Giovedì 18 giugno 2015 le lavoratrici e i lavoratori del Servizio Sociale del Comune di Bologna sciopereranno per la seconda volta in quindici giorni: ecco i motivi.
Sciopero del 18 giugno: i motivi della mobilitazione in difesa del welfare pubblico
Giovedì 18 giugno 2015 le lavoratrici e i lavoratori del Servizio Sociale del Comune di Bologna sciopereranno per la seconda volta in quindici giorni: ecco le nostre ragioni.
I Servizi Sociali del Comune di Bologna sono al collasso da numerosi anni e l’Amministrazione Comunale ha deciso di cederli. D’altra parte, lo sappiamo: si fa così quando si vuole esternalizzare un servizio a gestione diretta: prima non lo si fa funzionare, e poi lo si affida ad un soggetto terzo.
Il progetto dell’attuale Giunta, al governo di questa città da oltre quattro anni e ormai a fine mandato (tra le polemiche sull’operato del sindaco da parte dello stesso partito di maggioranza), é di dismettere i Servizi Sociali Territoriali, per anni fiore all’occhiello del Welfare italiano, esternalizzando l’intero comparto all’ASP (Azienda dei Servizi alla Persona), ossia ad un ente strumentale ad alta partecipazione comunale di recentissima costituzione (gennaio 2015), già gravato da un importante deficit di bilancio e che lavora prevalentemente per appalti al massimo ribasso, sub-committenze e contratti di servizio.
L’azienda ASP unica Citta di Bologna è nata dall’unione di tre ASP differenti (a loro volta nate dalla trasformazione in aziende di 3 IPAB, istituti di assistenza che invece non avevano carattere aziendale) che non hanno mai presentato perdite di esercizio prima del 2013, anno in cui si registrò (per una di esse) un disavanzo pari ad un importo pari ad Euro 1.171,961, proprio in vista dell’unificazione.
Nella primavera del 2015, l’inchiesta del sindacato Cobas rilevava che l’ASP Città di Bologna aveva accumulato in pochi mesi dalla sua costituzione un deficit di bilancio di 1,3 milioni di euro previsto in forte aumento nel bilancio previsionale trienniale 2015-2017 (2,4 milioni nel 2016 e 2,5 milioni nel 2017) ed aveva elaborato un piano di rientro fatto pagare ai lavoratori, alle casse comunali, ai cittadini, soprattutto alle fasce più deboli.
La normativa regionale sull’ASP (LR 12/20013) è molto recente ma ha già prodotto nefasti risultati laddove è stata perseguita questa scelta politica di gestione: buchi di bilancio, danno erariale, conflitti di interesse, logiche clientelari nelle ASP dell’intera regione Emilia-Romagna (da Piacenza a Fidenza, Vignola e recentemente Ferrara, per citare i casi più eclatanti).
Questo anche in conseguenza della scelta della Regione di applicare a questi Enti l’aliquota massima IRAP, contrariamente a quanto successo in altre regioni italiane in cui le ASP (e in Emilia anche le coop sociali) sono state esentate o hanno usufruito di riduzioni dell’aliquota per renderle concorrenziali al privato sociale (cosa che in Emilia non è successa, ovviamente…).
Inoltre, noi sappiamo che l’ASP diventerà una scatola vuota perché, attraverso l’accreditamento, i servizi sociali sono di fatto in gran parte già privatizzati, sia pure di un privato prevalentemente sociale (leggi: cooperative).
L’effetto è che, gradualmente ma inesorabilmente, i soggetti privati stanno diventando i protagonisti nell’erogazione dei servizi alla persona.
La scelta di trasferire i Servizi Sociali comunali all’Azienda è stata effettuata senza coinvolgere i lavoratori e giustificata dall’amministrazione comunale inizialmente adducendo l’adeguamento alle leggi regionali, poi come “sfida politica” ed infine come “l’unica possibilità” (non veritiera ad una attenta lettura di normative e pareri) di cui si dispone per coprire i numerosissimi vuoti di organico presenti.
Ma solo leggendo i documenti visionabili sul sito dell’ASP si scopre la verità: l’intera operazione è dovuta ai “problemi di sostenibilità economica all’azienda, cui sarà possibile dare parziale soluzione solo con il conferimento dei servizi sociali comunali”.
In questo modo l’amministrazione pubblica delega la funzione propria di garantire benessere alla cittadinanza e si solleva da ogni responsabilità rispetto al suo malessere, rendendo il sistema di Welfare sempre meno controllabile e gestibile.
Nell’intento dell’amministrazione, tale esternalizzazione dovrà essere fatta a fine mandato, senza un reale progetto di riorganizzazione e soprattutto senza lo studio di fattibilità sulla sostenibilità economica, previsto dalla legge per evitare costi sociali a carico della cittadinanza.
Per tutto questo noi il 18 scioperiamo, rinnovando la speranza che il Comune accolga la richiesta di fermare il passaggio ad ASP dei Servizi Sociali per aprire un reale confronto con le proposte di profonda ed efficace riforma da parte delle lavoratrici e dei lavoratori.