“Abbiamo aspettato un bel po’ prima di commentare le vicende greche da cui sarebbero dipesi, inevitabilmente, fatti molto importanti che ci riguardano da vicino”.
Dopo Tsipras e oltre Tsipras
Abbiamo aspettato un bel po’ prima di commentare le vicende greche da cui sarebbero dipesi, inevitabilmente, fatti molto importanti che ci riguardano da vicino.
La rottura dell’anello debole della catena europea non si è dunque avuto e quindi la delusione può essere grande. Tradimento o realpolitik?
Dalle nostre considerazioni escludiamo le solite posizioni di coloro che gridano al tradimento perchè le questioni vanno analizzate oggettivamente. I ‘rivoluzionari’ del giorno dopo non ci aiutano a capire che cosa è successo e non solo in Grecia, ma anche in Europa.
Non abbiamo mai pensato che Syriza fosse una forza rivoluzionaria, come pensiamo che non lo siano gli spagnoli di Podemos e i cinque stelle di Beppe Grillo. Queste sono però forze reali che hanno coagulato i voti di molti milioni di persone e che minacciano questa Europa che è la gabbia economico-monetaria dentro cui i lavoratori, i disoccupati, i supersfruttati sono costretti a vivere. Come la minacciano? Non certamente in modo rivoluzionario, ma con la critica alla politica del rigore e cercando di allargare le maglie della politica monetarista.
Ma allora perchè Tsipras ha accettato l’accordo della Merkel? Semplicemente perchè non aveva un piano B a fronte di un eventuale fallimento della contrattazione con l’UE. Quando si è visto che la chiusura delle banche portava i greci alla disperazione, il leader di Syriza ha fatto la mossa del cavallo sparigliando i giochi e accettando l’accordo, un pessimo accordo che però evitava il salto nel buio dell’uscita dall’euro. Solo una forza rivoluzionaria con dietro una maggioranza di greci determinati a uscire in mare aperto control’UE avrebbe potuto affrontare una situazione di questo tipo. Qualcuno potrà dire che una tale forza politica esiste ed è il KKE, il partito comunista greco, ma i fatti ci dicono che, nonostante la profondità della crisi, i suoi consensi non sono aumentati ma diminuiti. Perchè Tsipras è rimasto al centro della partita? Questa è una materia di riflessione che a nostro parere conferma i caratteri di ambiguità che la situazione oggettiva presenta.
La rabbia cresce, ma non si è arrivati, in Grecia come in altri paesi europei, al livello delle rotture radicali. Bisogna scavare ancora per rendere irreversibile la crisi di questa Europa della finanza e della moneta forte a guida tedesca.
Quella della troika è stata però una vittoria di Pirro. Aver schiacciato un paese piccolo come la Grecia ha messo in evidenza di fronte ai popoli europei che l’UE non è un progetto comunitario che lavora per loro, ma una struttura di comando dove si giocano i grossi interessi economici di chi ne gestisce le leve. Quindi la sconfitta di Tsypras ha pesato molto di più sui suoi avversari che su chi, al momento, è uscito sconfitto.
Quali passaggi ci stanno ora di fronte? Uno è già evidente e si è manifestato all’ultimo momento delle trattative. La nascita dei pontieri che avevano, come Hollande, il compito di alleggerire la pillola amara del diktat, ma anche di aprire una fase nuova di recupero di una situazione che si era fatta controproducente per i ‘vincitori’. Ci sarà dunque una fase ‘riformista’ con cui si tenteranno di incollare i cocci, ma le questioni di fondo restano. La situazione sociale che non tende a modificarsi, un’Europa che è avvolta dalle fiamme e dall’arrivo dei profughi e infine un’Europa che, con l’Ucraina, sollecitata dagli americani si è portata la guerra in casa.
Aginform
24 luglio 2015