“Per farla finita con la crisi economica, ambientale, intellettuale, morale e sociale, i comunisti devono mobilitare gli operai e le masse popolari a organizzarsi per costituire un proprio governo d’emergenza”.
Comunicato CC 15/2015 – 4 giugno 2015
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Per farla finita con la crisi economica, ambientale, intellettuale, morale e sociale, i comunisti devono mobilitare gli operai e le masse popolari a organizzarsi per costituire un proprio governo d’emergenza!
P.CARC e (n)PCI si rafforzano l’un l’altro nella lotta comune!
Presa di posizione del CC del (n)PCI
Perché abbiamo ritenuto e riteniamo necessario che nel nostro paese i comunisti formino due partiti distinti, il nuovo Partito comunista italiano [(n)PCI] e il Partito dei CARC: Comitati di Appoggio alla Resistenza (che le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo) – per il Comunismo [P.CARC].
Il Comitato Centrale del nuovo PCI saluta l’opera che la Direzione Nazionale del P.CARC ha lanciato e che culminerà nel IV Congresso nazionale del P.CARC del prossimo 13-14 giugno a Firenze. Il Congresso sanzionerà la decisione del P.CARC di assumere la costituzione del Governo di Blocco Popolare come obiettivo centrale della sua attività. È quello che oggi il P.CARC deve fare, per adempiere i compiti storici del movimento comunista e contribuire alla Guerra Popolare Rivoluzionaria in corso nel nostro paese che sfocerà nell’instaurazione del socialismo. A proposito della divisione dei comunisti in due partiti e della relazione tra i due, la Dichiarazione Generale (DG) preparata per il IV Congresso del P.CARC dice (cap. 3.1 e 3.2) molto giustamente e con precisione quanto segue.
3.1 Il P.CARC riconosce che la Carovana del (n)PCI, alla quale è sempre appartenuto e ha dato il suo contributo, è la maggiore e la migliore concentrazione del movimento comunista che esiste nel nostro paese. Riconosce che la concezione, la linea, i metodi e i criteri che hanno guidato la costruzione del (n)PCI sono fondamentalmente giusti, relativamente giusti. Riconosce e fa propri il bilancio dell’esperienza, l’analisi della situazione e la linea generale indicati dal (n)PCI nel Manifesto-Programma. Su questa base poggia l’opera comune del P.CARC e del (n)PCI nella lotta di classe. D’altra parte stante le condizioni della lotta di classe nel nostro paese, l’eredità che la prima ondata della rivoluzione socialista ci ha lasciato e le forme che la lotta per la rinascita del movimento comunista ha nel nostro paese, il P.CARC continuerà a utilizzare finché possibile quanto resta degli spazi di agibilità politica, conquistati dalla classe operaia e dal suo vecchio partito comunista con la Resistenza, per promuovere l’orientamento comunista delle masse popolari, per fare delle loro lotte spontanee una scuola di comunismo, per promuovere la mobilitazione e partecipazione delle masse popolari all’attività politica rivoluzionaria, cioè alla lotta per la costituzione del GBP come mezzo per arrivare a fare dell’Italia un paese socialista.
3.2 Nel 2005, in collegamento e nell’ambito della strategia della GPRdiLD che il (n)PCI conduce per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, il P.CARC si era assunto il compito di “promuovere, dirigere e organizzare la mobilitazione delle masse popolari a intervenire nella lotta politica borghese (elezioni e referendum, assemblee elettive, istituzioni, campagne d’opinione, mobilitazioni e scioperi nazionali, ecc.)”, non con l’obiettivo di fare la “sponda politica” delle masse popolari nelle istituzioni della Repubblica Pontificia per farle funzionare un po’ meglio, ma per far saltare uno dei pilastri su cui si regge il potere della borghesia nel nostro paese (il terzo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva: la partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia però in posizione subordinata e al seguito di suoi uomini e partiti).
A partire dal 2008, il P.CARC ha riconosciuto la linea del GBP indicata dal (n)PCI come giusta e conforme agli sviluppi della situazione economica e politica determinata dall’entrata della crisi generale nella fase acuta. Di fatto il P.CARC è sempre più passato da partito che mobilita le masse popolari a irrompere nelle istituzioni della democrazia borghese che reggono la Repubblica Pontificia a partito che opera per la costituzione del GBP, spinto dal fatto che
– si sono formate organizzazioni operaie e popolari autonome dalle forze borghesi, dai sindacati e dalle altre organizzazioni di massa del regime ed è cresciuto il distacco delle masse popolari dai partiti delle Larghe Intese e dalle istituzioni della Repubblica Pontificia (di cui l’aumento dell’astensionismo è una manifestazione),
– spinti dall’aggravarsi dei conflitti al loro interno, i vertici della Repubblica Pontificia stanno abolendo anche le forme della democrazia borghese (stanno facendo saltare il teatrino della politica borghese): hanno aggravato l’opera di elusione, aggiramento e violazione dei principi e dei dettami costituzionali che il regime democristiano aveva condotto per decenni; con l’innalzamento degli sbarramenti elettorali, le liste bloccate e le altre misure cosiddette “pro governabilità”, hanno posto limitazioni crescenti alla partecipazione delle masse popolari con liste autonome alle elezioni (anche quando ancora le indicono); siccome nonostante ciò le elezioni diventano sempre più un’incognita, per installare i governi delle Larghe Intese succedutisi dal 2011 a oggi hanno dovuto fare a meno della convalida elettorale e hanno fatto sistematicamente ricorso a colpi di mano (come il golpe bianco con cui sono corsi ai ripari dopo il successo del M5S alle elezioni politiche del 2013); hanno portato più a fondo l’esautoramento del Parlamento (ridotto a una camera di ratifica delle decisioni del governo) e delle assemblee elettive locali; fanno ricorso su scala crescente alla repressione (cariche della polizia, inchieste giudiziarie, sanzioni pecuniarie, legislazione speciale, limitazioni o privazioni della libertà personale) contro i movimenti popolari.
