“Possiamo controllare i nostri conti bancari in un attimo sui telefonini. Possiamo controllare il traffico in tempo reale. Possiamo controllare la quotazione di mercato di qualunque società in tutto il mondo”.
Democrazia: una conquista quotidiana
Possiamo controllare i nostri conti bancari in un attimo sui telefonini. Possiamo controllare il traffico in tempo reale. Possiamo controllare la quotazione di mercato di qualunque società in tutto il mondo. Possiamo scattare una foto e inviarla a milioni di amici in un attimo. Possiamo comprare e vendere di tutto ventiquattrore su ventiquattro. Eppure nulla di tutto questo ci dà alcun potere, nessuno di questi progressi ha direttamente dato più potere alla popolazione in generale. Noi, come esseri umani, non abbiamo acquisito alcun potere politico con l’avanzamento della tecnologia. I processi democratici, per esempio, sono rimasti quasi invariati nel corso degli ultimi 50 anni, un periodo di grande sviluppo tecnologico e di enorme espansione economica. Votare rimane ancora uno dei più complicati processi amministrativi, apparentemente senza alcun motivo logico. Un accordo segreto sul commercio, il TTIP (Trans-Pacific Partnership), continua ad essere negoziato proprio ora tra i rappresentanti dei governi e quelli delle multinazionali, negoziati tenuti segreti persino al Congresso degli Stati Uniti. Ovunque nel mondo, la maggior parte delle società ha fatto ben poco per sviluppare una più diretta partecipazione al processo decisionale da parte della maggioranza dei propri elettori, mentre al contrario la comunità industriale è in grado di comprare e vendere di tutto in tutto il pianeta.
Il concetto di partecipare alle elezioni ha generalmente perso la propria forza, e il processo di selezione che rappresenta è antiquato e incivile. Queste cosiddette campagne elettorali sono ormai diventate competizioni per il miglior spettacolo da starlet, campagne di marketing il cui intento è vendere un prodotto specifico piuttosto che dedicarsi alle problematiche affrontate dalla maggior parte delle persone: lavoro, accesso alla salute, povertà, istruzione, immigrazione, accesso ad Internet, ecc.
Amy Goodman, conduttrice del programma radio Democracy Now, parlando a New York il 17 febbraio 2015 del legame tra media indipendenti e democrazia, ha affermato tra l’altro: “Perché è importante parlare di media indipendenti? Dobbiamo aprire lo spazio pubblico a una discussione sulle questioni critiche del giorno: guerra e pace, vita e morte. Venir meno a questo impegno rappresenta un cattivo servizio per i nostri militari, uomini e donne di questo paese, che non possono avere questi dibattiti nelle basi militari, e quindi dipendono da noi della società civile per queste discussioni sul fatto che debbano vivere o morire, se debbano essere mandati a uccidere o essere uccisi: non farlo è un disservizio a una società democratica. Queste sono le questioni in gioco oggi, guerra e pace, l’ambiente, la disuguaglianza crescente tra ricchi e poveri. Abbiamo una maggioranza zittita dal sistema dei grandi media, questi media che mentre non permettono la discussione sul cambiamento climatico, riempiono le giornate parlando di condizioni meteo drammatiche.
Oggi abbiamo con noi Pablo Iglesias di Podemos, un partito-movimento che un anno fa non esisteva e conta adesso quattro eletti al Parlamento europeo con oltre 1,2 milioni di voti e che probabilmente fornirà il prossimo primo ministro spagnolo. E se vi dite che è impossibile, guardate cosa è successo in Grecia. Questi media di base, Internet, questi sono l’ossigeno della democrazia. La democrazia non è acquisita una volta per tutte: è una conquista quotidiana”.
I risultati delle elezioni in Grecia il 25 gennaio arrivano accompagnati da grande speranza, è la vittoria del primo governo anti-austerità europeo. Syriza, un partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, ha vinto abbondantemente, con circa il 36% dei voti, un otto percento di distacco sul partito rivale più vicino. Quali sono le garanzie che questo governo manterrà le promesse? Quale meccanismo possono utilizzare i cittadini per tenere in riga gli eletti e fare in modo che compiano ciò per cui sono stati eletti? Questo è il problema della nostra democrazia unidirezionale: abbiamo pochissime risorse per tenere sotto controllo i politici e solo il futuro ci dirà se faranno il lavoro per il quale sono stati eletti. (Forse ci vorrebbe una “clausola di reso” dopo un breve periodo di prova).
L’effetto delle dimostrazioni di PODEMOS in Spagna è interessante: spinge la democrazia ad un nuovo livello di rappresentanza e partecipazione. Questo concetto di partito-movimento è molto dinamico. Costruito sulla base di assemblee e sull’impegno degli Indignados e del movimento M15, ha la capacità di trasformarsi da movimento di reazione per diventare il principale leader politico, mobilitando milioni di elettori e mantenendo vivo l’impegno delle persone anche dopo le elezioni. Questo rappresenta realmente un passo avanti verso una democrazia più diretta.
Ma perché ci riallacciamo alla democrazia solo come ultima risorsa, anziché utilizzarla per costruire il futuro dell’umanità e definire le condizioni in cui vogliamo vivere? Nel mondo di oggi la democrazia dovrebbe funzionare per tutti, ogni secondo di ogni giorno. Serve una democrazia globale, allargata al mondo del lavoro e ai sistemi di produzione. La gente dovrebbe avere diritto di partecipazione e di rappresentanza in ogni attività umana, in ogni importante decisione che abbia impatti sulla propria vita. Abbiamo la tecnologia per farlo, dobbiamo solo avere la lungimiranza e la forza di volontà per renderlo una realtà.
Traduzione dall’inglese di Giuseppina Vecchia per Pressenza