Electrolux, “il costo del lavoro lo pagano i lavoratori?”

La Electrolux è diventata la capofila della crociata padronale contro gli operai, Ernesto Ferrario, amministratore delegato di Electrolux Italia, è sceso in campo a fianco di Marchionne.



Resistenza del mese

 

Electrolux: il costo del lavoro lo pagano i lavoratori?

La Electrolux è diventata la capofila della crociata padronale contro gli operai, Ernesto Ferrario, amministratore delegato di Electrolux Italia, è sceso in campo a fianco di Marchionne. Quattro stabilimenti, a Porcia (Pordenone), a Forlì, a Susegana (Treviso) e a Solaro (Milano), 6.500 operai più quelli dell’indotto, tutti di fronte al ricatto come in FIAT. Chiusura dello stabilimento di Porcia, licenziamento di altri 850 operai, diminuzione per tutti del salario (meno tre euro all’ora, fanno 130 euro in meno al mese, quindi un salario di poco più di 800 euro), blocco degli scatti di anzianità, dimezzamento di pause e permessi sindacali, congelamento degli aumenti del CCNL, aumento dei carichi di lavoro (meno linee di montaggio che producono più pezzi): o così o la produzione si sposta in Polonia. Il costo del lavoro va ridotto per far fronte alla concorrenza dei marchi asiatici come LG e Samsung, parola di Electrolux.
 
Il costo del lavoro e i diritti dei lavoratori come ostacolo da rimuovere per rilanciare la crescita sta diventando un’arma sempre più spesso usata contro i lavoratori, in parallelo con l’eliminazione delle regole di protezione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e antinquinamento (di protezione della popolazione e del territorio) e con i contributi pubblici e le agevolazioni fiscali ai capitalisti. Ci concentriamo sul costo del lavoro, che è la questione principale, perché isola la classe operaia e la divide (quindi per i padroni, le loro autorità e i sindacalisti complici è più facile da imporre). [leggi tutto]
 

Sugli arresti ad orologeria del 13 febbraio e sulle mobilitazioni dei prossimi mesi
 

La mattina del 13 febbraio a Roma sono avvenute numerosi tra arresti e perquisizioni a danno del movimento di lotta per la casa: il risultato di questa operazione è l’emissione di 17 misure cautelari (tra misure di arresti domiciliari e obbligo di firma) contro altrettanti esponenti e militanti delle lotte sociali cittadine (cui vengono imputati svariati reati per la manifestazione del 31 ottobre 2013). A Napoli in contemporanea sono state emesse 25 misure cautelari contro il movimento dei precari BROS per iniziative di lotta svolte tra il 2010 e il 2012 a Napoli e Roma.

Dopo le condanne in 2° grado contro il nostro compagno Mauro Gentile e i compagni teramani imputati nel processo per i fatti del 15 ottobre 2011 ancora una volta i piani alti del Ministero degli Interni, delle forze dell’ordine e della magistratura confezionano un inchiesta fatta su misura per criminalizzare e limitare l’agibilità dei movimenti che nel nostro paese si oppongono alle politiche di “lacrime e sangue” e lottano per la costruzione di un’alternativa fondata sulla dignità e i diritti delle masse popolari.