Con il suo IV Congresso, il P.CARC prende atto di questa trasformazione avvenuta sotto la spinta degli eventi e assume il compito di praticarla programmaticamente. Il IV Congresso conferma la validità delle Tesi del III Congresso salvo le parti superate da questa Dichiarazione Generale e dalle Risoluzioni complementari. Lo Statuto approvato dal III Congresso viene invece sostituito dal nuovo Statuto conforme a questa Dichiarazione Generale e alle Risoluzioni complementari, in particolare alla Risoluzione n. 2 che tratta del lavoro interno del P.CARC e della Riforma Morale e Intellettuale dei suoi membri e dei candidati a entrare nel Partito.
La decisione di costituire due partiti è uno dei tratti originali e nuovi della rinascita del movimento comunista nel nostro paese. È un tratto che merita chiarimenti e riflessioni. Essi sono importanti non solo per i comunisti della nuova generazione che vengono di giorno in giorno allargando le nostre file, ma anche per quelli che hanno vissuto il periodo in cui il proposito di costituire due partiti è maturato e i due partiti hanno preso forma, a dispetto dei fautori del “superamento della forma partito”, cioè dei fautori della tesi che i comunisti non dovevano più essere legati l’uno all’altro dalle relazioni ideologiche, politiche e organizzative esposte poco più di un secolo fa da Lenin (Che fare? -1902 e Un passo avanti e due indietro -1904) e al di là di ogni ragionevole dubbio confermate dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, ma dovevano regredire a un insieme di individui e gruppi che liberamente (nel senso di arbitrariamente e individualisticamente) si professano comunisti e al più sono connessi in rete.
Gettare oggi uno sguardo sul percorso compiuto nei circa trent’anni della nostra lotta serve a capire in maniera più feconda il ruolo che la nostra opera ha svolto nel corso delle cose, in alcuni casi e per alcuni aspetti anche al di là delle intenzioni e della coscienza individuali e della coscienza collettiva e delle intenzioni dichiarate degli individui che ne sono stati i protagonisti. Infatti anche nell’impresa che noi comunisti stiamo compiendo, come in altri campi dell’attività umana, per alcuni aspetti la pratica precede la teoria: ciò che facciamo ha aspetti di cui prendiamo coscienza solo in corso d’opera o addirittura a cose fatte.
I primi CARC si sono costituiti nel 1992 con l’obiettivo di ricostruire il partito comunista, dopo che la degenerazione del vecchio PCI aveva completato il suo corso e privato la classe operaia del suo partito e dopo il fallimento dei primi tentativi di ricostruirlo compiuti prima dai gruppi del movimento marxista-leninista (e in particolare dal Partito Comunista d’Italia – Nuova Unità negli anni ‘60) e poi dalle Brigate Rosse (negli anni ’70).
In Federico Engels – 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista (1995) il gruppo promotore dei CARC aveva enunciato (vedi capitolo V) le tre condizioni che si proponeva di creare per la ricostruzione del partito comunista: 1. formare compagni capaci di ricostruire il partito; 2. tracciare il programma del partito, il suo metodo di lavoro, l’analisi della fase e la linea generale del partito; 3. legare al lavoro di ricostruzione del partito gli operai avanzati (a queste ne venne poi aggiunta una quarta: creare la base finanziaria del nuovo partito).
Le pubblicazioni delle Edizioni Rapporti Sociali, la rivista Rapporti Sociali (fondata nel 1985) e il mensile Resistenza (fondato nel 1994), la pubblicazione delle Opere di Mao Tse-tung (che ci aiutò a comprendere gli apporti fondamentali del maoismo al marxismo-leninismo) sono testimoni dell’opera compiuta dal gruppo promotore dei CARC negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso.
Fu nel corso di quell’opera che i compagni in essa impegnati si resero conto che i comunisti nel nostro paese dovevano costituire non uno ma due partiti distinti per adempiere a due compiti entrambi indispensabili:
1. costruire lo Stato Maggiore della Guerra Popolare Rivoluzionaria (che è la strategia della rivoluzione socialista) con gli aspetti particolari di riforma intellettuale e morale (Concezione comunista del mondo e riforma intellettuale e morale in La Voce n. 47) che questo richiede ai comunisti del nostro paese dato che su di esso gravano la vittoria della Controriforma (secolo XVI), i limiti della rivoluzione borghese che portò alla costituzione nel secolo scorso del Regno d’Italia, la lunga degenerazione del vecchio PCI capeggiato prima dai revisionisti moderni e poi dalla sinistra borghese;
2. allargare e rafforzare la partecipazione delle masse popolari alla rivoluzione socialista facendo compiere ad esse un’esperienza pratica di lotta rivoluzionaria a partire dai pregiudizi riformisti che il lungo periodo di predominio dei revisionisti moderni e della sinistra borghese ha sedimentato tra di esse: la lotta delle masse popolari del nostro paese per emanciparsi dalla storica dipendenza economica, morale e intellettuale dal clero e dalla borghesia deve necessariamente assumere forme adeguate per superare questa eredità negativa.
Maturammo questa convinzione (come ben dice la DG del IV Congresso del P.CARC) sulla base dell’analisi delle condizioni della lotta di classe nel nostro paese, dell’eredità che la prima ondata della rivoluzione socialista ci ha lasciato e delle forme che la lotta per la rinascita del movimento comunista ha nel nostro paese, alla luce del bilancio dell’esperienza del movimento comunista internazionale. La linea per la rinascita del movimento comunista nel nostro paese posa sugli aspetti illustrati in maggiore dettaglio nei 4 punti che seguono.
1 – La ricostruzione del partito comunista in Italia si combinava con la rinascita del movimento comunista nel mondo. In Italia noi comunisti dovevamo far fronte anche al collasso subito nel mondo dal movimento comunista a causa dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, ondata iniziata nel 1917 con la vittoria della Rivoluzione d’Ottobre in Russia. Il declino del movimento comunista internazionale era precipitato dopo la svolta della Cina alla fine degli anni ’70 (quando la linea antimaoista patrocinata da Teng Hsiao-ping era diventata la linea del PCC), ma era incominciato a partire dal XX Congresso del PCUS nel 1956 (quando la linea patrocinata da Kruscev era diventata la linea del PCUS e aveva dato forza ai revisionisti in tutti i partiti comunisti). Quindi noi comunisti italiani non potevamo contare che dal movimento comunista internazionale ci venisse un aiuto come quello che il vecchio PCI aveva avuto dall’Internazionale Comunista né come quello che i comunisti russi avevano avuto a partire dalla loro nascita negli anni ’80 del secolo XIX con Plekhanov e il suo gruppo “Emancipazione del lavoro”.
