“Aderire, sostenere e partecipare allo sciopero generale con mobilitazioni locali indetto dall’USB per il 24 ottobre, alla manifestazione nazionale organizzata dalla CGIL per il 25 ottobre e allo sciopero sociale del 14 novembre!”
Organizzarsi, coordinarsi e rendere ingovernabile il paese al governo Renzi-Berlusconi, fare delle mobilitazioni del prossimo periodo un passo avanti nel movimento di trasformazione generale del nostro paese!
Il governo Renzi-Berlusconi spreme una parte crescente della popolazione (lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, pensionati, ecc. con tasse, imposte, tariffe), smantella o peggiora i servizi pubblici (spending review, project financing, privatizzazioni), devasta il territorio (vedasi le conseguenze dello Sblocca Italia), usa il nostro paese come retrovia delle missioni di guerra che il governo USA e i sionisti d’Israele moltiplicano in tutto il mondo. Il suo ruolo è sempre più quello di garante della libertà d’azione dei grandi capitalisti, dei pescecani della finanza e dei guerrafondai nel nostro paese, di esattore di imposte, di gendarme. Il nostro è come un paese occupato dal nemico, anche se l’occupante non è straniero ma parla la nostra stessa lingua!
Contro le masse popolari il governo Renzi segue la linea che i vertici della Repubblica Pontificia (il Vaticano, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, i circoli delle banche e della finanza, le organizzazioni criminali, gli imperialisti USA, sionisti ed europei che hanno voce in capitolo nel nostro paese: quelli che correntemente vengono chiamati poteri forti) hanno seguito con continuità nonostante i cambi di governo: Prodi, Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi. Di suo Renzi ci porta la forma: si agita freneticamente da pagliaccio e la sua dinamica specifica consiste nel dividere le masse popolari in una parte colpita e una parte favorita e cambiare continuamente, con una rapida successione di misure diverse, la composizione delle due parti. Togliere cento a una parte e mettere ottanta da un’altra ricavandone i venti in più che deve elargire sotto varie forme e per varie vie al capitale finanziario che domina e spreme anche il nostro paese. Con gli ottanta (in bonus fiscale o bonus bebè) che dà a una parte, conta di riuscire a conquistare consenso e seguito tra i “favoriti” e in questo modo “prendere due piccioni con una fava”: da una parte tacitare o rendere comunque sterile il malcontento di quelli colpiti dall’estorsione di cento, dall’altra accreditarsi nei vertici della Repubblica Pontificia come capo di governo indispensabile a tutti perché capace di tenere in pugno il paese. La parte che ha avuto qualcosa è in larga misura composta dagli stessi individui che costituiscono la parte colpita: ma questo si aggiunge alla confusione e quindi ai fini della lotta di classe il risultato può essere nel complesso vantaggioso ai vertici della Repubblica Pontificia e alla loro comunità internazionale.
Aspettarsi dal governo Renzi-Berlusconi interventi efficaci contro lo smantellamento di aziende, la precarietà e la disoccupazione è illudersi, condannarsi a subire le sue manovre e rassegnarsi alla morte lenta. Chiedergli di fare una “politica economica e industriale” è un imbroglio! Il decreto Poletti, il Jobs Act con l’attacco all’art. 18 e allo Statuto dei Lavoratori, la riforma della Pubblica Amministrazione e della scuola, la Legge di Stabilità… ecco la “politica economica e industriale” che ha intenzione di fare, ecco le “tutele crescenti” che ha in cantiere.
Non lasciare l’iniziativa in mano a Camusso e agli altri nipotini di Craxi che dirigono la CGIL, ma approfittare della mobilitazione che essi, per restare a galla, devono promuovere!
