Clima, ‘multinazionali occupano prossimo Summit Onu’

Movimenti e organizzazioni sociali tra cui l’italiana Fairwatch denunciano l’occupazione da parte delle multinazionali del Summit Onu sul clima di New York del prossimo 23 settembre.

Movimenti e organizzazioni sociali come La Via Campesina, OilWatch International, Migrants Rights International, Global Forest Coalition, the Indigenous Environmental Network, Grassroots Global Justice Alliance, ATTAC France, Fairwatch e più di 330 organizzazioni (1) in rappresentanza di oltre 200 milioni di persone in tutto il mondo, compresi piccoli produttori, popolazioni indigene, migranti, donne, attivisti per la giustizia climtica e ambientale, attivisti per l’acqua bene comune hanno pubblicamente denunciato l’occupazione da parte delle multinazionali del prossimo summit sul Clima ospitato dal Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon che si terrà a New York il 23 settembre prossimo.
In un documento unitario diffuso il 16 settembre, i promotori chiedono urgentemente un cambio radicale del sistema economico piuttosto che gli impegni volontari e basati sul mercato e i preoccupanti partenariati pubblico-privato che caratterizzano l’agenda del vertice, come il REDD+, la Climate-Smart Agriculture e la Sustainable Energy for All initiative.

Il documento indica 10 azioni concrete necessarie per prevenire il caos climatico che includono impegni vincolanti e immediati per tenere l’aumento della temperatura media al di sotto di 1.5°C. I movimenti sociali indicano come “false soluzioni” e azioni dannose le ricette proposte dalle grandi imprese invitate al Summit di New York dal Segretario Generale Ban Ki-Moon

“L’invadente presenza delle grandi imprese al summit di New York” dichiara Alberto Zoratti, presidente dell’organizzazione italiana Fairwatch, “sta diventando oramai uno scenario consueto nei negoziati Onu, basterebbe pensare al ruolo assunto dalle imprese a Rio+20 nel 2012 o nel vertice sul clima di Varsavia l’anno scorso. Un’invadenza del privato che difende i propri interessi a svantaggio dei diritti delle comunità e dell’ambiente, come si evidenzia anche all’interno di negoziati come il TTIP dove la tutela degli investitori viene messa davanti persino alla sovranità legislativa dei Parlamenti nazionali”.

“I negoziati sul cambiamento climatico” ha dichiarato Genevieve Azam, portavoce di ATTAC France “sono stati dominati da Governi irresponsabili, da inquinatori e da multinazionali che si interessano solamente delle operazioni economiche e dell’aumento dei profitti attraverso un maggior sfruttamento dei combustibili fossili, i nuovi mercati del carbonio e altre false soluzioni come la bioenergia industriale che stanno distruggendo foreste suoli, aree umide, fiumi, mangrovie ed oceani”

Secondo Carlos Marentes, direttore di Border Agricultural Workers e membro de La Via Campesina International “il vertice climatico di New York promosso da Ban Ki Moon è stato preceduto da un suono di fanfare ma da nessuna concreta azione sistemica. Al contrario propone numerose false soluzioni di Green economy, che includono rischiose operazioni tecnologiche e basate sul mercato che peggioreranno la situazione. Si evita di riconoscere che il cambiamento climatico è il risultato di un sistema economico ingiusto che ha interesse a perseguire una crescita infinita, a concentrare la ricchezza nelle mani di pochi e di sovrasfruttare la natura fino al punto del collasso”.

I promotori chiariscono che fermare il cambiamento climatico significa bloccare il regime di libero commercio neoliberista che promuove il principio di crescita infinita e di profitti infiniti per le grandi imprese transnazionali. I movimenti sociali chiedono uno stop ai negoziati segreti su libero commercio e investimenti alla World Trade Organization (WTO), al TransAtlantic Trade and Investment Partnership Agreement (TTIP) in via di negoziato tra Unione Europea e Stati Uniti, al TransPacific Partnership Agreement (TPP), e agli altri accordi bilaterali, regionali e plurilaterali che cercano di mercificare tutti gli aspetti della vita e della natura.
Nnimmo Bassey dell’organizzazione nigeriana Health of Mother Earth Foundation (HOMEF) sottolinea come “questi accordi colpiscano i diritti del lavoro e l’economia locale distruggano la natura e sostanzialmente riducano la capacità delle Nazioni di definire le loro priorità economiche, sociali e ambientali”.

Il summit di New York è considerato una pietra miliare nel percorso verso la 21a Conferenza delle Parti dell’Onu sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) che si terrà a Parigi nel 2015, ma i movimenti sociali che promuovono il documento sottolineano che questo dovrà richiedere impegni legalmente vincolanti e un cmbio profondo di sistema, piuttosto che lo scenario “business as usual” attualmente proposto.
“Ovviamente chiediamo azioni concrete” conclude Cindy Wiesner della Grassroots Global Justice Alliance, “ma non ogni tipo di azione. Nessun impegno volontario e nessuna promessa vuota. Non si potrà tornare indietro dal caos climatico se non facciamo nulla per affrontare e sfidare l’inazione dei nostri Governi, le cui politiche sono spesso state condizionare dalle imprese inquinatrici. E’ cruciale per tutti noi rafforzare il nostro impegno sul terreno delle lotte e focalizzare le nostre energie su un cambiamento del sistema capitalista”.

(1) Il documento e la list completa delle organizzazioni può essere scaricata da:
http://climatespace2013

[FairWatch] Commercio Equo, Sostenibilità, Comunicazione

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