2 – Noi dovevamo inoltre far fronte ai limiti particolari della trasformazione (della bolscevizzazione) che il Partito comunista, formato in Italia nel 1921 da una frazione del PSI, non aveva completato e con i risultati della Resistenza (1943-1945) sfociata alla fine degli anni ’40 del secolo scorso nella costituzione della Repubblica Pontificia e nel controllo dell’imperialismo USA: cioè dovevamo far fronte ai limiti della sinistra del vecchio PCI, cioè della sua parte più avanzata.
Nel nostro paese il primo Partito comunista è nato nel 1921 dalla scissione del PSI, partito caratterizzato dalla “incapacità rivoluzionaria” su cui non ritorniamo in questo contesto (rimandiamo alla dichiarazione della sua Sezione torinese Per un rinnovamento del Partito socialista del maggio 1920). Nel febbraio del 1926 Gramsci (Cinque anni di vita del partito) scriveva: “Il nostro partito è nato nel gennaio 1921, cioè nel momento più critico sia della crisi generale della borghesia italiana, sia della crisi del movimento operaio. Ma la scissione, se era storicamente necessaria ed inevitabile, trovava però le grandi masse impreparate e riluttanti. In tale situazione l’organizzazione materiale del nuovo partito trovava le condizioni più difficili. Avvenne perciò che il lavoro puramente organizzativo, data la difficoltà delle condizioni in cui doveva svolgersi, assorbì le energie creatrici del partito in modo quasi completo.
I problemi politici che si ponevano, per la decomposizione da una parte del personale dei vecchi gruppi dirigenti borghesi, dall’altra per un processo analogo del movimento operaio, non poterono essere approfonditi sufficientemente. Tutta la linea politica del partito negli anni immediatamente successivi alla scissione fu in primo luogo condizionata da questa necessità: mantenere strette le file del partito, aggredito fisicamente dalla offensiva fascista da una parte e dai miasmi cadaverici della decomposizione socialista dall’altra.
Era naturale che in tali condizioni si sviluppassero nell’interno del nostro partito sentimenti e stati d’animo di carattere corporativo e settario [sintetizzati nell’orientamento di Bordiga, ndr]. Il problema generale politico, inerente all’esistenza e allo sviluppo del partito non era visto nel senso di una attività per la quale il partito dovesse tendere a conquistare le più larghe masse e ad organizzare le forze sociali necessarie per sconfiggere la borghesia e conquistare il potere, ma era visto come il problema dell’esistenza stessa del partito”.
In sostanza la formazione del PCI era avvenuta su spinta dell’Internazionale Comunista, quindi non era principalmente il risultato di una lotta tra due linee condotta apertamente coinvolgendo tutto il corpo del partito socialista, analoga a quella condotta da Lenin e dai suoi seguaci nel movimento socialdemocratico russo e sfociata nella formazione del partito bolscevico nel 1912. Per di più la fondazione del PCI avvenne in condizioni tali per cui il nuovo partito fu assorbito dalla necessità di difendersi dall’offensiva fascista, ricostruire gli organismi dirigenti e tenere assieme quanto più possibile delle masse popolari. Quindi il nuovo partito trascurò i problemi di concezione, analisi e linea necessari alla trasformazione “di un partito europeo di tipo vecchio, parlamentare, riformista di fatto e con appena una spruzzatina di colore rivoluzionario, in un partito di tipo nuovo, realmente rivoluzionario e realmente comunista” (Lenin, Note di un pubblicista – febbraio 1922).
Dopo l’arresto di Gramsci nel novembre 1926 la trasformazione del Partito per diventare un partito comunista all’altezza del suo compito (vedi in proposito le indicazioni della IC nel discorso di Lenin Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale – novembre 1922) non ha avuto seguito, nonostante l’affiliazione alla Internazionale Comunista e l’eroica resistenza al fascismo (1922-1943), la partecipazione alla Guerra di Spagna (1936-1939) e la promozione e direzione della Resistenza (1943-1945).
Il gruppo dirigente del Partito non ha assimilato il marxismo-leninismo e tanto meno quindi ne ha fatto il punto di partenza e la guida per capire le condizioni della rivoluzione socialista in Italia e definirne la linea: perfino le Tesi del Congresso di Lione (gennaio 1926) sono rimaste lettera morta. Il Partito era quindi del tutto impreparato a cogliere e sviluppare i frutti della Resistenza (in proposito vedasi Pietro Secchia e due lezioni, in La Voce n. 26, luglio 2007).
3 – A causa dell’estrema debolezza ideologica della sinistra del partito (cioè della parte più sinceramente votata alla rivoluzione socialista), dopo la svolta del 1956 (XX Congresso del PCUS) il predominio del revisionismo moderno nella direzione del PCI è stato sostanzialmente incontrastato: con l’VIII Congresso il PCI (dicembre 1956) sanzionò apertamente che l’adesione al marxismo-leninismo non era più condizione necessaria per appartenere al PCI (in concreto: si poteva essere membri del PCI e sinceri fedeli della Chiesa Cattolica Romana sottomessi o ricattati dalle sue gerarchie), aprendo senza più argine la strada all’influenza ideologica della borghesia e del clero nel partito (vedi la promozione di nuovi quadri borghesi alla Napolitano, Ingrao, ecc. e l’emarginazione dei dirigenti della Resistenza come Secchia, Alberganti, Vaia, ecc.).
Parimenti incontrastata è stata la successiva trasformazione dei revisionisti moderni in sinistra borghese. A differenza dei primi (Togliatti, Amendola, ecc.) che proclamavano l’obiettivo del socialismo ma non lo perseguivano, questa abbandonava anche la proclamazione del socialismo come obiettivo del PCI e ripiegava (con Enrico Berlinguer) sulla “questione morale”, su “un altro mondo possibile”, ecc., conferendo apertamente al PCI il ruolo di ala sinistra dello schieramento dei partiti borghesi.