Il governo Renzi-Berlusconi ha ripreso, a un livello superiore, l’obiettivo perseguito dalla banda Berlusconi (nel 2002 con il Patto per l’Italia sottoscritto con CISL e UIL e nel 2009 con l’accordo sul CCNL sottoscritto con la CISL, la UIL e la UGL): isolare e far fuori la CGIL. Nel nostro paese, la CGIL resta l’anello debole del sistema di controllo sui lavoratori che la borghesia attua attraverso i sindacati di regime: per il ruolo che occupa, per la sua composizione, per la sua tradizione, è il sindacato che i promotori della mobilitazione reazionaria devono eliminare per realizzare i loro disegni. Nonostante i danni causati dai revisionisti e dalla sinistra borghese che hanno diretto la CGIL negli ultimi decenni (concertazione e compatibilità con i padroni, collusione con i padroni e le loro Autorità, svendita delle conquiste e tradimento dei lavoratori, violazione dei principi elementari di democrazia e di solidarietà nei confronti di gruppi di lavoratori e in particolare dei sindacati alternativi e di base), alla CGIL sono ancora iscritti migliaia e migliaia di operai, di lavoratori e di pensionati combattivi, con una grande esperienza di organizzazione e di lotta, molti di ispirazione comunista e nella CGIL il potere della destra sindacale è più precario che negli altri sindacati di regime. Proprio perché il successo della mobilitazione reazionaria nel nostro paese passa attraverso l’eliminazione della CGIL, crea nella CGIL condizioni per cui la sinistra sindacale è indotta, se non altro dal suo stesso opportunismo, a essere più sensibile allo stato d’animo e agli interessi dei lavoratori.
La FIOM, l’USB e gli altri sindacati di base hanno la forza, il prestigio e l’influenza per condurre con successo la battaglia contro il governo Renzi-Berlusconi!
La linea degli scioperi al rovescio e della lotta contro il Jobs Act e lo smantellamento delle fabbriche annunciata (per ora solo annunciata) da Landini crea un terreno favorevole all’azione dei nuclei di operai avanzati e alla lotta per cambiare il paese: per costituire un governo che tenga aperte le aziende, riconverta quelle che fanno produzioni inutili o dannose, riapra quelle chiuse e ne apra di nuove per fare il lavoro necessario a rimettere in sesto e a far funzionare il paese. Genova è allo stesso tempo l’emblema del disastro in cui i vertici della Repubblica Pontificia stanno trascinando il nostro paese e dell’immenso lavoro che c’è da fare (altro che non c’è lavoro per tutti!) per ricostruirlo e metterlo in sicurezza.
Non è che Landini sia stato “folgorato sulla via di Damasco”! La nuova linea che ha annunciato è sicuramente frutto del malcontento crescente degli iscritti per gli effetti della crisi e delle misure prese dal governo Renzi-Berlusconi (e da quelli precedenti) sull’occupazione, sui diritti dei lavoratori e dei pensionati, sulle condizioni di lavoro e di vita, sul paese e della necessità di tutelare la sopravvivenza della FIOM e della CGIL di fronte all’attacco lanciato dal governo Renzi-Berlusconi a braccetto con Marchionne e l’ala più oltranzista e avventuriera del padronato. Ma è frutto anche e soprattutto
1. della pressione esercitata dai nuclei di operai avanzati. Un esempio per tutti è l’iniziativa dei lavoratori e delegati della Piaggio di Pontedera (Pisa): prima hanno scritto a Landini che non bisogna aspettare di essere sotto attacco per agire (“ci rendiamo conto che in questo momento ci sono moltissimi altri casi di aziende e lavoratori in condizioni ben più gravi e drammatiche della nostra dal punto di vista occupazionale. Ma, a nostro avviso, anche noi potremmo diventare presto un’emergenza”); poi, insieme ai lavoratori della Continental di Pisa, hanno chiamato gli operai e i lavoratori della zona a coordinarsi per organizzare iniziative di lotta comuni: formare un “coordinamento auto-organizzato, indipendente da tutte le sigle sindacali, aperto e non verticistico, che sappia andare anche oltre la questione dell’articolo 18 e che sia l’inizio di un percorso di collegamento e condivisione delle esperienze e di connessione delle lotte, unico modo per uscire dall’isolamento e dalla frantumazione in cui è stato portato il mondo del lavoro, anche da politiche sindacali profondamente sbagliate”. Perche “negli ultimi anni le offensive padronali ci hanno insegnato due cose:
– ogni cedimento ne genera un altro. Intaccato l’art. 18 due anni fa, oggi ne vogliono l’abolizione. Le pensioni del 2012 sono l’ultimo atto di un attacco iniziato nel ’95. I Contratti Nazionali vengono svuotati per abolirli alla prima occasione.
– i lavoratori devono difendersi con le proprie forze. E’ illusorio aspettare da altri la difesa dei propri diritti. E’ necessario che i lavoratori e le RSU che già altre volte hanno saputo reagire con forza e determinazione riprendano la mobilitazione per contrastare questa nuova offensiva”;
– dell’azione di incalzo svolta dai sindacati alternativi e di base e dalle mobilitazioni da essi promosse.
