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9 agosto 2015
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Puntini sulle i
Il Comunicato CC 20/2015 del 3 agosto Il bilancio degli avvenimenti greci fatto dal Partito comunista greco (KKE) in un articolo introdotto e commentato dal CC del (nuovo)PCI ha suscitato un certo numero di reazioni, nonostante la stagione. Cosa ovviamente ottima, perché la lotta di classe non va in ferie. Su una vogliamo soffermarci per le considerazioni generali a cui apre la strada.
Il 5 agosto un compagno ha scritto, al P.CARC ma riferendosi al nostro comunicato, quanto segue.
(…) ho letto con interesse l’articolo di Giorgos Marinos, membro dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del KKE, inserito il 28 luglio 2015 nella sezione inglese del sito del KKE.
Personalmente, nonostante la sua gloriosa storia, ho delle perplessità sulle capacità del KKE di elaborare una “analisi concreta della situazione concreta” della formazione economico-sociale della Grecia oggi e di elaborare una strategia di mobilitazione rivoluzionaria delle masse, che parta dalle forze effettivamente mobilitabili oggi.
Questa perplessità mi è suggerita da una frase ben precisa dell’articolo del compagno Marinos: “Essi [i lavoratori] dovrebbero esaminare e studiare la linea di lotta del KKE, superare il muro di disinformazione delle forze borghesi e opportuniste che si dedicano alla gestione della barbarie del capitalismo e lavorano sistematicamente a fuorviare i lavoratori.”
Mi sembra un atteggiamento dogmatico: la linea del KKE è corretta per definizione (iuxta propria principia), sono i lavoratori che sono arretrati e si lasciano sviare dalle campagne di disinformazione dei mass-media borghesi.
Scriveva Karl Marx nel Manifesto del Partito Comunista: “I comunisti non pongono principi speciali sui quali vogliono modellare il proletariato. […] e, quanto alla teoria, essi hanno il vantaggio sulla restante massa del proletariato di comprendere le condizioni, l’andamento e i risultati generali del movimento proletario.”
Concludo dicendo che la mia perplessità è rafforzata dal fatto che il KKE si dice abbia intrapreso una lunga elaborazione di autocritica per i propri errori di strategia “iniziata nel 4° Plenum allargato del CC (1953), passata tramite il suo 14° Congresso (1991) e la Conferenza Nazionale del 1995 e culminata nel 18° Congresso (2008) e nella Conferenza Nazionale del 16 luglio 2011”. Cioè sono oltre 50 anni che fanno autocritica e si aspettano ancora che siano i lavoratori a dover “esaminare e studiare la linea di lotta del KKE”!
Questa, a mio giudizio, è presunzione dogmatica e mancanza di dialettica materialistica. (…)
A proposito di quanto il compagno scrive, rivolgendoci a lui e a quanti in qualche misura condividono la concezione che da quanto scritto traspare, vogliamo fare due considerazioni.
1. Anzitutto quanto alla concezione e alla linea del KKE, a chi legge l’intero articolo di G. Marinos incorporato nel Comunicato CC 15/2015 del (n)PCI, sarà chiaro che G. Marinos non dice che i lavoratori, intesi come massa dei lavoratori greci, dovrebbero esaminare e studiare la linea di lotta del KKE che è giusta: se dicesse questo, la critica del compagno sarebbe fondata.
G. Marinos dice che il KKE ha respinto la partecipazione a “governi di sinistra” che sono in realtà governi di gestione del capitalismo e più avanti precisa che parla di “governi di sinistra” del tipo di quelli che vi sono stati in Francia, in Italia (governo Prodi, governo D’Alema), Cipro, Danimarca e in paesi dell’America Latina.
Afferma che gli avvenimenti hanno dimostrato che la linea di lotta e la chiara e coerente posizione del KKE sono giuste, chiama i lavoratori degli altri paesi europei e di tutto il mondo a superare l’offensiva dei mass media borghesi che esaltano SYRIZA e calunniano il KKE accusandolo di “settarismo” e li esorta a cercare di trovare la verità, utilizzando gli avvenimenti della Grecia in modo da trarne conclusioni utili.
Dal contesto delle pagine finali dell’articolo di G. Marinos è chiaro anche che egli non si rivolge ai lavoratori intesi come massa dei lavoratori, ma si rivolge ai partiti comunisti con cui il KKE mantiene relazioni ed esorta i membri dei partiti di sinistra e dei partiti sedicenti comunisti degli altri paesi europei e del resto del mondo a esaminare e studiare la linea di lotta del KKE superando il muro di disinformazione delle forze borghesi e opportuniste che si dedicano alla gestione della barbarie del capitalismo e lavorano sistematicamente a fuorviare i lavoratori.
