A proposito della Risposta di Laboratorio Politico Iskra e COC-Napoli all’Avviso ai naviganti 22 – Pensare non è come cagare e all’Avviso ai naviganti 23 – “Io concertativo e riformista? Quando mai!”
Avviso ai naviganti 28
5 settembre 2013
A proposito della Risposta di Laboratorio Politico Iskra e COC-Napoli all’Avviso ai naviganti 22 – Pensare non è come cagare e all’Avviso ai naviganti 23 – “Io concertativo e riformista? Quando mai!”
Due linee nelle lotte rivendicative
Chiudere le masse popolari nell’orizzonte delle lotte rivendicative e contrabbandare come attacco le lotte necessarie per aumentare il salario e fare rispettare dai padroni e dalle loro autorità i diritti che i lavoratori hanno conquistato nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria e in gran parte violati o addirittura già apertamente cancellati dalla borghesia imperialista e dal clero oppure fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo e mobilitare le masse popolari a organizzarsi e lottare fino a costituire un proprio governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare?
Queste sono, in sintesi, le due linee che si scontrano e si scontreranno nelle mobilitazioni delle prossime settimane. Queste due linee sottintendono e implicano concezioni opposte della rivoluzione socialista e della lotta di classe. Chi vuole avere un ruolo positivo nel promuovere e orientare, deve riflettere a fondo sulle due linee.
Gli autori della Risposta si schierano chiaramente per la prima linea. Presentano in nome della loro concezione del socialismo una linea generale e questa si limita a una piattaforma rivendicativa. Essi confermano e aggravano le posizioni degli autori del Comunicato di chiusura dell’Assemblea di Napoli 29 luglio (di questo Comunicato si occupa l’Avviso ai naviganti 22 (AaN 22), non dell’Assemblea nel suo complesso, il cui significato e il cui ruolo non si riducono al Comunicato di chiusura).
L’aspetto positivo principale della Risposta è che i suoi autori si ribellano al destino a cui li porta il piano inclinato su cui sono e che nell’AaN 22 abbiamo indicato, tanto bene indicato che abbiamo suscitato nei lettori le reazioni a cui miravamo. L’AaN 22 ha mostrato agli autori del Comunicato di chiusura dell’Assemblea di Napoli 29 luglio e a quanti, consapevolmente o meno, seguono la loro strada, dove porta quello che stanno facendo e loro stessi se ne ritraggono inorriditi. Non gli piace come sono, non vogliono essere quello che gli abbiamo mostrato che sono. Questo è bene. “Senza discussione e polemica, non c’è progresso nel campo della conoscenza” ci insegna Stalin (Il marxismo e la linguistica). Però quelli che sono dogmatici incalliti, invece di prendersela con se stessi, se la prendono con lo specchio. Sta invece a ogni compagno non limitarsi come i dogmatici a osservare, non mettersi come loro a deprecare e imprecare (“purtroppo” le cose vanno male, come “chiunque … può osservare” e continueranno ad andare male finché “il movimento proletario resterà prigioniero …, non saprà attrezzarsi …” e “i comunisti continueranno a rincorrere …”), ma rimboccarsi lui le maniche, mettersi lui a pensare, imparare lui a pensare e imboccare la strada della guerra popolare rivoluzionaria con cui, correggendo gli errori che ancora facciamo e superando i limiti che ancora frenano e indeboliscono la nostra attività, arriveremo a fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuiremo anche alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo.
“Ma noi non ci limitiamo a osservare, noi lottiamo, noi ci diamo da fare ogni giorno”: ci obietteranno alcuni dei nostri critici. Certo, voi vi date da fare, ma nel vostro darvi da fare vi limitate al campo economico e rivendicativo. Di fronte all’”attacco generalizzato” che la borghesia imperialista e il clero hanno lanciato contro le masse popolari, come “strada alternativa” indicate alle masse popolari “una campagna generale su salario garantito e riduzione dell’orario di lavoro” (dal Comunicato di chiusura dell’Assemblea di Napoli 29 luglio).
Il dogmatismo per cui nella prima ondata della rivoluzione proletaria gli autori della Risposta cancellano la fondazione dell’Unione Sovietica, la prima Internazionale Comunista diretta da Lenin e poi da Stalin, la vittoria contro il nazifascismo, la Resistenza che ha cambiato la faccia anche del nostro paese, la rivoluzione cinese guidata da Mao, la distruzione del sistema coloniale, l’emancipazione delle donne, le classi sfruttate e i popoli oppressi all’attacco in tutto il mondo, la Grande Rivoluzione Culturale del popolo cinese, la vittoria del Vietnam e la resistenza di Cuba all’imperialismo USA e vedono solo i limiti, gli errori e la sconfitta (l’esaurimento della prima ondata: ma quale grande impresa gli uomini hanno mai realizzato senza scontrarsi con limiti che hanno superato, senza commettere errori che hanno corretto, senza subire sconfitte da cui hanno imparato?), si combina con l’economicismo per cui “una mozione che invita i proletari a mobilitarsi per costruire una vera opposizione di classe” (questo è l’alto ruolo che gli autori della Risposta assegnano al Comunicato di chiusura dell’Assemblea di Napoli 29 luglio, confermando quindi che la linea ivi indicata non fu una svista o una dichiarazione superficiale, ma la convinta affermazione di una concezione e di una linea) si riduce a lanciare una “campagna generale su salario garantito e riduzione dell’orario di lavoro”.