All’inizio degli anni ‘60 il Partito Comunista Cinese (con la pubblicazione da parte del PCC di Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi nel dicembre 1962 e Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi nel febbraio 1963) lanciò nel movimento comunista internazionale la battaglia contro il revisionismo moderno che aveva eretto a linea generale la “via pacifica, elettorale e parlamentare al socialismo”. È sull’onda di questa battaglia che una parte della sinistra del PCI ruppe con la destra e formò i gruppi del movimento marxista-leninista che costituirono il PCd’I (Nuova Unità sotto la direzione di Fosco Dinucci). Questo però non oppose alla “via pacifica, elettorale e parlamentare al socialismo” patrocinata dai revisionisti una sua strategia: la successione dei passi da fare per arrivare posizione dopo posizione alla conquista del potere e all’instaurazione del socialismo. I gruppi marxisti-leninisti opposero ai revisionisti moderni e alla sinistra borghese una contestazione dogmatica che traeva la sua coscienza dall’esterno (dalla contesa sviluppatasi nel movimento comunista internazionale) ed era centrata sul ristabilimento dei principi del marxismo-leninismo apertamente rigettati dai revisionisti moderni. Essi non superarono i limiti che avevano reso la sinistra del vecchio partito incapace di far fronte con successo alla destra, non si liberarono mai da questi limiti, donde la loro sterilità.
Le Brigate Rosse con il loro progetto di ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata furono la prima organizzazione che non solo ruppe con i dirigenti revisionisti del PCI, ma oppose apertamente alla loro “via pacifica, elettorale e parlamentare al socialismo” una sua propria strategia, la lotta armata. Con questo le Brigate Rosse misero in evidenza il limite dei gruppi marxisti-leninisti, ma esse deviarono rapidamente verso il militarismo e questo portò alla loro sconfitta.
Il risultato è che nel nostro paese decine di migliaia, forse addirittura centinaia di migliaia di comunisti dichiarati e personalmente sinceri sono imbevuti o comunque influenzati dalle deviazioni che hanno caratterizzato prima i revisionisti moderni e poi la sinistra borghese. La sintesi di queste deviazioni è la riduzione del terreno di lavoro dei comunisti e della lotta della classe operaia alla lotta rivendicativa, alla partecipazione alle procedure e alle istituzioni della democrazia borghese e all’attività culturale con le premesse e i corollari di questa riduzione: negazione della lotta politica rivoluzionaria che ha come sbocco la costituzione di un nuovo Stato (la dittatura del proletariato) e in definitiva ripudio della lotta di classe come motore della trasformazione della società, negazione della divisione dell’umanità in classi sociali di sfruttati e sfruttatori, di oppressi e di oppressori e negazione della concezione comunista del mondo.
Il PCI aveva ricreato in tutto il paese un fitto tessuto di organismi operai e popolari (cellule, sezioni, case del popolo, camere del lavoro, circoli, cooperative, sindacati, associazioni, giornali, riviste, librerie, feste, ecc.) che prese il posto di quello creato dal PSI che il fascismo aveva distrutto e lo portò a un livello superiore per dimensioni e qualità. Le centinaia di migliaia di persone che componevano e alimentavano questo tessuto erano mosse da un orientamento comunista, dall’aspirazione ad instaurare il socialismo e dalla fiducia di poterlo instaurare. La sinistra borghese ha distrutto questo orientamento, questa aspirazione e questa fiducia, contando stupidamente di potersi servire ugualmente a tempo indeterminato di quel tessuto organizzativo per fare da “sponda politica” alle rivendicazione popolari nelle istituzioni della democrazia borghese. In realtà quel tessuto, a parte una piccola frazione che si è trasformata in tessuto affaristico (vedi il grosso delle cooperative), si è in gran parte disgregato. Questo spiega anche i motivi (incomprensibili, inspiegabili e quindi misteriosi per la sinistra borghese) per cui sono falliti e destinati al fallimento tutti i tentativi dei mille esponenti e gruppi della sinistra borghese di mantenere in vita o ricreare quel tessuto organizzativo senza la sua “anima rossa” (per servirsene ai fini della sua partecipazione alle istituzioni della Repubblica Pontificia, per fare da “sponda politica” della classe operaia e delle masse popolari nelle istituzioni della Repubblica Pontificia). Analogamente di fronte all’avanzare della crisi generale del capitalismo si disgregano gli organismi promotori della lotta rivendicativa (da qui la decadenza dei sindacati) e falliscono i tentativi di mantenerli in vita o farli risorgere senza la loro “anima rossa”.
4 – L’Italia non è “un paese normale” per un ben preciso motivo che la sinistra borghese rifiuta di riconoscere. Noi indichiamo con la sintetica espressione Repubblica Pontificia il sistema politico borghese che ha preso nel nostro paese il posto del fascismo. Esso ha comportato un rafforzamento dell’egemonia della Chiesa Cattolica e della Corte Pontificia sulla borghesia. Il Papato con la sua Chiesa hanno avuto in Italia un ruolo particolare, ben distinto da quello che ha avuto negli altri paesi anche europei, a partire dalla vittoria della Controriforma (XVI secolo) e lo ha conservato anche dopo l’unificazione del paese nel secolo XIX e durante il fascismo. A partire dalla fine degli anni ’40 di questo secolo, dopo la vittoria della Resistenza, la Corte Pontificia con il suo proprio apparato gerarchico (i vescovi, il clero regolare e secolare, gli affiliati delle associazioni laiche controllate dal clero) presente in tutto il paese, ha preso la direzione della struttura ufficiale dello Stato borghese. Essa ha lasciato che l’imperialismo USA (tramite la NATO e direttamente il governo USA con i suoi funzionari) avesse la supervisione delle Forze Armate e dei servizi segreti e in una certa misura anche della diplomazia, mentre controlla da vicino gli altri apparati dello Stato. Ma la Corte Pontificia e le sue istituzioni godono dell’extraterritorialità e dell’immunità, vescovi e preti non sono membri delle istituzioni statali salvo che come insegnanti nelle scuole pubbliche, membri di alcune commissioni consultive e di altre istituzioni minori. La direzione della Corte Pontificia e della sua Chiesa sulle istituzioni statali è effettiva e onnipresente, ma indiretta, occulta e irresponsabile secondo le tradizioni e nelle forme che la Chiesa Cattolica ha elaborato principalmente ad opera dei Gesuiti a partire dal secolo XVI (Roberto Bellarmino). La Chiesa Cattolica governa capillarmente il paese perché i suoi interessi sono svariati e diffusi in ogni campo, ma lo governa indirettamente, tramite la struttura dello Stato che ufficialmente non dipende dalla Chiesa. Quindi la Chiesa non si assume presso la popolazione la responsabilità dei risultati dell’azione e dell’inazione dello Stato, anche se è la Chiesa che detta quello che lo Stato può fare e quello che non può fare e presiede alla selezione dei suoi dirigenti, funzionari e dipendenti.
