Una delle cose più belle e intense scritte in questi giorni: la lettera di quattro insegnanti francesi. “…. Quelli di Charlie Hebdo ci facevano ridere; condividevamo i loro valori….”
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NOI SIAMO CHARLIE. MA SIAMO ANCHE I GENITORI DEI TRE ASSASSINI
Una delle cose più belle e intense scritte in questi giorni: la lettera di quattro insegnanti francesi. “…. Quelli di Charlie Hebdo ci facevano ridere; condividevamo i loro valori…. Se i crimini perpetrati da questi assassini sono odiosi, ciò che è terribile è che essi parlano francese, con l’accento dei giovani di periferia. Questi due assassini sono come i nostri studenti…. I nostri figli hanno quindi ucciso i nostri fratelli. In qualsiasi cultura questo provoca quel sentimento che non è mai evocato da qualche giorno: la vergogna. Nessuno, nei media, parla di questa vergogna. Quella di uno Stato che lascia degli imbecilli e degli psicotici marcire in prigione e diventare il giocattolo di manipolatori perversi, quella di una scuola che viene privata di mezzi e di sostegno, quella di una politica urbanistica che rinchiude gli schiavi (senza documenti, senza tessera elettorale, senza nome, senza denti) in cloache di periferia….”
QUI LA LETTERA COMPLETA
IL PERICOLO È L’ISLAMOFOBIA
Il pericolo, ha scritto su Le Monde lo scrittore Edwy Plenel, è una ideologia assassina che sta preparando la Francia e l’Europa a una guerra: una guerra civile contro se stesse, contro una parte dei loro popoli, contro uomini, donne e bambini che vivono e lavorano qui e che, grazie alle armi del pregiudizio e dell’ignoranza, sono stati costruiti in modo preventivo come stranieri a causa della loro origine, del loro aspetto o delle loro convinzioni
L’ARTICOLO COMPLETO DI SANTIAGO ALBA RICO
LETTERA APERTA AI METICCI DELLA MIA ETÀ
Ha scritto una lettera bella quanto importante, Giulia. È importante perché finisce dicendo che “questa volta la differenza la possiamo fare solo noi”. Bella, molto bella, perché… beh, provate a leggere, no? Ha vent’anni, Giulia e studia antropologia culturale e religioni. Si interessa e si appassiona di donne e migranti. Il centro interculturale Trama di Terra di Imola – noi che facciamo Comune-info lo conosciamo bene da quando mosse i primi passi – è la sua “stanza tutta per sé”. Non ha “una visione idealizzata” dei giovani figli o nipoti di migranti, spiega. Sa per esperienza che sono forti e anche un po’ fortunati, perché capita spesso che parlino più lingue e possano viaggiare con frequenza. Camminano meglio il sentiero del futuro. Poi, però, all’improvviso, il veleno torna a colpirli quasi inaspettato, violento e vigliacco. Può accadere sull’autobus, in treno, al mercato. Ovunque. E fa male. Fa male “ascoltare gli insulti – sempre gli stessi, come le domande – rivolti ai migranti, che non sono persone astratte ma mia madre, mio padre, mia sorella, i miei nonni”
LA LETTERA COMPLETA
► COMINCIAMO DAL RIFIUTO DELLA GUERRA Ascanio Celestini
► CHARLIE HEBDO, MEDIA E MEMORIA Noam Chomsky
► SAREMO DAVVERO CHARLIE? Marco Binotto
► TERRORISMO DI STATI E SCONTRO DI INCIVILITÀ Sergio Segio
► MAMMA, PERCHÉ QUELLA STRAGE? Marta Bonafoni
LA SCUOLA È UNA GABBIA
Classi separate, bambini e ragazzi tutti della stessa età, saperi sezionati, valutazioni ossessive, poco spazio per il movimento, il corpo, le emozioni, il piacere. Ma davvero abbiamo bisogno di questa gabbia?
