Sandro Medici, il candidato sindaco di Repubblica Romana alle elezioni amministrative di maggio, ha pubblicato su il manifesto del 31 agosto l’articolo La sinistra soffia nel vento.
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2 settembre 2013
Sandro Medici, il vento, il pifferaio di Hamelin e i pellegrini del nulla
Sandro Medici, il candidato sindaco di Repubblica Romana alle elezioni amministrative di maggio, ha pubblicato su il manifesto del 31 agosto l’articolo La sinistra soffia nel vento. Consigliamo vivamente a ogni nostro lettore e a ogni persona che aspira a cambiare la situazione, a rovesciare il tavolo, a porre fine all’attuale corso delle cose, di leggere con attenzione questo articolo, studiarlo, farne argomento di discussione e portare la discussione “fino in fondo”: cioè fino a conclusione pratiche. Per le due importanti verità che afferma e che vanno assimilate da tutti e per le lezioni negative che ne deve trarre chi vuole fissare una linea e avanzare, l’articolo di Sandro Medici è rappresentativo della mentalità e delle concezioni degli esponenti più onesti e generosi della sinistra borghese (personaggi e organismi insofferenti o preoccupati del corso delle cose, ma che con le loro concezioni e obiettivi non vanno oltre l’orizzonte del capitalismo, non concepiscono altra società che quella capitalista e sono infognati nel “pensiero debole” [la convinzione che la società umana non può essere oggetto di indagine e conoscenza scientifiche, come per i credenti non lo possono essere i misteri e i dogmi della fede] in cui l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria li ha precipitati). Oggi la mentalità e le concezioni della sinistra borghese sono anche quelle della stragrande maggioranza dei compagni che nel movimento attuale non solo partecipano ma anche promuovono mobilitazione e organizzazione, formulano obiettivi (diversivi e unilaterali) e programmi (campati in aria), orientano.
1. Sandro Medici (SM) afferma a chiare lettere che quello che oggi viene definito “sinistra” è un “assemblaggio di forze politiche e sociali” interne al mondo politico che “l’economia di mercato [con questa espressione delicata e discreta SM indica la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti] ritiene pur sempre necessario” ed è “sempre meno distinguibile” dal resto. Questa è la prima importante verità che SM afferma con l’autorità che gli viene dalla sua esperienza. Deve far meditare quelli che anziché concentrare la loro attenzione e le loro iniziative sulle masse popolari, assumono come riferimento “la sinistra”. Con altre parole, anche noi diciamo che il PD è la destra moderata, che PD e PdL (con le formazioni intermedie e quelle che gravitano attorno ai due) sono uniti dall’adesione al programma comune della borghesia imperialista e concorrono a sottomettere le masse popolari alla borghesia imperialista e al clero.
2. SM riconosce che un tempo vi fu in Italia una sinistra che era “motore di cambiamento” della società italiana e che la sua degenerazione fino allo stato attuale ha comportato “una lunga marcia”. Non dice però che quella sinistra era il ramo italiano del movimento comunista mondiale, di quel movimento che i comunisti del paese più arretrato d’Europa, l’impero zarista, lottando con scienza ed eroismo contro la borghesia imperialista, la sua versione socialdemocratica e il Vaticano avevano fatto sorgere in tutto il mondo dal fango delle trincee della Prima Guerra Mondiale e dal marasma della prima crisi generale del capitalismo. Non colloca nel tempo e nello spazio la sinistra d’un tempo. Non la collega alla lotta tra le classi che si è svolta in Italia e nel mondo. Parla di una lunga marcia come se trattasse di un gruppo di amiconi che prima facevano scampagnate in montagna e con gli anni si sono trasformati fino a confondersi con gli allegri bagnanti che affollano le spiagge. Quando parla della “lunga e tormentata crisi del partito novecentesco” (allude al partito comunista ma non osa dirlo), SM parla “dell’esaurirsi del suo ruolo di corpo intermedio tra la società e le istituzioni”: non lo sfiora l’idea che è proprio l’essersi trasformato da partito che doveva portare le masse popolari a sovvertire le istituzioni esistenti e instaurare il socialismo, a partito che faceva da intermediario tra le masse popolari e le istituzioni della Repubblica Pontificia, ha portato il vecchio Partito comunista alla dissoluzione decretata nel 1989 da Occhetto & C. Eppure che il PCI avesse fatto questa mutazione, lo avevano capito, ben prima che arrivasse alla dissoluzione, vari compagni: non solo Stalin, Zdanov e Mao (vedi Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi, 1962), ma persino grandi dirigenti dello stesso PCI come Pietro Secchia (vedi La Voce 26 – luglio 2007, Pietro Secchia e due importanti lezioni), che però non seppero trovare il modo di invertire la rotta.
