“La lotta per impedire la riforma Giannini”

“Il governo Renzi è inciampato nella riforma scolastica Giannini: colpiamolo a morte!Costituire Organizzazioni Popolari in ogni scuola, università e istituto di ricerca!”

 

 

Comunicato CC 13/2015 – 18 maggio 2015

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La mobilitazione per impedire la riforma Giannini presenta condizioni particolarmente favorevoli alla nostra lotta!

Osare lottare! Osare puntare alla vittoria!


Il governo Renzi è inciampato nella riforma scolastica Giannini: colpiamolo a morte!

Costituire Organizzazioni Popolari in ogni scuola, università e istituto di ricerca!

Coordinarsi con le Organizzazioni Operaie delle aziende capitaliste e con le Organizzazioni Popolari territoriali e delle altre aziende pubbliche!

Che tutte le Organizzazioni Operaie e Popolari intervengano a sostegno della lotta contro la riforma Giannini!

I comunisti (studenti, insegnanti, impiegati e ricercatori) devono costituire assieme nella clandestinità Comitati di Partito in ogni scuola, università e istituto di ricerca!

La lotta nella scuola e le elezioni di fine mese: due avvenimenti che nelle prossime settimane rafforzeranno il movimento per la costituzione del Governo di Blocco Popolare che ha i suoi centri motori nelle aziende capitaliste e pubbliche!



La resistenza degli studenti, degli insegnanti, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario e dei ricercatori all’ulteriore smantellamento della scuola pubblica svolge e svolgerà un ruolo importante nella lotta contro l’accoppiata Bergoglio-Renzi e più in generale nella lotta per portare le masse popolari a organizzarsi e coordinarsi a livello nazionale fino a costituire un proprio governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare e farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia.

Il governo Renzi si è liberato della stampella Berlusconi. La Corte Pontificia si è avvalsa di essa (Patto del Nazareno) per dare apparenza democratica (di conformità alle procedure e alle regole della democrazia borghese, versione Repubblica Pontificia) all’investitura e ai primi passi del nuovo cavallo su cui essa ha puntato per salvaguardare la Repubblica Pontificia. L’esito delle elezioni generali del febbraio 2013, con la crescita del numero degli astenuti e l’affermazione del M5S di Beppe Grillo, aveva mostrato che i vertici della RP hanno difficoltà crescenti a controllarne l’esito: meglio quindi non far passare Renzi attraverso la prova di elezioni generali. Berlusconi ha accettato di fornirgli la stampella per motivi analoghi a quelli per cui a fine 2011 aveva accettato di dimettersi da capo del governo e Renzi ha potuto formare il suo governo e imporre il suo programma con i voti favorevoli di Camera e Senato, anche se non aveva avuto alcuna convalida elettorale. Ottenuto questo risultato, i vertici della RP hanno congedato Berlusconi con solide garanzie che le ricchezze sue e dei suoi complici non saranno toccate e che i loro reati e i loro delitti resteranno impuniti. È quindi diventata più evidente la divisione dei compiti tra la Corte Pontificia e il governo Renzi. Ora però l’accoppiata Bergoglio-Renzi è alla prova dei fatti, deve dimostrare ai vertici della RP e alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti di essere all’altezza dei compiti che ha assunto.

Alla riduzione dei diritti dei lavoratori e al peggioramento delle loro condizioni salariali e normative (Jobs Act e affini) e allo smantellamento delle autonomie locali e della relativa autonomia delle singole istituzioni della Repubblica Pontificia (riforma del senato, legge elettorale per la camera, presidenza della repubblica, corte costituzionale, autorità  varie), ora il governo Renzi-Bergoglio vuole a ogni costo aggiungere la “riforma della scuola”.

Perché la vuole a ogni costo nonostante i rischi che comporta?