L’ARTICOLO COMPLETO DI PAOLO MOTTANA
LE LINEE E LO SGUARDO
C’è la linea delle persone che rendono omaggio a chi resiste tra le colonne di fumo e il canto delle mitragliatrici e delle granate. La tracciano persone esposte agli sguardi della gente che fugge e di quella arrivata, anche da molto lontano, per vedere, capire, raccontare quel che accade nel martoriato e ormai leggendario lembo della pianura mesopotamica che divide la Turchia dalla Siria. Le condizioni dei profughi nelle tende sono durissime, si vive sovraffollati e nel fango. Mancano le cure sanitarie, fa freddo. Eppure ci sono la dignità dell’autogestione e la consapevolezza di stare a fianco di una lotta per la libertà. Sono tante le linee che racconta il reportage che ci ha inviato Serena Tarabini. Ci sono quelle formate dalle macchine che i fuggitivi siriani sono stati costretti ad abbandonare lungo il confine, quelle delle ambulanze con i morti e i feriti, quelle delle persone in attesa di un pacco o di una visita medica. E poi c’è la linea di frontiera, irta di filo spinato, di carri armati e brulicante di uomini in divisa. Come tutte le frontiere del mondo: innocenti righe tracciate su un pezzo di carta che diventano selettive e crudeli barriere sulla quale si infrangono le speranze e la vita di chi fugge dall’orrore
IL REPORTAGE COMPLETO DI SERENA TARABINI
UNA CITTÀ CHE FACCIA VENIRE VOGLIA DI VIVERE
Matera è una città paesaggio: qui andrebbe posto il cartello: Benvenuti a Matera, Mediterraneo interiore. Qui non ci sono case sparse, tutto è connesso e intrecciato. Natura e architettura, costruzioni fondate sul levare piuttosto che sull’aggiungere. Matera capitale europea 2019? Certo, ma cultura significa prima di tutto intreccio di politica e poesia e non consumare eventi: gli anni che aspettano gli amministratori materani e le migliori energie della città non devono essere l’occasione di fare cassa, trasformando la città in una macchina per turisti. Insomma c’è da stare lontani dal modello eatitaly perché mercifica, banalizza, appiattisce. Matera 2019 vuol d ire fare una città semplice, che faccia venire voglia di vivere
L’ARTICOLO COMPLETO DI FRANCO ARMINIO
IL PIANETA SI NUTRE DA SOLO
Siamo “quelli di Genuino Clandestino”, una rete di comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare e contro la distruzione dei nostri ambienti di vita. Ci adoperiamo da sempre con le nostre pratiche per rafforzare le alleanze tra i movimenti rurali e quelli urbani, per riconnettere città e campagna, per superare le categorie di produttore e consumatore, per riconvertire i nostri territori basandoci su autorganizzazione, solidarietà, cooperazione e cura della terra. Siamo i piccoli produttori di cibo che sfamano il mondo per davvero, e non possiamo quindi rimanere indifferenti mentre la narrativa tossica di Expo 2015 … dell’accordo Usa/Ue T-tip. …. Il vero fatto p olitico di Expo 2015 è rappresentato dalle più di 70 multinazionali partner di Expo 2015, tra cui Monsanto, Nestlè, Mc Donald’s …. Il pianeta si nutre da solo No Expo, No T-tip
L’ARTICOLO COMPLETO DELLA RETE GENUINO CLANDESTINO
LA LEZIONE DEL PANE
“Dove sono cresciuto io il pane era nero e durava una settimana. Era durissimo ma era più buono di ogni altra cosa. Era all’origine di ogni cosa…. Quando mangiavi pane e olio stavi bene tutta la giornata, non avevi bisogno di nient’altro…. Facendo il pane impari la dimensione del tempo, la più grande lezione che ho imparato cucinando. Quando prepari da mangiare il temo non lo puoi comprimere, e se ci provi lo mistifichi: fai un’operazione che falsifica la realtà. Nessun avanzamento della tecnologia vi può sopperire. Quando vivi in città spesso ti dici: non ho il tempo di cucinare. È una concezione di tempo che è sfuggita alle persone, perché in realtà la percezione ch e ne abbiamo è spesso falsata. Ci è stato fatto credere di non avere il tempo per vivere per dirottarci altrove. Così io penso di non avere il tempo di preparare la zuppetta per mio figlio, ma poi affronto ore di traffico e perdo vent’anni di vita per andare a comprarla al supermercato e tornare a casa più stanco di prima. In questa mistificazione una donna come mia nonna non ci casca. Mia nonna, che è tutt’altro che una rivoluzionaria, è stata un’antesignana della filiera corta…. “
UNA CONVERSAZIONE CON DON PASTA
IL LAVORO NON È L’UNICO FARO
“L’organizzazione del lavoro ha a che fare con la risorsa più rara, preziosa e ‘democratica’ che esista sulla terra: il tempo di vita. Dopo i supermercati, dopo i borghi toscani, sapremo farci invidiare l’operaio e la dirigente capaci di vivere bene lavorando poco?”. Finisce così l’interessante libro di Marco Craviolatti intitolato “E la borsa e la vita”: l’autore, un sindacalista, mette in discussione il mito del lavoro come unico faro guida in grado di conferire dignità all’esistenza
LA RECENSIONE COMPLETA DI LUCILIO SANTONI
► NON FARE NIENTE, PER CAMBIARE IL MONDO SMETTIAMOLA, NON SIAMO RISORSE UMANE