La religiosità delle masse popolari e anche la loro partecipazione ai riti e alle cerimonie della Chiesa Cattolica non sono in Italia maggiori di quello che sono in vari altri paesi. Ma in Italia si combinano con il potere politico della Chiesa e lo rafforzano. Per noi comunisti la lotta sul terreno ideologico contro la concezione clericale (monarchica, feudale) del mondo, in Italia si combina quindi con la lotta contro la vera ma occulta struttura politica del paese, sottostante alla crosta superficiale dello Stato laico. Nel nostro paese il “capitalismo dal volto umano” (l’insieme delle conquiste che le masse popolari hanno strappato alla borghesia imperialista atterrita dalla minaccia che l’avanzata del movimento comunista nel mondo faceva pesare su di essa) ha assunto i tratti dell’attuazione della “dottrina sociale” della Chiesa e la lotta contro il sistema politico borghese si è combinata quindi con la lotta per l’affermazione della concezione comunista del mondo contro la concezione clericale. Tutto ciò ha dato nuova forza all’eredità negativa sul piano intellettuale (dipendenza intellettuale, inerzia) e morale (doppia e tripla morale) che dall’epoca della Controriforma già caratterizzava il nostro paese con i conseguenti riflessi sulle masse popolari.
Il vecchio Partito comunista si era occupato solo marginalmente del ruolo politico della Chiesa Cattolica nella società italiana: sia per le lacune generali della sua formazione di cui si è detto sopra sia perché è solo dopo l’eliminazione del fascismo che la Chiesa Cattolica ha assunto il ruolo politico che ha oggi: la Repubblica Pontificia nasce alla fine degli anni ’40 del secolo scorso, dopo la vittoria della Resistenza e la liquidazione delle strutture che avevano condotto la Resistenza. Il ruolo della Chiesa Cattolica come Stato di ultima istanza sottostante allo Stato laico ufficiale e il ruolo degli USA limitatamente al campo diplomatico e militare sono aspetti nuovi del sistema politico borghese del nostro paese.
Il movimento comunista mira a una trasformazione generale del paese di cui la conquista del potere politico è il punto di partenza. Quindi la ricostruzione del Partito comunista doveva e deve tener conto delle caratteristiche specifiche della Repubblica Pontificia. Lo spazio che nel nostro Manifesto Programma è dedicato alla Chiesa Cattolica è il riconoscimento del ruolo che essa ha nella società italiana come struttura portante del potere politico. Il fatto che organizzazioni e partiti che pur si dicono rivoluzionari e perfino comunisti trascurino questi aspetti o che riducano la lotta politica contro la Chiesa Cattolica al solo terreno ideologico (lotta contro la concezione clericale del mondo, ateismo, ecc.), è una conferma della loro natura non comunista e non rivoluzionaria.
Noi comunisti quindi dovevamo far fronte a una situazione determinata dal collasso nel movimento comunista internazionale, dalla mancata trasformazione marxista-leninista del vecchio PCI, dalla costituzione della Repubblica Pontificia e dalla degenerazione dei revisionisti moderni in sinistra borghese. Con L’ottava discriminante (vedi La Voce n. 41) abbiamo acquisito anche i fondamentali apporti del maoismo (la conoscenza scientifica della linea di massa come metodo principale di direzione e di lavoro dei partiti comunisti, la lotta tra due linee nei partiti comunisti come indispensabile strumento del loro sviluppo, la riforma intellettuale e morale che i comunisti devono compiere per assolvere al loro ruolo, la natura particolare della borghesia che si forma nei paesi socialisti, la strategia universale della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata) che ci hanno permesso di elaborare la linea per la rivoluzione in un paese imperialista come è il nostro. La costituzione di due distinti partiti di comunisti fu ed è la soluzione adatta a far fronte a questa particolare situazione sinteticamente descritta nei 4 punti precedenti.
Avendo concluso che dovevano costituire due partiti, a partire dal 1999 i promotori dei CARC misero in opera la linea tracciata e si divisero in due parti.
Una parte dei membri del gruppo promotore dei CARC si staccò e costituì nella clandestinità la Commissione Preparatoria (CP) del Congresso di fondazione del Partito comunista (vedasi La Voce n. 1, marzo 1999). La sua opera ha portato alla costituzione nel 2004 del (nuovo) Partito comunista italiano per cui rimandiamo a La Voce n. 18, novembre 2004 Risoluzione della Commissione Preparatoria allargata e a La Voce n. 19, marzo 2015 Il nuovo partito comunista. Esso ha pubblicato il suo Manifesto Programma nel 2008 e ha tenuto il suo I Congresso alla fine del 2009 (vedi La Voce n. 34, marzo 2010). Chi vuole studiare la sua opera pubblica deve rifarsi a La Voce (giunta al n. 49 nel luglio di quest’anno), ai Comunicati CC, agli Avvisi ai Naviganti e al sito Internet www.nuovopci.it.
L’altra parte dei membri del gruppo promotore dei CARC ha costituito nel 2005 il Partito dei CARC (P.CARC) che terrà in giugno il suo IV Congresso (I Congresso nel 2007, II Congresso nel 2009, III congresso nel 2012). Resistenza, le pubblicazioni delle Edizioni Rapporti Sociali e il sito www.carc.it sono testimoni della sua opera nel campo della propaganda.
Quali la natura e i compiti dei due partiti?
La DG del IV Congresso del P.CARC dice bene cosa unisce i due partiti di comunisti: il bilancio dell’esperienza, l’analisi della situazione e la linea generale indicati dal (n)PCI nel Manifesto-Programma. Ma cosa li separa nel perseguimento dell’obiettivo generale (l’instaurazione del socialismo) e di quello di fase (la costituzione del Governo di Blocco Popolare)?