La riforma scolastica non è una “libera scelta”. Per il contenuto che aveva assunto, per la struttura che aveva acquisito e per le dimensioni che aveva raggiunto il sistema dell’istruzione pubblica universale e gratuita era una delle più importanti conquiste strappate nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria dalle masse popolari dei paesi imperialisti. Per le conoscenze che forniva, per l’educazione che dava, per i metodi dell’insegnamento e i rapporti tra allievi e insegnanti, per il reclutamento del corpo insegnante e per l’accesso e la selezione degli allievi, esso aveva sempre conservato i limiti dovuti al marchio borghese da cui non aveva potuto liberarsi perché l’intera società non se n’era liberata. Tuttavia era stato un passo in avanti importante verso l’accesso della massa della popolazione alle attività superiori che in tutte le società divise in classi le classi dominanti riservano a se stesse, da cui escludono le classi oppresse. Il progresso compiuto nella formazione delle coscienze nei paesi imperialisti era per di più connesso al progresso compiuto nei paesi oppressi dal sistema imperialista e nel progresso epocale elaborato nei paesi socialisti. Non è un caso che negli anni ’60 e ’70, al culmine del periodo del “capitalismo dal volto umano”, le scuole e le università furono il focolaio di un movimento politico generale (il sessantotto) che ha segnato il periodo. I materialisti volgari travisano il materialismo storico e dialettico di Karl Marx, riducono il ruolo fondante della società e motore del suo sviluppo che ha l’attività economica alla semplice questione del reddito individuale, lo concepiscono grettamente al modo dei borghesi (quanto prendo? cosa ci guadagno? ecc.). Quindi non comprendono il ruolo e l’importanza che nello sviluppo della società umana e dell’individuo ha assunto e svolge la coscienza. Quindi sottovalutano o trascurano del tutto il ruolo del sistema educativo e dell’istruzione, del lato spirituale e della coscienza che è nato dall’attività economica e che oggi la determina: la rivoluzione politica dà il via alla trasformazione dell’economia.

Ai nostri lettori che hanno la volontà di raggiungere una comprensione superiore dell’argomento, consigliamo la lettura di due scritti di Antonio Gramsci, Uomini o macchine? (in Avanti! edizione piemontese 24 dicembre 1916, reperibile con note esplicative in www.nuovopci.it/classic/gramsci/uomacc.htm) e Osservazioni sulla scuola: per la ricerca del principio educativo (Quaderni del carcere, quaderno 12 testo 2, reperibile con note esplicative in www.nuovopci.it/classic/gramsci/oscuola.htm). Due scritti appartenenti a fasi profondamente diverse della vita di Gramsci (prima e dopo l’assimilazione del leninismo), ma anche per questo ricchi di insegnamenti sul ruolo della scuola e del sistema dell’istruzione pubblica nei paesi capitalisti – mentre il primo tratta di problemi inerenti alla scuola italiana retta dalle riforme Casati (1860) e Coppino (1877) nella fase ascendente della società capitalista, il secondo riguarda la riforma Gentile (1923) che attraverso la media unica introdotta nel 1962 avrebbe retto la scuola italiana fino alla devastazione sancita dalla “riforme” in corso. È esaminando la riforma Gentile, che Gramsci mostra la decadenza della società capitalista e come essa si ripercuota sulla scuola e quindi la connessione scuola – lotta di classe. Ne riportiamo un brano.

Nella scuola attuale [riforma Gentile: lo scritto di Gramsci è del 1932, ndr], per la crisi profonda della tradizione culturale e della concezione della vita e dell’uomo, si verifica un processo di progressiva degenerazione: le scuole di tipo professionale, cioè preoccupate di soddisfare interessi pratici immediati, prendono il sopravvento sulla scuola formativa, che non persegue interessi e impieghi immediati. L’aspetto più paradossale è che questo nuovo tipo di scuola appare e viene propagandata come democratica, mentre invece essa non solo è destinata a perpetuare le differenze sociali, ma a cristallizzarle in forme cinesi [la Cina nei pregiudizi europei di allora era per antonomasia la società immutabile, ndr].

La scuola tradizionale [Casati – Coppino, ndr] è stata oligarchica perché destinata alla nuova generazione dei gruppi dirigenti, generazione destinata a sua volta a diventare dirigente: ma non era oligarchica per il modo del suo insegnamento. Non è l’acquisto di capacità direttive, non è la tendenza a formare uomini superiori che dà l’impronta  sociale a un tipo di scuola. L’impronta sociale è data dal fatto che ogni classe sociale ha un proprio tipo di scuola, destinato a perpetuare in queste classi una determinata funzione tradizionale, direttiva o strumentale.