Il ruolo dell’USB e degli altri sindacati alternativi e di base
L’USB denuncia che “mai, davvero mai come questa volta un nostro sciopero generale ha subito un black out mediatico così totale. Non c’è verso, non passa nulla sulla stampa di regime né su quella meno di regime. Nulla. Ora siccome di comunicati stampa se ne è fatti molti, siccome di iniziative cittadine se ne è convocate e tenute a bizzeffe, nessun giornalista nazionale o locale può in coscienza dire che non era a conoscenza dello sciopero. E allora? Come mai neanche un trafiletto per avvertire i cittadini che da qualche parte, ad esempio nei trasporti pubblici, o nelle scuole dell’infanzia, o negli enti previdenziali o negli uffici comunali e fiscali o nelle municipalizzate “qualche disagio” si potrebbe registrare? Ma che stupidi, il motivo è chiarissimo e sotto gli occhi di tutti! E’ semplicemente che il 24 ottobre viene solo un giorno prima del 25 ottobre su cui invece si sono spesi e ancora si stanno spendendo fiumi di inchiostro. Cioè una manifestazione di sabato pomeriggio assume maggior importanza per la stampa nostrana di uno sciopero generale. Ma non ci si dispone a dosare sapientemente gli spazi da attribuire all’uno e all’altro appuntamento, si fa molto di più, si fa scomparire il primo perché altrimenti tutti si renderebbero conto della debolezza politica dell’altro”.
L’USB e gli altri sindacati di base, nati per far fronte alla concertazione e alla collaborazione con i padroni che i sindacati di regime imponevano ai lavoratori, possono avere un ruolo chiave nella situazione attuale. Da Pomigliano (estate 2010) in poi, hanno svolto un’azione importante di leva e incalzo nei confronti della FIOM e, attraverso questa, della CGIL. Hanno avuto seguito quando hanno fatto quello che FIOM e CGIL non facevano, hanno riempito il vuoto che FIOM e CGIL lasciavano: hanno unito e organizzato una parte dei lavoratori più combattivi. Ma se si fermano a questo ruolo, perdono posizione e seguito quando FIOM e CGIL si mettono in moto. Oggi se si limitano a promuovere lotte rivendicative sono surclassati dalla FIOM e dalla CGIL e come queste avranno via via meno seguito, man mano che sarà evidenza comune che le lotte rivendicative da sole non pagano. Se invece si fanno promotori dell’offensiva, se combinano le lotte rivendicative con il movimento per costituire un governo d’emergenza che faccia fronte alla crisi spingono anche la FIOM su questa strada e svolgono un ruolo chiave nella situazione attuale.
Gli operai e gli altri lavoratori avanzati possono sfruttare le mobilitazioni promosse dai sindacati di regime per
– costituire in ogni azienda organismi operai che si occupino sistematicamente della salvaguardia delle aziende prevenendo le manovre padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, studiando in collegamento con esperti affidabili quale è il futuro migliore per l’azienda, quali beni e servizi può produrre che siano necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi, predisporre in tempo le cose. Questo è oggi il primo passo: lo chiamiamo “occupare l’azienda”,
– stabilire collegamenti con organismi operai di altre fabbriche, mobilitare e organizzare le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere (creare lavoro e in generale risolvere i problemi della vita delle masse popolari), a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le regole e le direttive delle autorità. E’ il contrario che restare chiusi in fabbrica ed è il salto decisivo: lo chiamiamo “uscire dall’azienda”.
I padroni non hanno una soluzione accettabile da proporre agli operai e al resto delle masse popolari. Stante la crisi generale del capitalismo, per stare a galla devono distruggere anche quel poco di benessere che i lavoratori hanno strappato ed eliminare i diritti che i lavoratori hanno realizzato, hanno fatto diventare reali, pratici e non solo belle parole scritte nella Costituzione. Per avanzare su questa strada hanno bisogno di spezzare l’opposizione degli operai avanzati ed eliminare i centri di mobilitazione e di organizzazione degli operai.
Gli operai invece una soluzione alla crisi positiva per tutti i lavoratori e le masse ce l’hanno. Hanno una “politica economica” per rimediare fin da subito agli effetti più gravi della crisi e rimettere in moto l’attività produttiva: tenere aperte le aziende, aprirne di nuove per fare il lavoro necessario a salvaguardare il paese dal disastro ambientale e a soddisfare i bisogni della popolazione, riavviare l’intera vita sociale, stabilire rapporti di collaborazione con altri paesi (tipo quelli già in vigore tra Cuba e Venezuela e altri paesi) sulla base di quanto ogni paese può produrre e dare. Hanno bisogno di costruire un loro governo d’emergenza per attuarla, deciso a fare tutto quello che occorre per attuarla.