La lettera del compagno è quindi la dimostrazione che quando si è accecati dal pregiudizio o dal partito preso si distorce (è facile distorcere, è facile trovare ragioni a prima vista valide per distorcere) isolandole dal contesto il significato di singole frasi, anziché capire il significato di ogni singola frase (cosa l’autore vuole dire con la singola frase) interpretando la singola frase alla luce del contesto. Chi vuole capire il pensiero di uno scrittore, deve interpretare ogni sua frase usando il contesto, non far dire alla singola frase quello che, isolata dal contesto, essa potrebbe anche significare. È una regola generale per chi vuole studiare e capire. Vale anche per chi studia il Manifesto del partito comunista steso da Marx ed Engels nel 1848. Isolata dal contesto e prescindendo dagli sviluppi del movimento comunista successivi al Manifesto del 1848, la frase “I comunisti non pongono principi speciali sui quali vogliono modellare il proletariato” può certamente essere chiamata (ed è stata chiamata) a proprio sostegno da ogni corrente di codisti, spontaneisti o attendisti, contro Lenin e i suoi seguaci e successori che sostengono (dal Che fare? (1902) in avanti e con i risultati che tutti conoscono) che la concezione comunista del mondo non sorge dall’esperienza diretta degli operai (esperienza che invece la conferma e che predispone gli operai a capirla, farla propria e usarla), che sono i comunisti che devono portarla agli operai e tradurla in linea di lotta nel particolare di ogni paese e situazione.
2. La seconda considerazione riguarda la concezione del partito comunista che traspare sia dall’articolo di G. Marinos sia dall’analisi che ne fa il suo critico autore della lettera: considerare come un tutt’uno il partito comunista, i lavoratori avanzati e i lavoratori in generale. Questa concezione contrasta con il ruolo che il partito comunista deve assumere, in particolare nei paesi imperialisti. Contrasta infatti con la lezione che viene dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria. È una concezione coerente con il partito comunista delle “feste dell’Unità” e delle elezioni, al massimo delle attività culturali e dell’appoggio alle lotte rivendicative: cioè con un partito completamente appiattito nella democrazia borghese.
L’amara esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti dice che un simile partito è solo una versione più avanzata dei partiti socialisti della II Internazionale, partiti che si erano già dimostrati incapaci di azione rivoluzionaria al tempo della prima Guerra Mondiale (1914-1918) e negli anni seguenti.
Il partito comunista deve essere un partito rivoluzionario, ben distinto dalle masse popolari (e dai lavoratori e dagli operai in generale) proprio per essere capace di legarsi strettamente ad essi al modo in cui deve esserlo una forza organizzata e cosciente che mobilita e organizza gli operai e gli altri lavoratori per la conquista del potere e l’instaurazione del socialismo.
La concezione del partito comunista che traspare dall’articolo di G. Marinos e dalla lettera del suo critico è quella di partiti simili ai vecchi partiti socialisti, riedizioni dei vecchi partiti comunisti falliti nel loro compito di instaurare il socialismo durante la prima parte del secolo scorso, partiti che si dichiarano di sinistra e alcuni addirittura si dichiarano ancora perfino comunisti, che “all’estero” della Grecia, e quindi in Italia e in altri paesi europei plaudono a SYRIZA (fino a quelli che si propongono di scimmiottarla) e denigrano il KKE. Mentre del KKE quello che deve capire, quello che chi ne ha i mezzi e si crea le condizioni per farlo deve capire, è come si accosta alla conquista del potere e all’instaurazione del socialismo. Capire se il KKE lo fa al modo dei vecchi partiti comunisti europei che appoggiavano e organizzavano le lotte rivendicative dei lavoratori, predicavano la rivoluzione socialista e il marxismo e attendevano che prima o poi scoppiasse la rivoluzione socialista (che non scoppiò neanche quando gli operai e tutte le masse popolari dei paesi imperialisti si trovarono nelle condizioni disastrose della crisi e delle guerre della prima parte del secolo XX, a conferma che la rivoluzione socialista è per sua natura tale che non scoppia: cosa che già F. Engels aveva indicato nella sua Introduzione del 1895 all’opuscolo di K. Marx Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850). O se il KKE lo fa al modo nostro, del (nuovo)PCI, che certo appoggiamo e organizziamo le lotte rivendicative dei lavoratori e mettiamo a contribuzione ogni forma di organizzazione ed elevazione della coscienza (in proposito rimandiamo alla parte del nostro Piano Generale di Lavoro illustrata nel punto 2 del capitolo 3.5. del nostro Manifesto Programma), ma attorno a un filone principale di lavoro che consiste nel creare e orientare organismi operai e popolari a costituire un proprio governo d’emergenza, il Governo di Blocco Popolare, un governo con cui il partito comunista si avvale delle condizioni già esistenti per costruirne di più avanzate, rompere le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e avanzare verso l’instaurazione del socialismo nel nostro paese, sicuri che il primo paese imperialista che romperà le catene della CI mostrerà la via e aprirà la strada anche alle masse popolari degli altri paesi imperialisti e del resto del mondo.
Con gli accordi stabiliti tra il governo SYRIZA e la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti la lotta di classe in Grecia è entrata in una nuova fase, caratterizzata dal fatto che la soluzione della sinistra borghese è bruciata. Quanto più da vicino saremo in grado di seguire gli avvenimenti greci nel senso sopra indicato, tanto più da essi impareremo per fare la rivoluzione socialista nel nostro paese.
Sollecitiamo quindi tutti i nostri lettori in condizione di farlo a collaborare con noi per imparare le lezione della lotta di classe in corso in Grecia per fare la rivoluzione socialista in Italia.
Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it