Se si vuole spezzare questa trama, occorre dunque non moltiplicare e graduare i tipi di scuola professionale, ma creare un tipo unico di scuola preparatoria (elementare-media) che conduca il ragazzo fino alla soglia della scelta professionale, formandolo nel frattempo come persona capace di pensare, di studiare, di dirigere o di controllare chi dirige.

Il moltiplicarsi di tipi di scuola professionale tende dunque a eternare le differenze tradizionali, ma siccome, in queste differenze, tende a suscitare stratificazioni interne [e un individuo può passare da uno strato all’altro, ndr], ecco che fa nascere l’impressione di una sua tendenza democratica. Manovale e operaio qualificato, per esempio; contadino e geometra o piccolo agronomo; ecc. Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un operaio manovale diventa operaio qualificato, ma che ogni “cittadino” può diventare “governante” e che la società lo pone, sia pure “astrattamente” [per quanto sta nella scuola, astraendo quindi dalle altre condizioni sociali necessarie per diventarlo, ndr], nelle condizioni generali di poterlo diventare; la democrazia politica tende a far coincidere governanti e governati (nel senso del governo col consenso dei governati), assicurando a ogni governato l’apprendimento gratuito della capacità e della preparazione tecnica generale necessarie al fine.

Ma il tipo di scuola che [con la riforma Gentile, ndr] si sviluppa come scuola per il popolo, non tende neanche più a mantenere l’illusione, poiché essa si organizza sempre più in modo da restringere la base del ceto governante tecnicamente preparato, in un ambiente sociale politico che restringe ancor più l’“iniziativa privata” [cioè la possibilità che l’individuo, per qualche motivo intellettualmente molto attivo, ordini per conto suo e con l’aiuto spontaneo dell’ambiente sociale in cui vive, il bagaglio delle informazioni incamerate, ndr] nel senso di dare questa capacità e preparazione tecnico-politica, in modo che si ritorna in realtà alle divisioni di “ordini” giuridicamente fissati e cristallizzati, più che al superamento delle divisioni in classi: il moltiplicarsi delle scuole professionali sempre più specializzate fin dall’inizio della carriera degli studi è una delle manifestazioni più vistose di questa tendenza.

Chi studierà i due testi di Gramsci capirà a fondo i motivi ispiratori della controriforma che la borghesia imperialista e il clero stanno attuando nella scuola di ogni ordine e grado. Per riprendere in mano la direzione della società dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, nel contesto della crisi generale del capitalismo, la borghesia imperialista e il clero dovevano e devono distruggere l’ordinamento dell’istruzione pubblica quale si è formato nel periodo del “capitalismo dal volto umano” nei paesi imperialisti, quando la borghesia si sentiva minacciata dal movimento comunista che avanzava in tutto il mondo. In ogni paese europeo la trasformazione dell’istruzione pubblica è un aspetto importante degli sforzi disperati della borghesia imperialista e del suo clero per protrarre l’esistenza del loro potere nonostante la crisi generale del capitalismo: è una componente importante del loro sistema di controrivoluzione preventiva e della ricerca forsennata di valorizzare il capitale accumulato in quantità enorme.

Il nostro paese segue lo stesso corso degli altri paesi imperialisti, con le particolarità che derivano dalla sua natura fuori del normale: infatti la Repubblica Pontificia per la sua natura è un regime unico al mondo. La riforma Giannini continua e aggrava la trasformazione del sistema nazionale dell’istruzione pubblica (scuole di ogni ordine e grado, dalla scuola materna alla scuola superiore, università, istituti di ricerca) che la Repubblica Pontificia ha messo in cantiere a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. I passaggi particolarmente importanti di questa trasformazione portano i nomi dei ministri Luigi Berlinguer (1996-2000, governi Prodi e D’Alema), Letizia Moratti (2003, governo Berlusconi), Maria Stella Gelmini (2008-2011, governo Berlusconi), Stefania Giannini (governo Renzi). Quindi anche in questo campo ha dominato e domina il sistema delle larghe intese, del “programma unico” della borghesia imperialista. Prodi, Amato, Berlusconi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi: cambiano i nomi dei capi dei governi, ma la musica resta la stessa, la destra  dirige l’orchestra e la sinistra borghese piagnucola e si trasforma in destra moderata a rimorchio della destra.