3. SM dice che una sequela di sconfitte (ma non a caso mette insieme alla rinfusa scontri di linee e di analisi con ripicche e malintesi personali) ha prodotto la trasformazione del gruppo di amiconi: ma si guarda bene dal dire quali vicende, quali scontri, ecc. Anzi dice: lasciamo perdere, non rivanghiamo. Quindi non impara niente dalle sconfitte. Dice che “è inutile girarci attorno”. Noi diciamo che si impara dagli errori e dalle sconfitte. Da quando conosciamo la storia dell’umanità, tutti gli uomini che sono avanzati, sono avanzati imparando dagli errori e dalle sconfitte. Perché SM non vuole imparare, non ha imparato, non ha nulla da dire in proposito quando si rivolge ai suoi lettori e seguaci? Il suo messaggio invece è: non serbiamo “rancori e risentimento”, vogliamoci tutti bene. Rendiamoci conto che non siamo più credibili: le masse popolari non vogliono più saperne di noi. Perché? Non importa rivangare. È così e basta. Invece ci sono dei cattivi, JpMorgan ad esempio, che vogliono affogarci ancora di più nell’immondezzaio in cui siamo approdati. Vogliono cambiare la Costituzione del 1948. “Sarebbe un’eutanasia del sistema repubblicano post-resistenziale” perché la Costituzione è “forse l’ultimo retaggio culturale unificante della democrazia italiana”. E qui siamo alla confusione completa (in prima battuta non importa se diffusa onestamente da pellegrini del nulla (*) o disonestamente da pifferai di Hamelin).
La Costituzione è un “retaggio culturale”? Se lo prendiamo in parola, SM senza volerlo dice una profonda verità. La Costituzione del ’48 non è mai stata attuata, cioè non è mai stata la definizione delle reali istituzioni politiche del paese e delle relative funzioni, relazioni e compiti. È rimasta un riferimento culturale, cioè una dichiarazione di principi, di bei propositi e buone intenzioni. Ma perché è rimasta un “retaggio culturale”? SM non se ne cura. In realtà è rimasta un retaggio culturale, cioè come costituzione è rimasta sostanzialmente non attuata né poteva esserlo, perché da una parte accettava implicitamente l’esistenza di un’istituzione decisiva per il sistema politico del paese (la Corte Pontificia con la sua Chiesa) e dall’altra non fissava compiti e limiti di essa con il che anche le altre istituzioni di cui la Costituzione invece trattava restavano campate in aria: cioè non era una costituzione – provate a considerare qualunque paese europeo con una monarchia: cosa sarebbe stata la sua costituzione se essa avesse parlato di tutte le altre istituzioni ma non avesse parlato dei poteri e limiti della Corte? Sandro Medici opera a Roma, sede della Corte Pontificia e terreno dove la sua influenza è più visibile che altrove, ma sorvola su questo aspetto della Costituzione, come se non esistesse, come se fosse per caso che la Costituzione del ’48 è rimasta un retaggio culturale! Cioè SM conferma il proposito di persistere nella finzione che l’Italia è un paese normale, con tutti gli annessi e connessi.
SM parla però della Costituzione come retaggio culturale, come se questo fosse un patrimonio che dobbiamo con premura conservare. Non dice né a cosa serve alle masse popolari né perché JpMorgan e “l’economia di mercato” vogliono eliminarlo, se è questo il loro obiettivo o se questo è solo un diversivo su cui incanalare gli allegri amiconi con quelli che ancora prestano loro attenzione. Cosa ci perdono le masse popolari? Noi diciamo – vedi Comunicato CC 31 del 25 luglio 2013 Mobilitazione a difesa della Costituzione – che qualcosa ci perdono e abbiamo anche indicato cosa: il contrasto oggi dilagante tra organismi, gruppi e personaggi dei vertici della Repubblica Pontificia che rende più facile la nostra vittoria – cosa che anche SM riconosce (“concentrare il potere politico negli organi esecutivi, indebolire la dialettica parlamentare, …”), ma con parole che imbellettano lo stato attuale delle cose (“dialettica parlamentare”, “dissenso delle comunità locali”, ecc.).
