Iindagine sul collaudato sistema di sfruttamento del bracciantato agricolo nell’agro pontino. Convegno a Borgo Piave (LT) lunedì 20 ottobre organizzato da In Migrazione e l’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio.
Roma, 17 ottobre 2014 – Comunicato stampa
Lavoro: arruolamento via cellulare, buste paga contraffatte, contratti mal fatti, ricatti e intimidazione
In Migrazione presenta
SFRUTTATI A TEMPO INDETERMINATO
L’indagine sul collaudato sistema di sfruttamento del bracciantato agricolo nell’agro pontino
“Mio padrone dà me busta paga alta. Per me nessun problema. Io prende 800 euro e lui scrive sempre 1200 euro. Perché io no so. Lui me sempre 800 euro, no sbaglia mai ma su foglio 1200. Lui dice me che così paga meno tasse. Io credo che lui furbo. Lui su foglio carta dice che dà me tutti i soldi come regola dice e poi a me dà in mano solo meno e differenza tiene lui. Capisci?così lui furbo e ladro”. Ci racconta così uno dei tanti braccianti intervistati da In Migrazione per l’ultimo lavoro dal titolo “Sfruttati a tempo indeterminato” sulle condizioni di lavoro nel comparto agricolo dell’agro pontino.
Storie che restituiscono un quadro dalle tinte foschissime, uno sfruttamento – talvolta grave – diffuso sul territorio e da moltissimi anni con caratteristiche sempre comuni: salari miseri, modalità di reclutamento a chiamata e segregazione occupazionale da parte dei migranti indiani. Tutto ciò in un territorio dove l’agricoltura è di importanza strategica.
L’indagine di In Migrazione svela un rodato sistema per impiegare manodopera a bassissimo costo relegando di fatto la modalità di sfruttamento a una zona grigia: non si realizza pienamente nell’illegalità, bensì tra le pieghe della legge stessa – come spiega Marco Omizzolo, responsabile scientifico di In Migrazione – “che seguendo il filo dei rapporti di forza non normati, consentono ancora ad alcuni padroni di praticare l’illegalità, quasi impunemente, sebbene amministrativamente tutto risulti in regola. È indispensabile per scardinare questo sistema che insieme ai controlli amministrativi si rafforzino, con investimento puntuali, i controlli direttamente nelle aziende agricole e nei campi coltivati, dove il fenomeno è più manifesto e evidente”.
Le conferme arrivano da altri braccianti: “Io lavoravo per grande cooperativa agricola vicino Terracina lungo Mediana. Padrone ha tanta terra. Prima a Terracina, anche a San Donato, borgo Grappa. Lui assunto me e detto prendi 800 euro. Io va bene. Nessun problema. Io anche bravo lavoratore. Lavoro sempre. Poi lui pagato un mese solo e io lavorato sei. Lui scritto su foglio bianco io dare a te altri 2000 euro. Lui dato solo 300 euro. Altri soldi niente. Lui grande ladro. Io ora senza lavoro. Troppi problemi. Padrone era bravo, ora solo ladro”.
E’ il caso di molti lavoratori che ricevono una busta paga con 4-5-6 giorni di lavoro segnati a fronte dei 28-29-30 in realtà lavorati. O degli stipendi corretti solo sulla busta paga salvo poi accorgersi che quanto arriva materialmente nelle mani del lavoratore indiano è un terzo, qualche volta un quarto, di quanto previsto.
“In molti casi – continua Omizzolo – sono stati registrati episodi allarmanti di lavoratori che devono ricevere arretrati di 20mila/30mila euro, nonostante gli siano state già consegnate le relative buste paga. Non si tratta solo di evasione contributiva o salariale, sebbene altamente grave nel danno allo Stato, ma della violazione sistematica dei diritti dei lavoratori e della manifestazione di un sistema volto allo sfruttamento. Uno stato delle cose in essere da almeno trenta anni, a dimostrazione dell’organizzazione informale ma efficiente che si è potuta costituire e del relativo consenso sia locale che indiano che troppo spesso ha consentito allo stesso di svilupparsi poco disturbato”.