La trasformazione del contenuto e della struttura dell’istruzione nazionale mantiene lungo gli anni caratteri e indirizzi fissi, lo stesso filo conduttore: riduzione del sistema pubblico a vantaggio della scuola clericale (potere della Chiesa) e privata (impresa capitalista fornitrice di servizi); riduzione generale dei finanziamenti statali e spostamento di una percentuale crescente di essi alle istituzioni clericali; gestione manageriale (ossia scimmiottando nell’istituzione pubblica la gestione dell’impresa capitalista) delle residue istituzioni pubbliche (il bilancio finanziario dell’istituto scolastico sostituisce il risultato scolastico come metro di giudizio della gestione dell’istituto); riduzione del sistema di istruzione a scuola professionale (l’insegnamento di un mestiere si sviluppa a detrimento dell’educazione a pensare e alle altre attività superiori monopolio delle classi dominanti da quando esse esistono); l’istruzione deve diventare una merce come ogni altro servizio alla persona (ognuno acquista l’istruzione che può permettersi a secondo dei soldi di cui dispone: reddito, proprietà, prestiti, borse di studio).

L’indirizzo della riforma che il governo Renzi-Bergoglio vuole imporre quindi non è nuovo, ma l’accoppiata Bergoglio-Renzi è inciampata nella riforma Giannini e deve far fronte a condizioni particolarmente sfavorevoli. Di converso la lotta degli studenti, degli insegnanti, del personale non insegnante (amministrativo, tecnico, ausiliario) può svolgere un grande ruolo per renderle il paese ingovernabile e aprire la strada alla costituzione del GBP.

Perché il governo Renzi-Bergoglio è inciampato nella riforma scolastica Giannini benché questa segua lo stesso filo di quelle che i governi precedenti, da Prodi a Berlusconi, hanno imposto?

Perché l’accoppiata Bergoglio-Renzi si è posta e deve porsi obiettivi più ambiziosi dei suoi predecessori, mentre i margini di manovra economica e politica che la crisi generale del capitalismo e le manovre e le richieste dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti impongono alla RP si sono fatti più stretti e i tempi di esecuzione più brevi.

La Repubblica Pontificia deve contribuire alle guerre, agli intrighi, alle imprese criminali e alle manovre sovversive della NATO e delle altre istituzioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Ognuna di queste imprese, oltre alle risposte esterne, suscita suoi oppositori all’interno. Ognuna delle imprese criminali, delle manovre sovversive e delle guerre che la RP è costretta a condurre all’estero, lede gli interessi ora dell’una ora dell’altra delle fazioni del vertice (basta pensare alle concessioni per estrazione di petrolio e al mercato delle armi).

Contemporaneamente i vertici della RP sono dilaniati da una moltitudine di contrasti interni che l’energica azione di trasformazione che l’accoppiata Bergoglio-Renzi si è proposta di fare ed è la sua ragion d’essere, rende più acuti di quanto lo siano mai stati nelle vita decennale della RP.

1. L’eliminazione della relativa autonomia di cui godeva ognuna delle molte istituzioni centrali e locali della RP per sottometterle tutte ad un unico centro decisionale, suscita resistenze accanite, aperte ma più spesso subdole e trasversali, da parte di ogni istituzione, dei suoi titolari e dei suoi funzionari che difendono ognuno le sue prerogative e i suoi interessi e clienti (vedi le sentenze della Corte Costituzionale sulla legge elettorale Porcellum o sulla riforma Fornero delle pensioni, vedi l’ISTAT che sulla situazione economica sistematicamente smentisce il governo, ecc.): la politica-spettacolo si presta a un’infinità di manovre e di colpi. La Repubblica Pontificia per alcuni decenni ha comperato la collaborazione dei titolari e dei funzionari concedendo privilegi e impunità, concedendo feudi di caccia riservata, creando un sistema generale di corruzione e di ricatti la cui origine e vastità desta meraviglia (l’UE paga un deputato italiano al Parlamento europeo il triplo di quello che paga un deputato tedesco perché ognuno è pagato secondo la tariffa nazionale sua, ecc.) e restano incomprensibili a chi non ammette la natura unica della Repubblica Pontificia. Ora la crisi riduce la possibilità di proseguire e ancora più di espandere questo sistema, mentre il governo Renzi-Bergoglio ha bisogno di ridurre l’autonomia di ogni istituzione e in tempi brevi. Persino personaggi devoti alla Santa Sede come Enrico Letta e lo zio Gianni oramai lamentano di essere maltrattati.

