è ragione per nasconderli, a meno che da questi non risulti evidente la colpevolezza del Forti. Così, visto che gli amici di Chico pretendono a gran voce l’aiuto del governo e dell’opinione pubblica, ho iniziato a indagare utilizzando quanto si trova in Internet e nel libro di Matassa (unico testo disponibile). Più cercavo e più diventava evidente che il Forti è colpevole e il processo è stato regolare. Allo stesso tempo cresceva la quantità di frottole propinataci.
http://www.astrangefruit.org/index.php/it/risorse/956-sulla-presunta-innocenza-di-enrico-chico-forti
I sostenitori del Forti hanno risposto alle mie argomentate osservazioni con gli insulti e il dileggio. Ora sono passati alle minacce, alle insinuazioni, alle falsificazioni.
http://www.ladige.it/articoli/2012/12/13/prof-chico-forti-lezione-usa
https://www.ambienteweb.org/joomla/index.php?option=com_content&;view=article&id=6017:qchico-forti-un-caso-non-chiusoq&catid=73:comunicati-stampa&Itemid=64
Alle mie argomentazioni si risponde con una sofisticata disinformazione in cui prima si citano frasi effettivamente mie e poi si aggiunge uno squallido falso (scrivo dimolto meglio).
Questa ben coordinata campagna si basa su di un irrilevante fatterello.
Si afferma che Thomas Knott e Anthony Pike sono stati i maggiori accusatori al processo, ma nel data base della Miami Dade County non v’è traccia di queste testimonianze e, in mancanza di altre fonti, ho scritto che i due non hanno testimoniato. La famiglia Forti è stata così gentile da inviarmi una rachitica paginetta dalla quale si evince che Pike ha effettivamente testimoniato.
Considero questo comportamento vergognosamente scorretto.
Tengono tutto accuratamente celato salvo poi tirar fuori un pezzino di carta quando gli fa comodo. Comunque è evidente che Thomas Knott NON ha testimoniato e che le affermazioni secondo le quali costui avrebbe barattato un trattamento di favore con la testimonianza contro Forti sono le solite frottole con cui i chicchiani ci hanno frastornato. In proposito faccio notare che il giudice Victoria Platzer è stata in polizia dal 1976 al 1983 e non è quindi minimamente coinvolta nelle investigazioni su Versace e Cunanan e non è stata lei ad accettare il patteggiamento di Knott.
Resta l’indiscutibile fatto che l’onere della prova ricade sugli amici di Forti. Sono loro che devono dimostrarne l’innocenza. Sono loro che devono dimostrare che il processo è stato ingiusto. Le chiacchiere stanno a zero: se non convincono me come potranno convincere un giudice americano?
L’italo-americano Anthony Farina.
Farina è un ritardato mentale coinvolto dal fratello in un felony murder, un omicidio commesso durante una rapina in Florida. Nonostante non abbia ucciso nessuno è stato condannato a morte con il fratello che poi ha avuto la condanna commutata. Il nostro governo gli ha concesso la cittadinanza appoggiando così un amicus curiae nel prossimo habeas corpus federale. Sarebbe veramente irritante che i farfugliamenti chicchiani interferiscano con questa delicatissima fase giudiziaria.
I chicchiani mi accusano di non avere letto gli atti del processo. Peccato che non l’abbiano fatto nemmeno loro, con l’aggravante di non aver letto neppure le cose che ho scritto io e di essere inoltre completamente digiuni di qualsiasi conoscenza di diritto penale statunitense. Trovo straordinariamente divertente che mi si accusi di non avere letto i documenti che si tengono segreti.
Il Circo Forti è un microcosmo che ben rappresenta l’Italia di oggi. Incompetenza, trombonismo, ragazzotte/i ignoranti e saccenti, politicanti in cerca di facili applausi, storie lacrimose, incredibili frottole. Un circo che chiuderà appena passate le elezioni.
17 dicembre 2012
Dott. Claudio Giusti
http://www.astrangefruit.org/index.php/it/
http://www.osservatoriosullalegalita.org/special/penam.htm
Membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla Legalità e i Diritti, Claudio Giusti ha avuto il privilegio e l’onore di partecipare al primo congresso della sezione italiana di Amnesty International ed è stato uno dei fondatori della World Coalition Against The Death Penalty.