1. Il (n)PCI ha come suo terreno principale di lavoro il terreno strategico: la Guerra Popolare Rivoluzionaria che sfocerà nell’instaurazione del socialismo. Per questo partito la clandestinità non è qualcosa a cui ricorrere nell’eventualità che la borghesia metta fuori legge il partito comunista. È una condizione indispensabile fino alla vittoria della rivoluzione socialista e alla costituzione dello Stato della dittatura del proletariato. La deriva militarista in cui sono naufragate le Brigate Rosse ha creato in una parte importante delle masse popolari del nostro paese un pregiudizio contro la clandestinità, come se essere clandestini fosse sinonimo di azioni armate (“a cosa serve la clandestinità visto che non fate la lotta armata?” è una obiezione che ci viene correntemente fatta). Questo pregiudizio è alimentato ad arte dalla borghesia e dalla sinistra borghese, fa leva sul fatto che la grande maggioranza delle masse popolari non ha esperienza di lotta rivoluzionaria ed è un’arma per combatterci. Il nPCI ha dovuto e deve far fronte a questo pregiudizio: è uno scotto che dobbiamo pagare per la deriva militarista e la conseguente sconfitta delle Brigate Rosse negli anni ’70-‘80. I “partiti rivoluzionari nei limiti della legge” non tengono conto del regime di controrivoluzione preventiva che la borghesia imperialista ha costruito e delle condizioni necessarie per la costituzione e la vita di un partito rivoluzionario. Solo nella clandestinità i membri del partito possono creare l’ambito in cui collettivamente discutere ed elaborare le parole d’ordine rivoluzionarie discutendole fino in fondo in completa libertà (senza i limiti imposti alla libera discussione collettiva e alla partecipazione dei singoli dal controllo, dalla schedatura, dalla persecuzione e dalla minaccia incombente delle forze della repressione). Solo nella clandestinità il partito può creare le condizioni e accumulare gli strumenti necessari a portare le sue parole d’ordine sistematicamente alle masse popolari nella loro integralità e con la chiarezza necessaria a renderle comprensibili e a farle assimilare e attuare. Solo grazie alla clandestinità il partito può garantire la continuità della sua azione, quali che siano le decisioni, le manovre e le azioni criminali della classe dominante. Solo nella clandestinità il partito può costruire nel paese la rete capillare e centralizzata dei Comitati di Partito che assicura il legame sempre più stretto del partito con la classe operaia di cui il partito è reparto dirigente e da cui esso impara e, ad un altro livello, il legame con le altre classi delle masse popolari. Il (n)PCI con la sua rete di CdP fornisce alla lotta di classe lo Stato Maggiore della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata con cui la classe operaia fa la rivoluzione socialista.
Un’obiezione che ci viene spesso fatta è che l’esistenza dichiarata del (n)PCI clandestino è fonte di guai per il P.CARC che ne riconosce apertamente il ruolo di avanguardia nella lotta per il socialismo e per tutte le organizzazioni pubbliche che in qualche modo si ispirano alla linea tracciata dal (n)PCI. Questa tesi è formulata soprattutto da nemici della rivoluzione socialista, per fare terra bruciata attorno al (n)PCI. Ma la condividono anche persone che ci credono realmente. Essa implica in queste persone una ingenua fiducia nella borghesia e nel clero che il corso delle cose ha sistematicamente smentito e smentirà. Implica infatti l’ingenua fiducia che la borghesia, il clero e le loro autorità “rispetteranno la legalità”, si atterranno alle leggi e alla Costituzione del 1948 che hanno pervicacemente violato o eluso. In realtà l’esistenza del (n)PCI è una garanzia per il P.CARC e per tutte le organizzazioni pubbliche degli operai e delle masse popolari, è una tutela per esse contro la borghesia e il clero per i quali non a caso vedono la clandestinità del (n)PCI come il fumo negli occhi. La clandestinità del (n)PCI mette la borghesia e il clero davanti a un dilemma per loro insolubile: 1. reprimere il P.CARC e le organizzazioni pubbliche nella speranza di fare terra bruciata intorno al (n)PCI e addirittura eliminarlo (“prosciugare lo stagno”): ma in questo modo dimostrerebbero su grande scala che la clandestinità è giusta e accrescerebbero l’influenza e le fila del (n)PCI che rafforza il P.CARC e le organizzazioni pubbliche o 2. non reprimere il P.CARC e le organizzazioni pubbliche e limitarsi a controllarle: ma in questo modo permetterebbero che esse crescano e che il (n)PCI “peschi nello stagno”. Questa considerazione confortata dall’esperienza è la risposta anche a quelli che dicono “bisogna fare la clandestinità ma non proclamarla” (i promotori e fautori di società segrete). La propaganda della clandestinità è educazione delle masse alla lotta rivoluzionaria. L’esistenza del partito clandestino è propaganda di rivoluzione. Bisogna propagandare, far conoscere in ogni modo e su larga scala l’esistenza del partito clandestino.
In conclusione, già oggi il (n)PCI
1. lavora a promuovere la costituzione del Governo di Blocco Popolare,
2. costituisce il retroterra che la borghesia non è in grado di eliminare di tutte le organizzazioni che lottano per la costituzione del GBP e quindi in particolare anche del P.CARC,
3. predispone le condizioni per condurre con successo la lotta di livello superiore a cui la costituzione del Governo di Blocco Popolare darà inizio,
4. si dà i mezzi per condurre la rivoluzione socialista nel caso in cui nella lotta in corso prevalesse la mobilitazione reazionaria.
2. Il P.CARC ha come suo terreno principale di lavoro la raccolta, l’organizzazione, la mobilitazione e la formazione (intellettuale e morale) degli elementi avanzati della classe operaia, del resto dei lavoratori e delle masse popolari, partendo dalla loro condizione soggettiva (intellettuale e morale) immediata e diffusa. Solo partendo da questa i comunisti possono oggi portare gli operai avanzati a fare la rivoluzione socialista, facendo leva sui contrasti diretti che li oppongono alla borghesia imperialista, al clero della Chiesa Cattolica Romana e alla Repubblica Pontificia e portandoli a partecipare a una esperienza diretta di lotta politica rivoluzionaria (frequentare una scuola di comunismo).