 2. Diminuisce vistosamente il seguito e il prestigio di cui alcune delle fazioni e dei personaggi del vertice della RP godevano nel paese. La partecipazione alle elezioni degli elettori iscritti è uno degli indici. E non è neanche detto che i voti che la Chiesa ancora manovra e che ha tolto a Forza Italia e alla Lega Nord bastino a colmare il vuoto lasciato nel seguito delle clientele locali del PD dagli astenuti e dagli elettori M5S. Le elezioni amministrative del Trentino Alto Adige dell’11 maggio dicono che non bastano, mentre sono alle porte (31 maggio) elezioni in 9 regioni per un totale di circa 18 dei 47 milioni di elettori italiani, più vari comuni in altre regioni. Il tutto mette in difficoltà migliaia di giri clientelari grandi e piccoli.

La riforma scolastica Giannini cade in questo contesto. Essa crea condizioni straordinariamente favorevoli alla lotta per costituire il GBP, se noi comunisti sappiamo approfittarne e condurre le OO e OP ad approfittarne, quindi se rompiamo radicalmente con la mancanza di strategia e di volontà di vincere e instaurare il socialismo che ha caratterizzato i gruppi dirigenti del vecchio PCI, a partire da Togliatti.

Al malcontento e all’opposizione degli operai e degli altri dipendenti pubblici e privati si aggiungono ora l’opposizione e la mobilitazione di larghe masse di studenti, parenti, insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola e ricercatori: membri delle più diverse classi sociali ma accomunati dall’opposizione alle riforme scolastiche che la borghesia e il clero vogliono e devono imporre.

Inoltre nell’istruzione pubblica l’organizzazione sindacale presenta una combinazione particolarmente favorevole per i lavoratori e gli oppositori della riforma scolastica. Alcuni sindacati alternativi e conflittuali degli insegnanti e del personale non docente (Cobas e Unicobas in particolare) costringono con la loro iniziativa e intransigenza i sindacati di regime e corporativi (FLC-CGIL, CISL e UIL scuola, Gilda, SNALS) a rincorrerli per non perdere seguito, tessere, funzionari e cespiti.

Qui è inciampato il governo Renzi-Bergoglio. Anche i devoti di “Papa Francesco” sono sorpresi dell’avidità con cui la sua Chiesa vuole accrescere il suo dominio a spese della scuola pubblica e incominciano ad aprire gli occhi anche sul cinismo con cui “Papa Francesco” e la sua Chiesa accompagnano e assecondano le imprese criminali, le manovre sovversive e le guerre dei gruppi imperialisti, come fino a un secolo fa il missionario accompagnava e assecondava con innocue e pie parole e gesti il mercante e il soldato nell’“opera civilizzatrice” dell’uomo bianco tra i “popoli selvaggi”.

L’esito dello scontro dipende dalla convergenza tra gli oppositori alla riforma Giannini e gli altri fronti di opposizione. Ma più ancora che dallo sviluppo della protesta, dipende dallo sviluppo di una alternativa politica reale, cioè dallo sviluppo del movimento per la costituzione di un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Vale più che mai il dato di fatto che la borghesia e il clero non sono di per se stessi forti: sono gli operai e gli altri lavoratori che non fanno ancora valere la loro forza.

La borghesia e il clero non possono sottrarsi ai vincoli del sistema capitalista in crisi: da qui vengono sia i contrasti interni ai vertici della RP sia i contrasti tra questi e le varie classi delle masse popolari che la borghesia e il clero cercano di trasformare in contrasti delle molteplici parti delle masse popolari tra loro (servendosi del Matteo Salvini di turno alla Lega Nord e degli scimmiottatori del fascismo del secolo scorso).

La forza degli operai e degli altri membri delle masse popolari ovviamente non sta né nel loro numero né nella gravità dell’oppressione e dei colpi che subiscono e della catastrofe in cui sono coinvolti. Sta nella coscienza e nell’organizzazione. Sono queste che fanno del loro numero una forza politica, cioè una forza capace di dare al paese un ordinamento politico conforme agli interessi della massa della popolazione, quello di cui l’attuale società è da tempo gravida.

A questo corrisponde la nostra parola d’ordine: organizzarsi per costituire il GBP.

