“La vittoria delle persone comuni. Il referendum in Grecia mostra la crescita della resistenza al dominio neoliberista nel continente. Le lotte dei movimenti popolari possono ora riprendere il loro cammino per cambiare il mondo, qui e adesso“.
NEWSLETTER DI COMUNE
I VOLTI DEL NO
La vittoria delle persone comuni. Il referendum in Grecia mostra la crescita della resistenza al dominio neoliberista nel continente. Le lotte dei movimenti popolari possono ora riprendere il loro cammino per cambiare il mondo, qui e adesso
IL LAVORO DEI MOVIMENTI PUÒ RIPRENDERE
L’impassibilità dei funzionari europei di fronte alla pioggia di critiche sulla gestione della crisi ha dimostrato che la vera agenda del potere prevede solo di isolare, demoralizzare e castigare il popolo greco e farla finita con la resistenza al dominio neoliberista nel continente. Superare ancora una volta la paura, il fondamento psicologico della governabilità del sistema, e votare “no” è stato indispensabile per evitare un grave arretramento delle lotte popolari e per non aprire la strada a un golpe parlamentare. Occorreva farlo, dunque, malgrado le molte critiche che i movimenti sociali possano fare al governo di Tsipras, malgrado il referendum presenti diverse ambigui tà e malgrado non sia (e non vada confuso con) un’espressione della democrazia diretta. “Il lavoro dei movimenti riprende il giorno dopo l’esito del voto con l’elaborazione di un piano di azione alternativo e antagonista all’integrazione neoliberista – ha scritto
THEODOROS KARYOTIS -, un piano basato sull’iniziativa della società organizzata e la solidarietà tra i popoli europei”
OXI, YA BASTA!
Quella in Grecia è una ribellione collettiva di tutte e tutti, anziani e anziane, donne e uomini, giovani e “giovan@” (come direbbe il sup). Il forte Oxi che è stato sentito in tutto il pianeta è questo No!, è questa eco dello Ya basta! del 1 gennaio 1994 che si è sentito nel sud del Messico e che continua a rimbombare in tutto il mondo dove le popolazioni si rialzano per prendere nelle proprie mani la costruzione del proprio presente, con dignità e in forma comunitaria. Ora comncia la vera battaglia: non si tratta più solo di Resistere, ma di Ri-esistere
OSCAR OLIVERA
► Altri due interessanti commenti sul dopo referendum sono su Lavoro culturale (ATENE È INSORTA, di Roberto Ciccarelli) e su Euronamade (COGLIERE L’OCCASIONE, editoriale). Matteo Saudino, professore di storia e filosofia, ragiona invece su LA QUESTIONE GRECA E LA LOTTA DELLA SCUOLA, mentre Andrea Baranes scrive su I NUMERI DELLA VERGOGNA EUROPEA. Sulla Grecia abbiamo anche pubblicato interventi di Amador Fernández-Savater (LA PIAZZA E IL PALAZZO: SUNTAGMA E SYRIZA), di Caterina Amicucci (L’ULTIMA PIETRA DEL PARTENONE), Franco Berardi Bifo (COLPO DI STATO IN GRECIA), Alessandro Pertosa e Lucilio Santoni (E SE LA GRECIA ILLUMINASSE L’EUROPA). Qui, infine, per chi lo avesse perso, il video di MANU CHAO che canta per il popolo greco: “…. O libertà, chiedo la libertà. Chiedo di uscire, apritemi la porta”.
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LA RIBELLIONE DELLA LENTEZZA E DELL’OZIO
Viviamo il tempo senza passato, della velocità, del consumare tutto subito. Siamo fagocitati dall’ansia di produrre, accumulare, indebitarsi, consumare. Abbiamo bisogno, per dirla con Lafargue e Zavalloni, di smettere di lottare per il lavoro, di rallentare, di ricomporre i legami sociali
ALAIN GOUSSOT
INSEGNARE A VIVERE
Educare è sempre educarsi insieme, ed educarsi insieme è cercare insieme il senso della vita. In una scuola non trasmissiva, ci sono due momenti: la raccolta delle informazioni (che tradizionalmente si trovano nel manuale, e che invece è bene cercare in più fonti, da confrontare tra loro) e la riflessione sulle informazioni raccolte. Questo secondo momento deve coinvolgere in modo paritario il docente e gli studenti, come una comunità che riflette, analizza e critica. Per Edgar Morin, teorico della complessità, è necessaria una riforma del pensiero che conduca al superamento dei saperi settoriali. A partire dalla scuola primaria, scrive Morin, bisogna proporre un «programma i nterrogativo» e superare il divario tra cultura umanistica e la cultura scientifica. Abbiamo bisogno di una educazione intesa come formazione integrale di una persona in grado di criticare il sistema economico. Una autentica riforma dell’educazione, prima ancora che dal ripensamento dei contenuti e delle modalità didattiche, dovrà partire da un ripensamento profondo della relazione tra docente e studente. La scuola è fatta di comunicazione, e la comunicazione è autentica quando i rapporti sono simmetrici, reciproci, non autoritari. Solo una scuola intesa come comunità di apprendimento può realizzare quel benessere comunicativo che fa sì che la scuola sia, qui ed ora, per dirla con Dewey, vita, e non preparazione alla vita