Per la storia che abbiamo alle spalle sono ancora forti tra le masse popolari del nostro paese, anche nei loro elementi avanzati (quelli che in qualche modo già aspirano al comunismo e hanno già compreso che occorre un partito comunista; quelli che esercitano un ruolo dirigente sui loro compagni nelle lotte di difesa; quelli che in qualche modo si pongono il compito di unire e mobilitare i propri compagni di classe per risolvere i problemi specifici che via via devono affrontare; quelli che impersonano altre tendenze positive che si sviluppano tra le masse: le 4 categorie di elementi avanzati che abbiamo da tempo indicato), il riformismo conflittuale e rivendicativo e il riformismo elettorale. Le illusioni democratiche, la fiducia nello Stato della Repubblica Pontificia e nel suo governo come Stato e governo da cui dipende il proprio futuro e che si tratta di influenzare, migliorare e far piegare a sinistra (anziché spazzarli via sostituendolo con un proprio Stato e il suo governo): questi sono i tratti dominanti del “senso comune” degli operai e degli altri lavoratori avanzati, anche di quelli che si dichiarano comunisti.
Noi comunisti dobbiamo raccoglierli, valorizzarli, mobilitarli e trasformarli attraverso un movimento pratico
1. che parte dalla nostra coscienza e scienza comunista, ma prende atto dei loro pregiudizi, fa leva sulla loro necessità e volontà di difendere le conquiste e di strapparne altre e sulla loro necessità di resistere al procedere della crisi generale del capitalismo;
2. che li conduca a convincersi per loro esperienza diretta, attraverso un processo pratico di cui saranno protagonisti, che la rivoluzione socialista è l’unica strada realistica, efficace e possibile (fare scuola di comunismo).
Occorre quindi un partito di comunisti che sia adatto a far fare questa esperienza. Questo è il P.CARC.
Nel nostro paese esistono organizzazioni, la CGIL e la FIOM sono casi esemplari, dirette da uomini della borghesia o asserviti ad essa, ma che raccolgono buona parte degli operai, dei lavoratori e dei pensionati avanzati e con la falce e martello nel cuore. Esse sono ambito irrinunciabile di intervento per i comunisti. Questi quindi devono adottare le forme che sono più adeguate all’intervento in queste organizzazioni. La raccolta della base rossa e la sua trasformazione nel corso di un movimento pratico (scuola di comunismo) sono il terreno di lavoro e l’opera del P.CARC.
Nel nostro paese presso le masse popolari ancora oggi godono di prestigio e di seguito persone che hanno i tratti che hanno caratterizzato i revisionisti moderni prima e la sinistra borghese poi. Sono gli esponenti dei “tre serbatoi” (1. dirigenti della sinistra sindacale e dei sindacati alternativi e di base, 2. sinceri democratici della società civile (capi di associazioni, preti, ecc.) e amministratori democratici di enti locali (comuni, regioni, ecc.), 3. uomini politici esponenti della sinistra borghese non visceralmente anticomunisti). Essi oggi sono ancora i dirigenti delle masse popolari e delle loro organizzazioni piaccia o non piaccia ai “puri e duri”; è inutile lamentarsi del loro ruolo, delle loro arretratezze e attribuire il ruolo di questi personaggi all’arretratezza delle masse popolari: l’arretrato è il mondo che dobbiamo trasformare perché è gravido di quello che ancora non ha partorito, può diventare quello che ancora non è. La rinascita del movimento comunista passa attraverso la messa alla prova di questi dirigenti. I comunisti devono valorizzarli per la costituzione del GBP in modo tale che o si trasformano o perdono seguito e prestigio. Con la loro partecipazione al GBP dobbiamo produrre tra loro “la divisione dell’uno in due” e la sostituzione nel ruolo di dirigenti delle masse popolari dei comunisti agli esponenti dei tre serbatoi che non si trasformano.
Gli attuali dirigenti delle masse popolari saranno membri ed esponenti (consulenti, agenti, ecc.) del GBP. Ma il GBP non sarà un governo emanazione della classe dominante a cui essi parteciperanno come ministri, consulenti o agenti (come è stato da noi il governo Prodi e come è, a un livello diverso, il governo di Syriza in Grecia: il governo di un partito che non si è dato i mezzi della propria politica, mentre il GBP sarà il governo delle OO e OP che agiscono territorialmente come nuove autorità pubbliche). Il GBP sarà un governo
1. costituito per volontà, iniziativa e spinta delle OO e OP che si coordinano tra loro e sono orientate dai comunisti (i comunisti le dirigono direttamente o, all’inizio per lo più, indirettamente: l’attività di OO e OP è conforme al piano dei comunisti anche se OO e OP lo ignorano, sono i comunisti che predispongono i propri piani in modo che OO e OP di fatto siano i protagonisti della loro attuazione;
2. che le OO e OP faranno ingoiare ai vertici della RP rendendo ingovernabile (dai governi emanazione dei vertici della RP) il paese della cui governabilità i vertici della RP hanno però assoluto bisogno mentre non sono in grado di imporla solo con la forza militare di cui dispongono;
3. che opererà e sopravvivrà lottando contro vertici della RP e contro la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e darà a ogni OO e OP indicazioni e mezzi per condurre con successo la lotta contro di essi: il GBP sarà il dirigente della guerra contro condotta dalle OO e OP alla testa delle masse popolari su tutti i terreni e in tutti i campi in cui sarà a noi utile condurre la guerra (ad esempio: far assumere da subito in lavori utili dalle aziende esistenti e da quante si possono rapidamente creare tutti i disoccupati disposti a lavorare dando a ognuno un salario dignitoso; assegnare le case vuote della Chiesa, delle immobiliari, delle assicurazioni, delle banche e dei ricchi alle famiglie che sono state sfrattate e che comunque sono senza casa e farne fare una manutenzione adeguata; ristabilire subito tutti i servizi tagliati (elettricità, telefoni, acqua, ecc.); assicurare assistenza sanitaria, istruzione e servizi a tutti assumendo subito tutto il personale necessario; mobilitare i lavoratori delle grandi catene di distribuzione per garantire la stabilità dei prezzi; mobilitare le Forze Armate per far fronte a calamità naturali, lavori pubblici, servizi socialmente utili, ecc. ed epurare gli ufficiali che non collaborano facendo appello ai soldati; pagare funzionari e fornitori dello Stato con buoni di produzione del GBP che tutti sono obbligati ad accettare in pagamento di beni e servizi e che lo Stato accetta a pagamento di imposte, bollette e tariffe; usare gli euro circolanti nel paese e le altre riserve di valuta solo per scambi internazionali approvati dal GBP; bloccare banche e società finanziarie e riservarsi di decidere l’uso dei depositi e dei loro averi, mobilitare i funzionari e gli impiegati delle banche e delle finanziarie per fare osservare le decisioni e trattare chi le trasgredisce come si trattano i peggiori criminali e terroristi: queste e altre simili misure assicureranno l’appoggio dei lavoratori al GBP, il controllo del territorio e la collaborazione contro sabotatori e boicottatori e nello stesso tempo epureranno il GBP dagli elementi indecisi);
4. di cui le OO e OP indirizzeranno l’attività (il GBP darà forma e forza di legge alle misure indicate da OO e OP interessate, le renderà tra loro compatibili e sinergiche, ne coordinerà l’attuazione e fornirà a ognuna di esse il supporto sociale (mezzi, consulenza, credito, ecc.) di cui avrà bisogno),
5. di cui OO e OP saranno agenti locali (autorità locali) che non traggono legittimità dal GBP ma dal seguito e appoggio del collettivo di cui sono espressione,
I componenti del GBP (ministri e agenti) in stretto legame con le OO e OP lotteranno contro i vertici della RP e contro la CI e in questa lotta e nel servizio delle OO e OP si trasformeranno o si squalificheranno e salteranno (saranno sostituiti). Promuovere fin da ora questo processo di individuazione, valorizzazione, trasformazione, selezione degli esponenti dei tre “serbatoi” è un aspetto imprescindibile dell’opera del P.CARC.
