“Michele Ainis si è recentemente avventurato in un temerario parallelo fra la nostra Corte di Cassazione e la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America (Scotus)”.
Ainis: Rottamiamo anche la Cassazione
Michele Ainis si è recentemente avventurato in un temerario parallelo fra la nostra Corte di Cassazione e la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America (Scotus). Paragone incauto giacché confrontare i due sistemi giudiziari è quasi impossibile. Intanto perché, fra i quarantotto milioni di casi civili e penali che si generano ogni anno in Usa e la Corte Suprema Federale (la più alta corte statunitense), non si frappongono solo le corti d’appello e le corti supreme dei 50 stati, ma soprattutto il diritto dei “Nine Old Men” (anche se ora ci sono tre donne nella Scotus) di scegliersi i casi da trasformare in sentenze. Così, delle 7-8.000 richieste d’appello (writ of certiorari) che da ottobre a giugno (October Term) arrivano alla Scotus a Washington, non sono più di 8 su mille quelle che si trasformano nelle 60-70 sentenze annuali e molto raramente le altre 992 godono del privilegio di due righe che ne spieghino il rigetto. La Corte Suprema si occupa solo delle cose che le interessano e tutto quello che viene rigettato nell’OT di quell’anno è perso per sempre.
D’altronde, se le 18.000 agenzie di polizia americane compiono dai 12 ai 15 milioni di arresti all’anno, i processi non sono più di 150.000 di cui un terzo cause civili. Questo prodigio avviene perché più del 96 per cento delle condanne per i felonies (crimini passibili di pene superiori all’anno) è ottenuto con il patteggiamento che, incorporando la rinuncia all’appello, chiude definitivamente la questione. Quindi non sono più di 50.000 i felons che vanno in prigione o in probation grazie a un regolare processo, mentre l’altro milione e cinquecentomila vi arriva senza passare dalla giuria (600.000 vanno in prigione). Nella giustizia civile si patteggia allo stesso modo, anche perché l’American Rule prevede che ognuno si paghi l’avvocato.
La Costituzione americana non contempla il diritto all’appello e un’eventuale richiesta di revisione, che è faccenda quasi esclusivamente scritta, richiede l’arduo compito di dimostrare la scorrettezza costituzionale del processo e l’esigenza di rifarlo completamente. Se il processo di merito è relativamente breve il procedimento d’appello, che in teoria contempla la possibilità di rivolgersi a una dozzina di corti, può diventare una messa cantata pluridecennale.
I processi americani non sono solo rari, ma anche veloci. Dovendosi tenere davanti ad una giuria non possono durare più di tanto e la loro brevità si spiega non solo con l’assenza delle parti civili e con la presenza di un solo imputato per volta, ma soprattutto con la lunghezza dell’istruttoria che fa piazza pulita delle questioni procedurali e consente una sorprendente velocità d’esecuzione. I processi per omicidio di primo grado durano spesso pochi giorni, ma sono preceduti da anni di udienze preliminari che però non fanno naufragare il procedimento, perché la prescrizione si interrompe definitivamente con l’inizio dell’azione legale.
Se prendiamo in considerazione anche i dieci milioni di condanne per i misdemeanors (crimini passibili di pene inferiori all’anno) vediamo che l’apparato giudiziario americano risolve i suoi casi nei primi gradini della scala giudiziaria e questo spiega le appena duecentomila cause in appello sui 48 milioni totali. Ovviamente il funzionamento di questo sistema richiede un gran numero di addetti e soprattutto l’accordo e la collaborazione di tutte le parti. La California ha da sola più avvocati dell’Italia e tutta l’America ne conta un milione duecentomila, altrettanti sono i poliziotti, 30.000 i giudici, 500.000 gli addetti alla struttura giudiziaria e ottocentomila le guardie che controllano i due milioni e cinquecentomila detenuti.
Se si vuole rottamare la nostra Court of last resort, l’ultima abilitata a decidere un caso e a fare giurisprudenza, sarà bene spiegare come si vuole organizzare tutta la filiera giudiziaria e chi sarà ad avere l’ultima definitiva parola sui 30.000 casi che affliggono la nostra Corte di Cassazione.
Dott. Claudio Giusti
Member of the Scientific Committee of Osservatorio sulla Legalità e i Diritti, Claudio Giusti had the privilege and the honour to participate in the first congress of the Italian Section of Amnesty International: later he was one of the founders of the World Coalition Against The Death Penalty. He writes on a regular basis about human rights, death penalty and American criminal law.
Ainis: Rottamiamo anche la Cassazione. L’Espresso, 22 maggio 2014.
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