«Le trasformazioni dovute alle nuove tecnologie non devono portare a nuove esclusioni. Il progresso tecnologico è fondamentale per il nostro Paese».
Lettera aperta alla c.a. Gruppi Politici Parlamentari
presso la Camera dei Deputati
Presidente della Camera dei Deputati
On. Laura Boldrini
Presidente Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla RAI
On. Roberto Fico
On. Membri Commissari
Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla RAI
LORO SEDI
Roma 25 agosto 2014
Oggetto: Non depotenziamo il Servizio Pubblico Radiotelevisivo
«Le trasformazioni dovute alle nuove tecnologie non devono portare a nuove esclusioni. Il progresso tecnologico è fondamentale per il nostro Paese».
«L’obiettivo deve essere quello di ridurre il digital divide che è il nuovo volto della vecchia
disuguaglianza. Bisogna puntare ad una alfabetizzazione che coinvolga tutte le fasce sociali, il ruolo
fondamentale della scuola e tutti devono «essere cittadini digitali o la cittadinanza risulterà
fittizia».
Queste sono affermazioni del Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini in occasione
della presentazione della relazione annuale 2014 di AGCOM.
Tali condivisibili passaggi di discorso, potrebbero essere riferiti, senza alcuna modifica, al ruolo che
il Servizio Pubblico Radiotelevisivo ha espletato con riconosciuto successo in Italia sin dai primi
anni ’50, quando si trattò di alfabetizzare il Paese e il “Divide” non era digitale ma linguistico e
culturale. La RAI rimane pur sempre la più grande azienda culturale del Paese, un patrimonio da
tutelare e sviluppare piuttosto che depotenziare con atti di privatizzazione incomprensibili ed
antistorici poiché per cogliere l’obiettivo della riduzione del “digital divide” evidenziato dalla
Presidente della Camera Laura Boldrini è necessario un deciso quanto inevitabile intervento
pubblico.
La ragione è ovvia.
Non solo il rapporto AGCOM fotografa una crescente crisi industriale del settore delle TLC ma
evidenzia pure, in modo inequivocabile la necessità, per le aziende private del comparto, di
avviare soltanto investimenti di sicuro e tempestivo ritorno economico.
Ciò significa che gli operatori privati TLC oggi versano in difficoltà economiche e non hanno
nessuna intenzione di risolvere il problema della connettività e della copertura digitale di quei
territori, quasi tutti concentrati nel meridione d’Italia, che per la loro conformazione orografica e
per la scarsa densità demografica, non costituiscono un adeguato business.
Di fronte a questo scenario di profonda crisi, risulta assai difficile immaginare di poter abbattere il
“digital divide” attraverso un interessamento del settore privato.
Occorre piuttosto mettere in campo e pianificare una concreta azione pubblica attraverso
l’operatività di aziende strategiche di proprietà diretta dello stato o ad essa riconducibili.
Per queste ragioni risulta oltremodo inconcepibile la vicenda della RAI, che dopo la conversione in
legge del DL.66/2014, per ripianare la sottratta erogazione di 150 milioni di euro del canone TV,
l’imposta di scopo dovuta dallo Stato alla RAI a fronte del contratto di servizio in essere, i vertici
aziendali hanno previsto la quotazione in borsa e la conseguente cessione ad investitori privati,
eventualmente anche esteri, di azioni della società consociata RAI WAY.
I motivi della ferma opposizione alla quotazione azionaria di RAI WAY da parte nostra, delle altre
OO.SS. che hanno recentemente scioperato e rappresentano la totalità dei lavoratori della RAI e,
vogliamo aggiungere, anche di tanti cittadini-utenti, sono molteplici e di straordinaria importanza:
. Esiste una questione di rilevanza strategica per il Paese, riferita alla riservatezza, alla
sicurezza dei dati e alla disponibilità delle reti di trasporto e diffusione segnali della RAI
poiché utilizzate dalle forze armate, dalla protezione civile e dagli organi dello stato, (il
recente scandalo Assange-Wikileaks dovrebbe far riflettere tutti). Abbiamo già tristemente
assistito alla perdita del controllo strategico dello stato per quanto riguarda le reti TLC di
Telecom Italia ed Enel-Wind, quest’ultima oggi in mano a soggetti stranieri. A nostro parere
ciò si configurerebbe come una grave perdita di sovranità nazionale su impianti di rilevanza
strategica, difficile da giustificare, specie di fronte allo scenario di conflitti nel vicino e
medio oriente che si vanno complicando.