Dogmatismo ed economicismo non si escludono, si completano. Il socialismo per il dogmatico è il regno dei cieli che in terra non si è ancora visto (guardate cosa fu la prima ondata della rivoluzione proletaria! “Orrori ed errori” riassumeva Bertinotti) e mentre attende il regno dei cieli, se non si milita ad osservare “in un luogo di lavoro, in una piazza o in un mercato” le masse arretrate che si arrabattano come il senso comune loro consiglia, il dogmatico può ben lanciare campagne di rivendicazioni e di proteste (ovviamente meglio se “tutti insieme”, con un “coordinamento”, invece che “azienda per azienda” o in lotte “settoriali”: oltre che cosa di buon senso perché in tanti si è più forti, si evita anche l’amara verifica dei fatti perché con la linea economicista non si diventa mai tanti).
Noi siamo con tutte le nostre forze per la seconda linea. Non pretendiamo di aver inventato alcunché. Pretendiamo solo di aver tirato e di tirare lezione dalla storia del movimento comunista e di utilizzare, per pensare, il patrimonio filosofico e scientifico del marxismo-leninismo-maoismo.
La rivoluzione socialista non scoppia. In Italia la rivoluzione socialista è una guerra popolare rivoluzionaria prolungata promossa e diretta dal Partito comunista, una guerra che le masse popolari combatteranno contro la borghesia imperialista e il clero fino a instaurare il socialismo (potere delle masse popolari organizzate + produzione di beni e servizi affidata principalmente ad aziende pubbliche).
Secondo la concezione di Lenin (al leninismo anche gli autori della Risposta formalmente (ma solo formalmente!) si inchinano) diceva: “La rivoluzione socialista in Europa non può essere altro che l’esplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti. Una parte della piccola borghesia e degli operai arretrati vi parteciperanno inevitabilmente – senza una tale partecipazione non è possibile una lotta di massa, non è possibile nessuna rivoluzione – e porteranno nel movimento, non meno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale e l’avanguardia cosciente della rivoluzione, il proletariato avanzato, esprimendo questa verità oggettiva della lotta di massa varia e disparata, variopinta ed esteriormente frazionata, potrà unificarla e dirigerla, conquistare il potere, prendere le banche, espropriare i monopoli odiati da tutti (benché per motivi diversi!) e attuare altre misure dittatoriali che condurranno in fin dei conti all’abbattimento della borghesia e alla vittoria del socialismo, il quale si “epurerà” dalle scorie piccolo-borghesi tutt’altro che di colpo”.
Ecco come Lenin, già nel 1916 (Risultati della discussione sull’autodecisione, vol. 22 delle Opere) indicava uno dei tratti della guerra popolare rivoluzionaria che noi conduciamo. I dogmatici (bordighisti, trotzkisti e di altre scuole) trovano nei nostri Comunicati un “guazzabuglio di slogan e proclami in cui dentro c’è tutto e il contrario di tutto” proprio perché non pensano dialetticamente, non distinguono la confusione e la contraddizione formale (logica), dalla descrizione degli aspetti contrastanti della realtà che è di per sé contraddittoria, dall’indicazione di tattiche e linee diverse e persino contrastanti a secondo della situazioni (“tradurre il generale nel particolare e attuarlo nel concreto”).
Gli autori della Risposta, oltre a rivendicare la loro arretratezza economicista e dogmatica, rimproverano a noi molte cose. Fanno bene a ricordarci e indicarci i nostri errori. Se non l’abbiamo ancora fatto, li correggeremo e impareremo.
Quanto agli insulti, noi non li usiamo, siamo contrari a usarli, ma non ci spaventano. Certamente gli insulti nel bene e nel male qualificano chi li lancia: insultare un tiranno può essere l’arma di un combattente; chi insulta un comunista è un abbrutito o un reazionario. Qualificano anche quelli a cui sono rivolti? Dipende! A ogni lettore la valutazione. Di certo gli insulti per chi li ascolta o legge, non suppliscono ai ragionamenti.
Noi ci proponiamo di usare per la rivoluzione socialista tutti i gruppi e i personaggi che siamo capaci di usare, perfino i reazionari. Quindi capita spesso che facciamo errori (che correggiamo) e ancora più spesso che siamo in cattive compagnie. Lenin ben valorizzò a vantaggio della rivoluzione proletaria in Russia persino il prete Gapon, addirittura agente della polizia zarista! Ma Lenin pensava. Sapeva pensare e ragionare.
Pensare non è come cagare e gridare, che più o meno bene ogni individuo ci arriva … spontaneamente! Pensare anche oggi, dopo millenni di evoluzione della specie umana, a ogni individuo viene spontaneo solo a livelli molto bassi e in conformità con l’indirizzo della classe dominante. Pensare è un’attività che si impara a fare, richiede uno sforzo particolare da parte di ogni individuo. La classe dominante non solo non insegna alle masse popolari a pensare, ma cerca con mille accorgimenti di distoglierle dal pensare. Il Partito comunista esige dai suoi membri che imparino a pensare e che pensino. Il Partito comunista insegna a pensare a ogni proletario deciso a fare lo sforzo necessario per imparare. Per guidare le masse popolari a vincere, noi comunisti dobbiamo imparare a pensare. I comunisti si distinguono dagli altri che vogliono cambiare il mondo perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti.
Invitiamo tutti i compagni a studiare e discutere apertamente e a fondo gli Avvisi ai naviganti 22 e 23!
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