ANTONIO VIGILANTE
I DESPLAZADOS DI MEDELLIN
È stata il simbolo della vita che non ha più valore. In nessun altro luogo del mondo, morire ammazzati sembrava tanto normale. Medellin è stata la capitale mondiale della violenza e del traffico di droga ma anche un teatro importante della guerra più lunga del secolo scorso, quella combattuta dalle guerriglie, dall’esercito, dai narcos e dai paramilitari. Nell’epoca più cruenta, quattro abitanti di Medellin su cinque sono stati costretti a mettersi in fuga. Quando l’intensità della macelleria è scesa a livelli “normali”, era il 2007, parte di quella gente, i desplazados, è tornata nella valle e ha popolato le laderas, i versanti delle colline circostant i. Oggi l’ombra minacciosa di un nuovo “cartello”, quello dello sviluppo tossico (prevede funivie e megaprogetti urbanistici e vende un’immagine di sicurezza solo per gli investimenti finanziari) vuole nuovamente cacciare quella gente povera. Raúl Zibechi s’è arrampicato su quei versanti e ha scritto un reportage per raccontare la resistenza dei desplazados di Medellin contro l’accumulazione di capitale per espropriazione. Ne parleremo anche al Seminario di Pescia di fine agosto (verrà anche Oscar Olivera) e nelle altre date del prossimo viaggio in Italia di Raúl promosso da Camminar domandando e Comune< span class=”hasCaption”>.
RAÚL ZIBECHI
L’ECUADOR DI CORREA HA I GIORNI CONTATI?
Il viaggio del papa in Ecuador è un’occasione importante per fare il punto su una delle rivoluzioni più tradite del nuovo millennio. Per gli osservatori distratti sarà una sorpresa. Per i fan della sinistra al governo a qualsiasi costo una profonda delusione. È da molto, troppo tempo che la maggior parte degli indigeni dell’Ecuador ne ha le scatole piene di un governo e di un presidente che hanno venduto al mondo intero un’immagine progressista e una costituzione modello per coprire politiche reali di ben altra natura. Ecuarunari, grande confederazione degli indigeni kichwa, ora chiama alla sollevazione ma non rivendica il potere per sè. Chiede un referendum per revocare il presidente e l’assemblea costituente, colpevoli di aver tradito il mandato ricevuto tramando per ottenere una proroga alla legge che consenta loro di restare inchiodati alle poltrone. Hanno violato i ‘diritti della natura’, reprimono brutalmente gli oppositori e cancellano progressivamente i diritti conquistati dai levantamientos passati, dall’educazione bilingue all’università indigena. Intanto in tutto l’Ecuador si prepara lo sciopero nazionale
ALDO ZANCHETTA
LE DENUTRIZIONE DELL’IMMAGINARIO
Ai corpi sempre più sovralimentati corrisponde in rapporto inversamente proporzionale una drammatica denutrizione dell’immaginario legato al cibo, alla sua sostanza e al suo valore simbolico. In tempi di liberismo, quello alimentare è solo uno dei tanti mercati possibili. Vanno allora discusse le politiche di produzione, conservazione, distribuzione dei beni, ma va discusso anche l’attuale diffuso approccio acritico al consumo. Per nutrire l’anoressico immaginario dei consumatori “dal basso” occorre tornare a narrare la Madre, vivente. L’archetipo antico della Grande Madre ha subito negli ultimi 5.000 anni un processo di smembramento: da un’ipotetica e complessa u nità, alcune parti sono state mutilate, è il caso, ad esempio, dell’erotismo femminile come energia vitale e fonte di piacere. Ciò che è rimasto della sua antica unità è stato a sua volta riassorbito da un sistema di pensiero duale dicotomico: un aspetto “buio”, di “matrigna cattiva” proiettato negli aspetti ritenuti controversi e difficili della natura; e un “luminoso” secondo aspetto, idealizzato da uno sguardo androcentrico, che si riferisce invece alla “buona natura” proiettata in un ruolo materno che è diventato modello patriarcale per le donne madri nel sistema sociale, da numerosi secoli ad oggi (e che eventi come Expo non fanno che rafforzare). Dobbiamo allora rompere gli schemi del pensiero duale: la Madre che vogliamo ri-narrare, prima di ogni cosa, è complessità ed è scelta. L’archetipo di madre che va ri-membrato riguarda l’inter o genere umano, compresi gli uomini e include, ad esempio, la riscoperta del concetto di limite. Dobbiamo dunque arricchire la visione archetipica della Madre, che non è stasi ma mutamento, non cristallizzazione di ruoli e identità ma movimento continuo. Soltanto così possiamo ripensare davvero l’immaginario del cibo e costruire una società diversa
LAURA GHIANDA
SPAZI PUBBLICI, CERNIERA TRA CITTÀ E SOCIETÀ