Coscienti di questo noi comunisti da una parte dobbiamo rafforzare le nostre file. Gli elementi avanzati delle masse  popolari e in particolare gli operai avanzati devono diventare comunisti, costituire in ogni ambiente nella clandestinità Comitati di Partito. Ciò che distingue i comunisti dagli oppositori anche più accesi, dai ribelli anche più disposti a battersi è che essi hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe sintetizzata nel marxismo-leninismo-maoismo. Grazie a questa trovano il modo di spingere sempre in avanti la lotta di classe, elaborano e lanciano in ogni ambiente e in ogni momento giuste parole d’ordine e pongono obiettivi che fanno avanzare la rivolta delle masse e ingrossano le file dei rivoltosi.

Il Comitato di Partito è in ogni ambiente lo Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria. La borghesia non riesce a eliminarlo e neanche a intimidirlo. Esso tramite gli organismi e la rete del Partito è in collegamento con tutti gli altri CdP, trae insegnamento dalla loro esperienza e conferisce ad essi la propria. Ne riceve la scienza con cui comprende le relazioni interne ed esterne dell’ambiente che deve dirigere. Questa scienza e le indicazioni del Partito lo rendono capace di elaborare e lanciare le giuste parole d’ordine e di orientare quanto di avanzato esiste tra le masse popolari della sua zona operativa ad avanzare verso la costituzione del GBP. Per questo diciamo a tutti quelli che vogliono diventare comunisti di formare, come primo passo, gruppi di studio del Manifesto Programma del Partito e di mettersi clandestinamente in contatto con il Partito. L’appello che abbiamo lanciato alcuni mesi fa (Comunicato CC 23/2014 – 6 luglio 2014 ai giovani delle masse popolari Non perdete tempo a imparare un mestiere che non farete! Imparate a fare la rivoluzione socialista!) rispecchia pienamente i compiti del momento.

D’altra parte noi comunisti dobbiamo mobilitare dovunque siamo capaci di arrivare tutti gli elementi avanzati. Dobbiamo promuovere la costituzione di Organizzazioni Operaie nelle aziende capitaliste e Organizzazioni Popolari nelle aziende pubbliche, nelle scuole, università e istituti di ricerca, nelle zone di abitazione. Dobbiamo promuovere il coordinamento tra essi. Dobbiamo orientare ogni OO e OP a mobilitarsi a costituire un proprio governo d’emergenza, il GBP e a rendere ingovernabile il paese ai vertici della RP con le mille iniziative di base onde costringerli a ingoiare la costituzione del GBP. La costituzione del GBP porta ad un livello superiore la lotta per instaurare il socialismo.

In particolare dobbiamo orientare le OO delle aziende capitaliste e le OP delle aziende pubbliche a uscire dalla loro azienda, a rivolgere l’attenzione e la loro attività all’esterno per organizzare e mobilitare. La lotta per stroncare la riforma Giannini e battere il governo Renzi-Bergoglio è anche la loro lotta. Il GBP può costituirsi e operare con efficacia e forza solo se è il centro di una rete di OO e OP diffuse sul territorio, capaci di prendere in mano se non tutti, gran parte dei gangli della vita economica e sociale del paese.

Questo è il nostro preciso piano d’azione che valorizza la lotta degli oppositori della riforma Giannini e offre ad essi la prospettiva della vittoria.

Gli operai avanzati devono diventare comunisti: in questo modo prendono in mano le sorti del paese, fanno della classe operaia la nuova classe dirigente del paese!

Tutti quelli che aspirano a diventare comunisti (operai, altri lavoratori, disoccupati, studenti, casalinghe, pensionati, immigrati) devono costituire ovunque, in ogni azienda capitalista, in ogni azienda pubblica, in ogni zona d’abitazione Comitati di Partito (CdP) clandestini.

I Comitati di Partito devono fare di ogni lotta rivendicativa e di ogni protesta una scuola di comunismo, devono approfittarne per far sorgere Organizzazioni Operaie in ogni azienda capitalista e Organizzazioni Popolari in ogni azienda pubblica e in ogni zona d’abitazione, per orientarle a coordinarsi tra loro fino a costituire il Governo di Blocco Popolare, farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e marciare verso l’instaurazione del socialismo.

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 Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it
 

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