. Esiste una questione di rilevanza politica e sociale poiché le reti trasmissive della RAI sono
le uniche infrastrutture di proprietà statale presenti diffusamente sul territorio nazionale
che possono contribuire in tempi ragionevolmente brevi all’abbattimento del “digital
divide”. Se questo importante tema non è soltanto argomento di propaganda politica ma
viene considerato dalle forze politiche un reale problema che il paese deve affrontare e
risolvere, allora anche questa “mission” oltre ai tradizionali compiti del Servizio Pubblico
Radiotelevisivo è è affidabile da subito alla RAI dando così corpo e motivazione al rinnovo
della concessione statale in scadenza nel maggio del 2016. Ne consegue che per il
conseguimento dell’obiettivo di riduzione del “digital divide” la RAI deve poter disporre
totalmente delle sue infrastrutture di rete e della piena capacità trasmissiva. La vendita di
quote azionarie di RAI WAY a soggetti privati costituirebbe un ostacolo alla soluzione di un
problema di importanza nazionale.
. Esiste una questione di rilevanza industriale poiché, se sono veri i contenuti della relazione
2014 AGICOM, allora la quotazione azionaria di RAI WAY si colloca in un momento di grave
crisi dell’itero comparto TLC, con il rischio di svendere un patrimonio di proprietà dei
cittadini italiani in un momento negativo. E’ totalmente sbagliato ricorrere alla seppur
parziale allocazione di quote azionarie perché apre al rischio sempre possibile di OPA e
quindi di perdita da parte dello stato della proprietà su RAI WAY, la quale oltretutto
dovrebbe poi stornare al nuovo proprietario somme per affitto dei circuiti trasmissivi, oggi
non dovute a nessuno. Va anche detto che il patrimonio complessino di RAI WAY non è
determinabile attraverso parametri industriali poiché vi è insito un valore intrinseco ed
intangibile che non è quotabile. Ci riferiamo al fatto che i siti montani, ove negli anni 50
sono stati edificate le postazioni trasmittenti di RAI WAY, oggi sono indisponibili poiché
diventati parchi regionali e realtà ambientali protette. Pertanto, per un ipotetico operatore
reti che volesse dotarsi di una rete trasmissiva efficiente e ottimale, oggi sarebbe
impossibile ottenere il posizionamento orografico unico ed irripetibile analogo a quello
delle torri di RAI WAY. Ne consegue che qualsiasi quotazione azionaria consentirebbe a
soggetti terzi di acquisire non solo una disponibilità infrastrutturale valutabile ma anche
una componente inestimabile, dato dal posizionamento esclusivo degli impianti RAI WAY.
Con queste premesse vogliamo diffondere la nostra lettera aperta, nella speranza che coloro i
quali sono in indirizzo e sono parte attiva della politica italiana e comunque chiunque la legga,
possa condividere con noi le nostre preoccupazioni che evidentemente non sono esclusivamente
di natura sindacale ma motivate da un prossimo svilimento di un fondamentale patrimonio
pubblico.
A nostro avviso la sottrazione dei 150 milioni di canone TV non risolve certo i problemi di bilancio
del nostro paese, che viaggiano attraverso ben altre dinamiche ma è certo che crea artatamente
un motivo strumentale per “giustificare” da parte del C.d.A. e del Direttore Generale della RAI, la
vendita di parte di RAI WAY proprio quando, anche con grande sacrificio dei lavoratori che hanno
capito il delicato momento aziendale ed hanno accettato sacrifici notevoli, la RAI si avviava verso il
pareggio di bilancio per il 2014.
La nostra Organizzazione Sindacale chiede pertanto un confronto con le forze politiche, sia di
maggioranza che di opposizione, per ricercare quelle motivazioni che convincano ad attivarsi
affinché il nostro Paese, anche in futuro, possa disporre della piena proprietà del suo Servizio
Pubblico Radiotelevisivo e delle sue reti trasmissive e possa garantire agli italiani, oltre alla
sicurezza nazionale, quel pluralismo informativo, quella narrazione culturale e quel prodotto di
qualità che i cittadini-utenti giustamente pretendono.
Segretario Generale Libersind Confsal
Cav. Giuseppe Sugamele
Centro servizi: Via Virgilio Melandri 72 – 00155 Roma
Libersind Conf. Sal.
http://www.libersind.it/libersind/wp-content/uploads/2014/03/banner-confsal745x124.jpg
Tel. 06/4075619 Fax 06/40500016 Cod. Fiscale 97055050583
Sito WEB: www.libersind.it Mail: posta@libersind.it App: Libersind Confsal