IL TEMPO DI IMPARARE A COSTRUIRE INSIEME
Loro, quelli che stanno in alto, dicono che intendono governare ma in realtà vogliono solo dominare, gestire e sfruttare. Il loro limite è una grande barriera che resiste nella dignità di una persona, di una famiglia, di un collettivo o di una società che hanno ferito in profondità strappandole una parte del cuore. Serve un’esplosione della ribellione, come quella che ha illuminato all’inizio del 2015 il Festival mondiale delle resistenze e delle ribellioni contro il capitalismo. Dove quelli di sopra distruggono, quelli di sotto ricostruiscono. Noi non aspiriamo a governare il mondo ma a farne uno nuovo, quindi non si tratta più solo di condividere ma di imparare a costruire ins ieme
L’ARTICOLO COMPLETO
► COME SI COSTRUISCONO DEMOCRAZIA, GIUSTIZIA E LIBERTÀ? NON C’È UNA RISPOSTA Subcomandante Moisés
PETROLIO
Il 2014 è stato l’anno più caldo da quando vengono effettuati i rilevamenti (1891). La causa principale è l’uso di combustibili fossili. Tuttavia, c’è chi ha cominciato a fermare oleodotti e pozzi
L’ARTICOLO COMPLETO DI PAOLO CACCIARI
► VIE DI FUGA: ACQUISTA IL NUOVO LIBRO DI CACCIARI QUI A 1 EURO
TUTELARE E MOLTIPLICARE I PROCESSI DI AUTOGOVERNO
La Fondazione Teatro Valle Bene Comune ha presentato una bozza di Convenzione tra Teatro Valle Bene Comune e Teatro di Roma. Scopo: sperimentare un progetto gestionale e artistico radicalmente innovativo ispirato alle pratiche dei beni comuni e ai principi cardine dello Statuto della Fondazione. La Convenzione dovrebbe regolare i rapporti tra un’istituzione formale e un’istituzione di nuovo tipo, informale, collettiva, orizzontale. Come tutelare l’autonomia del processo di autogoverno? Come impedire che la burocrazia delle istituzioni pubbliche soffochi ogni vitalità? Quali statuti speciali sono necessari per sostenere le attività di produzione culturale non profit? Come supportare l’inno vazione prodotta in questi tre anni e farla diventare endemica, virale? (foto: 12 agosto 2014, assemblea del Valle in strada; la foto è tratta da un archivio di ribellioni straordinario, la pagina facebook del Valle)
L’ARTICOLO COMPLETO DEL TEATRO VALLE BENE COMUNE
LA NOTTE DEL LICEO CLASSICO
Dal teatro alla musica, dalle letture di autori classici alla presentazione di romanzi, dalle cacce al tesoro alla presentazione di ipertesti in greco o latino, e ancora dibattiti, maratone di letture, coreografie di danze, mostre fotografiche, letture di poesie. Una notte di eventi in contemporanea in tutta Italia per promuovere la cultura classica: venerdì 16 gennaio sono oltre cento i licei di tutte le regioni (dall’Azuni di Sassari all’Orazio di Roma, dal Leopardi-Majorana di Pordenone al Socrate di Bari) che hanno aderito a questa iniziativa nata dal basso sull’onda delle polemiche che negli ultimi tempi hanno investito il liceo classico. Il dibattito sul futuro del classico può appassionare o meno: di certo se la ragione principale per difenderlo, come sostengono molti, è che il liceo classico contribuisce a formare alla vita e al pensiero complesso senza subire la dittatura del mercato del lavoro, allora questa notte autogestita da studenti e docenti merita attenzioni e partecipazione
LA NOTIZIA COMPLETA
QUANDO GLI AQUILONI SI SONO ALZATI IN VOLO
“Era ottobre quando nella nostra classe, una quinta elementare, arrivò Rachid. Eravamo in quinta elementare. Proveniva dal Marocco, il suo paese era troppo lontano, troppo distante da quelli che erano i suoi bisogni, i suoi affetti e la sua voglia di sorridere. Conosceva qualche parola di italiano ma non parlava mai. Era triste. Se ne stava seduto e non voleva alzarsi neanche per giocare. Eppure, Marco e Sara non si sono arresi ….. ” Storia di accoglienza e amicizia per una scuola senza frontiere
L’ARTICOLO COMPLETO DI ROSETTA CAVALLO
DIGHE E AGROBUSINESS: GOVERNO SINISTRO IN BRASILE
La svolta auspicata da molti per il secondo mandato di Dilma Rousseff sembra ormai chiaro che non ci sarà. Al di là della disponibilità mostrata negli incontri con esponenti del Movimento dei Senza Terra e con un gruppo di teologi della liberazione, è evidente che la presidente non è interessata a dare alcun segnale concreto di discontinuità: a dimostrarlo sta la scelta dei ministri del suo nuovo governo, a cominciare dalla nomina di Katia Abreu – leader dell’agrobusiness e acerrima nemica del Movimento dei Senza Terra – a capo dell’importante Ministero dell’Agricoltura. Ma saranno in particolare i popoli indigeni, come sempre, a pagare le scelte di un governo alli neato con gli interessi delle grandi imprese, al servizio di cui, dopo aver imposto la diga di Belo Monte – spazzando via la resistenza disperata dei popoli indigeni e dei loro alleati – il governo Dilma concentra ora la sua attenzione sul cosiddetto complesso Tapajós, in Parà
L’ARTICOLO COMPLETO DI CLAUDIA FANTI
► NOTE A MARGINE SUL VOTO IN BRASILE
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