A fronte di alcune eccellenze agricole infatti, come Casal del Giglio, ApoFruit o AgriLatina, esistono aziende che realizzano profitti milionari attraverso lo sfruttamento di questi lavoratori, per la quasi totalità migranti indiani, contando su controlli non capillari e troppo spesso di natura eccezionale. Nonostante l’alto contributo delle forze dell’ordine e della Magistratura nel contenere il fenomeno, non è pensabile limitare le risposte ad ambiti repressivi e amministrativi.
Perciò non può essere che accolto favorevolmente l’interesse della politica, a cominciare dalla Commissione parlamentare Antimafia che ha già ascoltato In Migrazione e la Flai-CGIL sulla condizione dei lavoratori indiani.
“L’auspicio – dichiara Simone Andreotti, presidente di In Migrazione – è che la politica si muova in fretta per produrre leggi più stringenti contro la tratta, il caporalato, lo sfruttamento, le truffe e la corruzione. Le norme e le nuove politiche che si dovrebbero promulgare andrebbero a vantaggio della collettività, non solo dei lavoratori indiani”.
Fino al luglio 2012, per esempio, il sistema dei permessi di soggiorno per Articolo 18 è stato il principale meccanismo di protezione per i lavoratori migranti vittime di sfruttamento sul lavoro, “ma è ancora inadeguato – continua Andreotti – a proteggere i lavoratori che ambiscono ad uscire da condizioni para-schiavistiche come quelle denunciate. Non solo, la segregazione sociale degli indiani non agevola la denuncia, mentre le minacce, le violenze subite, i ricatti pesano come macigni. La scarsissima conoscenza della lingua italiana e la sfiducia nei riguardi delle istituzioni, troppe volte latitanti, non consente sempre lotte diffuse per il riconoscimento dei propri diritti”.
Una delle conseguenze più gravi di questo sistema di sfruttamento è proprio la segregazione sociale in cui si trovano i lavoratori stranieri.
Su queste basi poggia il progetto di In Migrazione per la realizzazione di un centro polifunzionale a Bella Farnia, il centro residenziale prossimo a Sabaudia dove vive gran parte della comunità sikh della provincia di Latina. Un progetto realizzato grazie alla Regione Lazio per portare una risposta concreta alla segregazione sociale, all’esclusione, alla mancanza di strumenti culturali indispensabili all’inclusione.
Solo così, un territorio penalizzato da una rappresentazione totalmente negativa in termini di diritti garantiti può trovare riscatto attraverso la messa in rete dei lavoratori con realtà aziendali che praticano la buona agricoltura, intesa non solo in termini di qualità dei prodotti.
Anche di questo si parlerà lunedì 20 ottobre prossimo a Borgo Piave (Lt) nell’incontro organizzato da In Migrazione e l’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio. Il convegno, in programma alle ore 17,00, è organizzato con la collaborazione di Arsial e Casa dell’Agricoltura, presso l’Istituto San Benedetto.
Insieme al presidente di In Migrazione, Simone Andreotti, sarà presente il presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, Giampiero Cioffredi.
Interverranno gli assessori all’Agricoltura, caccia e pesca e delle Politiche sociali della Regione Lazio, Sara Ricci e Rita Visini; il sindaco di Latina, Giovanni di Giorgi; il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, Sesa Amici; il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio Fava; il rappresentante della comunità Sikh, Dhillon Singh; il presidente di Confagricoltura Lazio, Sergio Ricotta e il segretario generale della Cgil per Cigl, Cisl e Uil, Anselmo Briganti. A coordinare sarà il Commissario Arsial, Antonio Rosati.
Porteranno i loro saluti il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Monsignore Mariano Crociata e il prefetto di Latina, Antonio D’Acunto.