Questa operazione repressiva non è per nulla casuale. Giunge nel giorno dell’ascesa del mimo (di Berlusconi) Matteo Renzi alla presidenza del consiglio, a due giorni dall’importante manifestazione romana contro il CIE di Ponte Galeria e quattro giorni dopo l’assemblea nazionale del 9 febbraio che ha lanciato le mobilitazioni nazionali che avranno svolgimento in primavera.
Tra i compagni finiti agli arresti domiciliari figurano noti esponenti del movimento romano per il diritto alla casa come Paolo Di Vetta, Luca Faggiano e altri che sono stati tra i principali promotori del movimento sorto il 18-19 ottobre e dell’assemblea nazionale di domenica 9 febbraio che ha deciso per il rilancio del movimento sviluppatosi in autunno.
I vertici della Repubblica Pontificia puntano ad intimidire il movimento per il diritto alla casa e i suoi esponenti. Vogliono che le elezioni europee e il passaggio di consegne tra Letta e Renzi avvengano senza l’intralcio delle mobilitazioni e dei conflitti che agitano il nostro paese. Soprattutto vogliono impedire che nel paese si rafforzi un centro di promozione e sviluppo della mobilitazione contro gli effetti della crisi non sufficientemente ligio ai loro protocolli (le regole scritte e non scritte con cui il personale politico di regime, storicamente, hacercato di imbrigliare i movimenti negli ultimi decenni). Questo è il motivo per il quale sono finiti agli arresti compagni come Paolo Di Vetta e Luca Faggiano: perchè concretamente la loro azione e quella dei movimenti di lotta per la casa (di cui sono autorevoli esponenti) può dare impulso alla creazione di questo centro di promozione e sviluppo delle mobilitazioni che oggi manca nel nostro paese, perchè le giornate del 18-19 ottobre hannodimostrato le potenzialità in tal senso del movimento di lotta per la casa e dei suoi esponenti.
Tutto questo è assai pericoloso per il clero e la borghesia del nostro paese che vorrebbero imbrigliare il movimento di lotta per la casa nella trattativa senza sbocchi (come è riuscito a Lupi proprio con gli stessi Di Vetta e Faggiano dopo la manifestazione del 19 ottobre) o a far la parte della truppa cammellata portavoti al servizio di questo o quell’altro teatrante della politica (sorte passata e presente di frazioni importanti dello stesso movimento di lotta per la casa almeno nella città di Roma).
Adesso bisogna mobilitarsi per la liberazione di Di Vetta, Faggiano e degli altri compagni arrestati e sottoposti a restrizioni. Questa è un dovere politico e morale per tutti gli organismi e i movimenti ma ancor di più per i gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle che a più riprese hanno espresso il loro appoggio al movimento sorto il 18-19 ottobre, hanno preso parte alla manifestazione del 31 ottobre e oggi devono mettere a disposizione la propria autorevolezza e visibilità per difendere questo movimento e i suoi esponenti dall’accanimento repressivo.
Soprattutto quel che è più importante è non cedere a ricatti e intimidazioni e avanzare sulla strada tracciata in occasione dell’assemblea del 9 febbraio: andare avanti nell’organizzazione dell’irruzione delle lotte e delle mobilitazioni popolari che sbaragli il teatrino elettorale delle europee, andare avanti nel consolidamento del centro di promozione e sviluppo della mobilitazione sorto il 18-19 ottobre. Questa è la questione al centro delle mobilitazioni dei prossimi mesi. Non si tratta di rivendicare “casa, reddito e dignità” alla “controparte” governativa. Quel che occorre è organizzare il centro che promuove, allarga e sviluppa la mobilitazione delle masse popolari per rendere ingovernabile il paese alla classe dominante e si propone come punto di riferimento e centro di potere alternativo e antagonista ai vertici della Repubblica Pontificia (costruire un Comitato di Salvezza Nazionale), fino a travolgerli e costringerli ad ingoiare l’instaurazione di un Governo d’Emergenza Popolare.
Se “l’assedio dell’austerity” lanciato con l’assemblea del 9 febbraio servirà a quanto fin qui illustrato oppure sarà un accumulo di manifestazioni ingabbiate nelle petizioni a Lupi & co dipende dal ruolo che assumeranno gli autorevoli esponenti e tra questi anche i compagni Di Vetta e Faggiano oggi agli arresti domiciliari. Ma dipenderà soprattutto dalla qualità delle mobilitazioni che si esprimeranno da qui in avanti e dalla misura in cui queste approfondiranno l’ingovernabilità del paese e alimenteranno la costruzione, dal basso, di una nuova governabilità. Vuol dire mobilitare e mobilitarsi qui ed ora per riaprire le aziende e creare posti di lavoro, vuol dire mobilitarsi per bonificare i territori, vuol dire aprire ed assegnare le milioni di abitazioni vuote, vuol dire organizzare sulla più larga scala la disobbedienza fiscale così come l’esproprio e la redistribuzione dei beni d’uso ecc. Vuol dire sviluppare da un capo all’altro del paese dieci, cento e mille iniziative di base che in ogni campo della vita sociale facciano germogliare dieci, cento, mille centri di potere alternativi al dominio dei vertici putrescenti della Repubblica Pontificia. Così avanza la costruzione della nuova governabilità che occorre al nostro paese per rialzarsi dalle devastazioni arrecate dalla crisi in corso.

Libertà per tutti i compagni arrestati e sottoposti a restrizioni nell’operazione repressiva del 13 febbraio!

Unire le forze per rendere ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia!
Unire le forze per avanzare sulla via del Governo d’Emergenza Popolare e del Socialismo!

 

Federazione Lazio del PCARC
 
RESISTENZA

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