A parte queste reminiscenze e fantasie, quale è la “democrazia italiana” di cui secondo Sandro Medici le masse popolari del nostro paese godrebbero? Egli stesso dice contraddicendosi che le masse popolari non hanno rappresentanza nelle istituzioni politiche attuali. Quindi in cosa consiste la democrazia che SM chiama a difendere?
4. La seconda importante verità che SM dice è che “dalle valli piemontesi agli altopiani siciliani, tra mille scintille e focolai, si dispiega una considerevole movimentazione sociale che preme e sussulta”. Questa importante verità lo distingue da catastrofisti alla Giulietto Chiesa (il riferimento è al suo libro Invece della catastrofe). Anche loro, perfino con più clamore di SM, sono indignati del corso attuale delle cose imposto dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, però non vedono il ribollire della lotta di classe. Non vedono il fermento di Organizzazioni Operaie e Popolari a cui noi indichiamo una direzione precisa: le mille iniziative di base e le altre operazioni diffuse che creano le condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare, via per instaurare il socialismo.
5. SM vede il ribollire di gruppi e iniziative, ma cosa propone a “tutte queste molecole” che turbinano senza organizzazione e orientamento comuni? La campagna in difesa della Costituzione (“un’assemblea l’8 settembre a Roma per poi proseguire in una successiva manifestazione nazionale in ottobre”). E per illustrare la sua proposta indica (ha l’ingenuità di indicare) “i referendum sull’acqua pubblica”. Che sono il caso esemplare di vittorie a prima vista inutili, ma in realtà utili a scoraggiare le masse popolari se lasciamo campo libero alla sinistra borghese. Vittorie che servono alle masse popolari solo se da esse impariamo cosa fare e cosa non fare. Vista la grande vittoria ai referendum di giugno 2011 e le nulle conseguenze politiche o in qualche altro modo pratiche che essa ha avuto, richiamarla come esempio positivo, da imitare e replicare, a proposito della campagna promossa ora da Rodotà, Landini e tanti altri autorevoli personaggi e gruppi a difesa della Costituzione, vuol dire iscrivere anche questa campagna alla serie delle cause perse. Ed è proprio trascinandole di causa persa in causa persa che la sinistra borghese ha disperso il seguito tra le masse popolari che aveva ereditato dalla storia e che i suoi epigoni scoraggiano e disperdono la mobilitazione di oggi. Passando da mobilitazione senza risultati a mobilitazione senza risultati, le masse popolari finiscono per perdere fiducia nella propria sorte e rassegnarsi a quella imposta dai JpMorgan e dai suoi funzionari: i fautori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari. Perché i catastrofisti dicono una verità importante: la crisi del capitalismo non si ferma, la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti non spinge l’umanità in uno stato più arretrato di quello che essa aveva raggiunto con la prima ondata della rivoluzione proletaria: la spinge senza sosta in un vortice che porterebbe alla distruzione dell’umanità stessa se la lotta delle classi e dei popoli oppressi non ponesse fine al capitalismo e alla sua crisi.
Come fa la sinistra a “soffiare nel vento” delle “migliaia di turbolenze sociali” e delle “insorgenze popolari” se non sa neanche in che direzione soffiare? Se con il suo “pensiero debole” non capisce da dove viene il vento e se essa stessa non ha obiettivi e direzioni di marcia da indicare ai “processi evidentemente ancora imperfetti e incompiuti”?
Queste sono le riflessioni a cui invitiamo i nostri lettori, a partire dall’articolo di Sandro Medici.
(*) Quanto ai pellegrini del nulla, invitiamo i nostri lettori a capire il senso dell’espressione, che in questa fase di debolezza del movimento comunista italiano e internazionale si addice a un numero considerevole di eroici combattenti (da Nidal Malik Hasan a Bradley Manning) e di onesti esponenti della sinistra borghese, leggendo l’articolo Il destino di Matteotti di Antonio Gramsci.