Un nuovo rapporto realizzato da PHR-Israele, mette a confronto per la prima volta le condizioni di salute nei Territori palestinesi e in Israele, analizzando indicatori e determinanti socioeconomici di salute che influenzano l’esercizio del diritto alla salute dei residenti.
I risultati del rapporto mettono in luce un divario notevole tra gli indicatori delle due popolazioni. Ad esempio, è stato rilevato che, in media, l’aspettativa di vita dei Palestinesi è di circa 10 anni inferiore rispetto a quella degli Israeliani. Inoltre, nei Territori palestinesi, la mortalità infantile (18,8 nati morti ogni 1.000 nati vivi) è cinque volte più elevata rispetto a quella registrata in Israele (3,7), mentre la mortalità materna si attesta a 28 decessi ogni 100.000 nascite (il quadruplo rispetto a quella israeliana).
Il divario si estende anche ai finanziamenti e al numero di dipendenti riservati al sistema sanitario palestinese, nonché ai servizi erogati da quest’ultimo. Ad esempio, la spesa nazionale per la salute pro capite nei Territori palestinesi è di circa un ottavo rispetto a quella israeliana. Sempre in Israele, il tasso di medici pro capite (3,33 ogni 1.000 abitanti) è superiore a quello palestinese (2,08), così come il tasso di medici specializzati (1,76 contro lo 0,22) e quello degli infermieri (4,8 contro l’1,9). Si è altresì scoperto che alcuni vaccini vengono somministrati solamente in Israele – come le vaccinazioni contro l’epatite A, la varicella, la polmonite, il rotavirus il e il virus del papilloma umano – sebbene le malattie infettive siano molto più comuni nei Territori palestinesi.
Il rapporto esamina, inoltre, i meccanismi di controllo israeliani che impediscono al Ministero della Salute palestinese (il quale non è esente da colpe) di fornire servizi sanitari completi ai suoi cittadini, compromettendone così le condizioni di salute. Tra i suddetti meccanismi rientrano non solo le limitazioni alla libertà di circolazione dei pazienti, del personale medico e dei farmaci, ma anche la gestione del budget palestinese (inclusi i fondi destinati alla sanità) da parte del governo israeliano, ad esempio attraverso il controllo delle imposte doganali relative alle merci importate. Israele ricorre spesso a tali espedienti e nega all’Autorità palestinese l’accesso ai fondi come misura punitiva. Interferendo con i finanziamenti stanziati alla sanità, Israele condanna l’intero sistema sanitario palestinese all’incertezza.
Secondo quanto emerge dal rapporto, la cronica crisi che affligge il sistema sanitario palestinese, impedendo l’erogazione di servizi adeguati alle esigenze della popolazione, è in larga parte legata al controllo israeliano dei Territori palestinesi. Nonostante gli accordi di Oslo abbiano acceso un barlume di speranza, la realtà dei fatti è che, da ben due decenni, due popoli diversi vivono nello stesso territorio e sotto lo stesso governo, ma non godono degli stessi diritti.
Mor Efrat, coordinatrice del Dipartimento dei Territori Occupati di Medici per i Diritti Umani-Israele, dichiara: “Il Ministero della Sanità palestinese ha il dovere di garantire il miglior servizio sanitario possibile ai cittadini. Tuttavia, spetta a Israele fornire tutti i servizi che vanno oltre le possibilità del suddetto Ministero, affinché un bambino palestinese e uno israeliano, che vivono a poche centinaia di metri l’uno dall’altro, possano ricevere le stesse cure mediche.”
LEGGI IL REPORT