Migranti, “Fuggire o morire”

Troppo spesso nel nostro paese l’arrivo di migranti e  rifugiati è  percepito  come “l”invasione” di una massa indistinta. Affermazioni come “aiutiamoli a casa loro”  sono spesso patrimonio di molti politici oltre che del luogo comune.


FUGGIRE O MORIRE


Rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso l’ Europa

 

Roma, 29 luglio 2015 –  Troppo spesso nel nostro paese l’arrivo di migranti e  rifugiati è  percepito  come “l”invasione” di una massa indistinta. Affermazioni come “aiutiamoli a casa loro”  o la sua variante più xenofoba “se ne restino a casa loro” oppure ancora “accogliamo i rifugiati ma i clandestini devono essere respinti” sono spesso patrimonio di molti politici oltre che del luogo comune. Questo rapporto, basato sulle storie e le testimonianze di centinaia di migranti forzati provenienti sia dall’Africa occidentale che dal Corno d’Africa, cerca tra l’altro di fornire elementi di comprensione di un fenomeno così complesso, al di là di pericolose e fuorvianti semplificazioni.

Fuggire o morire. Rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso l’ Europa si basa infatti sulle informazioni  raccolte da Medici per i Diritti Umani (MEDU) nei primi 6 mesi di attività del progetto “ON TO: Stopping the torture of refugees from Sub-Saharan countries along the migratory route to Northern Africa” presso i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) per richiedenti asilo  in provincia di Ragusa e il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) di Mineo, in provincia di Catania. Vengono inoltre riportati dati e testimonianze raccolti nel corso di  undici  mesi di attività presso alcuni  insediamenti informali di migranti forzati a Roma: edifici occupati, baraccopoli, stazioni ferroviarie.

Questo rapporto analizza in particolare le conoscenze acquisite sulle rotte migratorie e il traffico di esseri umani lungo il  percorso verso il  Nord Africa  oltre che sul tipo di violenze e torture che i migranti subiscono nel corso di questo lungo viaggio. Dalle evidenze raccolte emerge che il business dell’ immigrazione nel deserto del Sahara, in Libia e nel Mar Mediterraneo risulta essere sempre più una rete proteiforme,  gestita sia da gruppi di trafficanti altamente organizzati sia da individui non professionisti che agiscono autonomamente.  Il rapporto descrive inoltre le conseguenze psicologiche e fisiche del trauma vissuto dai migranti nel loro paese d’origine o nel corso del percorso migratorio.

Secondo le testimonianze raccolte, tra le le forme più frequenti di tortura e di trattamenti  inumani e degradanti vi sono: percosse e altre forme di traumi contusivi; privazione di cibo e acqua, pessime condizioni sanitarie; percosse ai piedi (falaka); sospensione e posizioni stressanti (ammanettamento, posizione in piedi per un tempo prolungato, ecc); minacce di violenze e di morte ai danni dei migranti o delle loro  famiglie; violenze  e oltraggi sessuali, oltraggi religiosi e altre forme di trattamenti degradanti; privazione di cure mediche; aver assistito ad episodi  di  tortura e trattamenti crudeli  nei confronti di altre persone. Le violenze si sono verificate nella maggior parte dei casi in Libia.

Dall’analisi delle storie individuali, risulta evidente che la tradizionale dicotomia tra rifugiati e migranti economici sembra essere più un concetto astratto che uno strumento in grado di comprendere adeguatamente una realtà così complessa. E’ indubbio, ad esempio, che i richiedenti asilo provenienti dall’Africa occidentale partono  in cerca di una vita migliore, ma allo stesso tempo la gran parte di loro – allo stesso modo degli Eritrei che fuggono da una dittatura brutale – è in fuga da una moltitudine di drammatiche circostanze che rappresentano spesso una minaccia per la stessa vita. Indipendentemente dal paese di origine, molti di loro devono dunque essere senza dubbio considerati migranti forzati.

I sistemi di accoglienza in Italia e in Europa devono necessariamente tenere in considerazione le molteplici vulnerabilità dei richiedenti asilo che hanno affrontato il viaggio dal momento che tali fattori permangono anche dopo l’arrivo.

LEGGI LA SINTESI DEL RAPPORTO

LEGGI LA TABELLA RIASSUNTIVA DEI DATI 

Medici per i Diritti Umani (MEDU), organizzazione umanitaria indipendente, fornisce dal 2006 assistenza e orientamento socio-sanitario ai rifugiati in condizioni di precarietà nell’ambito di differenti programmi. Il progetto “ON TO: Stopping the torture of refugees from Sub-Saharan countries along the migratory route to Northern Africa” (Stop alla tortura dei rifugiati lungo le rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso il Nord Africa) è co-finanziato dall’Unione Europea e da Open Society Foundations. Il progetto, implementato in Italia (Sicilia e Roma) da Medici per i Diritti Umani (MEDU) e in Israele,  dalle ong partner “Hotline for Refugees and Migrants”  e   “Physicians for Human Rights – Israel”, si propone di favorire l’individuazione e la presa in carico psicologica e psichiatrica dei migranti forzati vittime di tortura e di svolgere un’azione di testimonianza a livello nazionale ed europeo sui temi della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti lungo le rotte migratorie dall’Africa sub-sahariana all’Italia. 

 

-- La salute è un diritto di tutti. 
Medici per i Diritti Umani onlus
www.mediciperidirittiumani.org

 

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