Le organizzazioni degli operai e degli altri lavoratori che “occupano l’azienda ed escono dall’azienda” sono la premessa, la base, per costituire un simile governo e farlo ingoiare ai padroni. Non importa in quanti si è all’inizio in un’azienda. Non importa quante sono le aziende in cui si inizia. Altri seguiranno, perché ogni attacco dei padroni dimostrerà che chi ha iniziato ha ragione.
Il Partito dei CARC sostiene e organizza ogni operaio e ogni lavoratore che si mette su questa strada, che decide di prendere in mano il proprio futuro!
La FIOM, l’USB e gli altri sindacati di base devono mettersi alla testa del movimento per costruire un governo d’emergenza popolare che sottragga l’economia del nostro paese al mercato finanziario e agli speculatori della comunità internazionale!
Il semestre italiano di presidenza dell’UE sta mettendo sempre più in chiaro che il governo Renzi-Berlusconi, in accordo o contro la Commissione Europea, aggrava le condizioni del nostro paese. Cresce il malcontento tra le masse popolari ed è malcontenta anche una parte importante del padronato italiano e del resto dei “poteri forti” nostrani. La dinamica della crisi generale del capitalismo è tale che la destra borghese tira le fila e questo crea e acuisce i contrasti nella stessa borghesia imperialista e nei vertici della Repubblica Pontificia. Una parte di questi trovano che i loro interessi presenti e le loro prospettive future sono sacrificati, quindi recalcitrano, fanno la fronda, si oppongono in vari modi alla destra. Questo avviene a livello mondiale nella comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e a livello di ogni singolo paese.
Se gli operai e il resto delle masse popolari dei paesi imperialisti agiscono (grazie alla direzione dei comunisti) come forza politica indipendente dalla borghesia e dal clero, possono giovarsi delle contraddizioni che si sviluppano inevitabilmente nel campo della classe dominante. Basta che questo avvenga in uno dei maggiori paesi imperialisti e questo paese aprirà la strada su cui si metteranno anche la classe operaia e le masse popolari degli altri paesi imperialisti e darà forza alla lotta antimperialista e antifeudale degli altri paesi.
Se invece vanno a rimorchio della borghesia e del clero limitandosi a denunciare, rivendicare e protestare, gli operai e le masse popolari saranno usate dalla comunità internazionale nella guerra per saccheggiare e disgregare i paesi succubi del sistema imperialista mondiale e in definitiva diventeranno carne da cannone nei contrasti tra gruppi imperialisti che sfoceranno nella guerra imperialista.
Nel nostro paese ai promotori della mobilitazione popolare quindi sono aperte due strade:
– quelli che indicano alle masse popolari l’obiettivo che esse stesse possono e devono realizzare senza dipendere dai governi e vertici della Repubblica Pontificia, l’obiettivo che esse possono conseguire nonostante l’opposizione dei vertici della Repubblica Pontificia, sfruttando anzi ogni forma della loro opposizione e giovandosi dei contrasti che si sviluppano all’interno della classe dominante: creare le condizioni per la costituzione di un governo d’emergenza delle organizzazioni operaie e popolari;
– quelli che limitano l’attività delle masse popolari alle denunce, alle rivendicazioni e alle proteste: la loro azione è di qualche utilità solo se si sviluppa il movimento per la costituzione di un governo d’emergenza popolare, altrimenti la sterilità delle lotte e delle iniziative creano demoralizzazione, sfiducia, rassegnazione e disperazione, quindi aprono la via alla mobilitazione reazionaria delle masse popolari.
Nessuna azienda deve essere chiusa, nessun lavoratore deve essere licenziato!
No alla morte lenta un’azienda dopo l’altra, sì a un lavoro utile e dignitoso per tutti!
Non è vero che non c’è lavoro per tutti! C’è un sacco di lavoro da fare, c’è bisogno che ognuno faccia la sua parte di lavoro!
Costituire un governo di emergenza popolare che tenga aperte le aziende, riconverta quelle dannose o inutili e ne apra di nuove per fare il lavoro che serve!
23.10.2014
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