Alle piazze reali, si sostituiscono sempre di più le grandi cattedrali del commercio, caratterizzate dalla chiusura ai “diversi” (in nome della sicurezza), e dall’obbligo implicito di ridurre l’interesse del frequentatore all’acquisto di merci (per di più sempre più superflue). Si riducono sempre di più gli spazi pubblici nei quali vivere insieme, come si riducono gli spazi, reali e virtuali, per la discussione, la partecipazione, la critica o la condivisione della politica. L’abitazione, intanto, non è più un diritto che deve essere assicurato a tutti, indipendentemente dal reddito o dalla condizione sociale. Ognuno è solo al cospetto del mercato. Ma nonostante il dominio del mercato, la storia non è ancora scritta: siamo noi che la scriviamo ogni giorno. Possiamo resistere e trasformare le nostre città facendo affidamento non ai partiti ma ai movimenti sociail e agli enti di prossimità, i comuni. [Lectio magistralis del più autorevole urbansta italiano, Edoardo Salzano, alle giornate di studio “Leggere la città 2015” , promosse a Pistoia]
EDOARDO SALZANO
COSÌ SALVIAMO IL TERRITORIO
La retorica sul cemento si spreca. Non passa giorno che una qualche istituzione o testata giornalistica non ci ricordi l’agghiacciante andamento sul consumo di suolo che ci ha portati alla cifra incredibile di 8 mq al secondo sperperati, ogni secondo di ogni santo giorno. Poi, però, usciamo dalla pagina di giornale o dall’ultimo convegno a reti unificate, e ci guardiamo attorno. Nonostante la crisi, e la sovrabbondanza di case e capannoni invenduti, siamo ancora circondati da gru e campi recintati. Cantieri e crateri più o meno aperti. Camion e betoniere, figlie di varianti urbanistiche in costante produzione. Tutto è consentito, derogato, previsto. Ma qualcuno ha finalmente deciso di rompere c on la dittatura del cemento. Come? Scegliendo direttamente di de-classificare le aree su cui in precedenza si era pensato di costruire
MARCO BOSCHINI
LE SFIDE DELLA TEORIA DEI BENI COMUNI
L’abbandono della “nozione di progresso storico lineare”; il rifiuto della crescita economica come obiettivo politico e sociale; la critica dello “sviluppismo”; il bisogno di “conversione ecologica“. Sono alcuni dei temi affrontati nel nuovo libro di Ugo Mattei, insieme alla “ripubblicizzazione” dei servizi pubblici locali venduti negli anni della sbornia privatizzatrice, e all’elaborazione di statuti per la gestione comune di spazi pubblici occupati (in testa il Teatro Valle a Roma, foto). Non mancano aperture importanti, come sulla questione animale: “La rigenerazione dei beni comuni come processo ecologico – scrive Mattei – non può che avvenire salvaguardando la pl uralità del vivente, sicché il benicomunismo, come visione del mondo radicalmente antitetica al liberalismo capitalista dominante, non può che essere antispecista“
LORENZO GUADAGNUCCI
CI VOGLIONO LE RIFORME. IL REGIME DEI PAPPAGALLI
Angela Merkel dice “Ci vogliono le riforme!”. La signora Christine Lagarde dell’Fmi commenta “Ci vogliono le riforme!”. Mario Draghi della Bce grida “Ci vogliono le riforme!”. Matteo Renzi come un pappagallo ripete “Ci vogliono le riforme!”. La domanda è: ma di cosa stanno parlando? Più mercato e meno diritti per i lavoratori, meno eguaglianza e più libertà per i ricchi, meno bene pubblico e più beni privati (per chi se lo può permettere), meno solidarietà e più egoismo in nome dell’autorealizzazione e delle competenze individuali, ma anche distruzione della scuola pubblica poiché ; l’istruzione è pericolosa, più darwinismo sociale (se ne ce la fai è colpa tua e non di un sistema d’ingiustizia) quindi esclusione e marginalizzazione dei poveri, prima l’accumulazione di capitale e di denaro e dopo le persone. Le riforme di cui ci parlano hanno una ideologia bene precisa: quella neoliberista nata alle fine del ‘700 con la nascita del capitalismo e che troviamo teorizzata da Adam Smith con la “mano invisibile del mercato” come regolatore delle relazioni sociali e perfezionata negli anni ’70 dai Chicago boys di Milton Friedman. Insomma, la guerra di quelli che soni in alto contro quelli che sono in basso
A . G.
VIAGGIARE PER METTERSI ALLA PROVA
Viaggiare per conoscere, per capire e per mettersi alla prova. Tornare per costruire insieme. Il secondo anno di Torno Subito, programma di iniziative che la Regione Lazio promuove per studenti (e laureati) senza lavoro, convince sempre più giovani: considerato l’alto numero di domande in fase di compilazione con il formulario on line, il termine per l’invio delle proposte progettuali è stato prorogato a venerdi 10 luglio
M. C.
I SOGNI OLTRE LE MACERIE
Al via a Roma la campagna di raccolta fondi a sostegno della ricostruzione di Scup, dopo lo sgombero di maggio
COLLETTIVO SCUP
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