Nel nostro paese esistono ancora parti e aspetti delle libertà di espressione, organizzazione, propaganda, ecc. conquistate con la Resistenza e le lotte degli anni successivi. Noi comunisti dobbiamo usarle (tendendo al massimo la corda) per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione della masse popolari e il loro orientamento comunista. La borghesia sta eliminando, o per legge o nei fatti pur mantenendole sulla carta, queste libertà un pezzo dopo l’altro. La loro eliminazione è una necessità per la borghesia imperialista. Essa è dovuta principalmente allo scontro interno tra gruppi della borghesia, scontro alimentato dalla crisi generale: l’eliminazione è un modo per impedire che uno o l’altro dei gruppi borghesi, facendo leva sulle libertà e sui diritti ancora sanciti per legge, mobiliti al suo seguito le masse popolari contro i gruppi avversari. La lotta contro l’eliminazione di queste libertà è oggi per noi comunisti un campo irrinunciabile per mobilitare e organizzare le masse popolari. Questo è un altro terreno su cui il P.CARC dà alla rivoluzione socialista un contributo indispensabile.
Il risultato della linea per la rinascita del movimento comunista che abbiamo tracciato vent’anni fa è che oggi abbiamo un corpo di dottrine confermate dal corso delle cose, anche se finora abbiamo compiuto solo passi modesti nella mobilitazione degli operai avanzati a fare la rivoluzione socialista. Movimentisti, promotori unilaterali delle lotte di difesa, promotori della “sponda politica” nelle istituzioni della Repubblica Pontificia hanno oggi tra gli operai avanzati più seguito delle organizzazioni della Carovana del (n)PCI. Ma il corso delle cose dà ragione a noi e torto a loro.
Ovvia l’obiezione: ma su quale base, con quale ragione voi che vi dichiarate marxisti, cioè depositari e cultori della scienza sperimentale delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia, sostenete di avere una conoscenza più avanzata, una conoscenza scientifica delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe pur riconoscendo contemporaneamente la modestia dei vostri risultati quanto a seguito e influenza tra le masse popolari?
La giustezza della nostra concezione è dimostrata dalla sua corrispondenza con l’effettivo corso delle cose: basta considerare, tra le concezioni che distinguono la Carovana del (n)PCI da tutti i gruppi che nel nostro paese si dichiarano comunisti, la concezione dell’origine e della natura della crisi generale del capitalismo in cui siamo immersi e la natura del particolare regime politico (unico al mondo) del nostro paese: la Repubblica Pontificia.
La giustezza della nostra concezione è dimostrata anche dal fatto che nonostante la repressione sistematicamente condotta contro la Carovana dalla classe dominante e il cordone sanitario eretto contro di essa da tutti i gruppi della sinistra borghese, la borghesia non è riuscita a soffocarci e a impedire il nostro avanzamento.
La modestia dei nostri risultati deriva da due componenti: la natura del compito che dobbiamo adempiere (che ha tempi suoi propri: le masse comprendono principalmente per esperienza diretta che sta a noi promuovere ma è esperienza di un movimento pratico che si prolunga nel tempo) e i limiti nostri propri, quelli che affrontiamo con la riforma intellettuale e morale (RMI) che stiamo conducendo nelle nostre file.
È su questa base che il nuovo Partito comunista italiano concorda pienamente con la decisione del IV Congresso del P.CARC e sosterrà la sua attuazione con tutte le sue forze.
Promuovere la costituzione di Organizzazioni Operaie e di Organizzazioni Popolari, orientarle a costituire un proprio governo d’emergenza, il GBP, portare il GBP a condurre con le OO e OP la lotta contro i vertici della Repubblica Pontificia e contro la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti fino a instaurare il socialismo e in questa maniera mostrare la strada e aprire la via anche alle masse popolari degli altri paesi, tutto questo è certamente un’impresa difficile, ma è un’impresa non solo possibile ma anche necessaria. Quando un obiettivo è nell’ordine delle cose, bisogna lottare con tenacia e con scienza e si arriva certamente a raggiungerlo. Instaurare il socialismo e andare verso il comunismo è possibile ed è l’unica via di progresso per l’umanità. Questo è il compito di noi comunisti.
Avere fiducia nella propria vittoria! Osare lottare! Osare vincere!
Tutto il nuovo PCI saluta il IV Congresso del Partito dei CARC ed augura un pieno successo!
Il P.CARC e il (n)PCI si rafforzano l’un l’altro nella comune lotta per instaurare il socialismo in Italia!
Che il saluto del P.CARC e del (n)PCI giunga congiunto a tutti i comunisti che sotto tutti i cieli lottano per far uscire l’umanità dal pantano sanguinoso della crisi generale del capitalismo e avviarla ad un luminoso futuro!
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Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it