“Acqua, riso, fagioli, banane. Infilati dentro semplici buste di plastica in modo da poter essere lanciati a chi viaggia come clandestino con la Bestia, il treno merci che percorre tutto il Messico fino agli Stati Uniti”.
NEWSLETTER DI COMUNE
LAS PATRONAS, SEMI DI LOTTA E DI SPERANZA
Acqua, riso, fagioli, banane. Infilati dentro semplici buste di plastica in modo da poter essere lanciati a chi viaggia come clandestino con la Bestia, il treno merci che percorre tutto il Messico fino agli Stati Uniti. Non c’è bisogno di essere persone molto speciali per fare quello che facciamo noi, dicono. Eppure la loro bellissima storia è conosciuta in tutto il mondo. Sono più di vent’anni che Las Patronas, alcune donne messicane della località di Guadalupe (La Patrona), nello Stato di Veracruz, offrono rifugio e cibo ai migranti nella piccola mensa allestita a pochi metri dai binari. Sulla Bestia salgono persone che arrivano dal Centroamerica quasi sempre piene di sogni e che invece subiscono molto spesso violenze di ogni genere. Vengono derubate, ferite, mutilate, uccise. A quelle vittime, colpevoli solo di conservare la speranza, devono chiedere scusa tutti i messicani, ha detto il vescovo Raúl Vera Lopez, celebrando l’anniversario di quella sorta di rito inventato da Doña Leo Vazques, la prima delle Patronas. A quelle donne coraggiose, per niente speciali, dobbiamo dire che hanno il merito di aver mostrato nel secondo millennio che aiutare chi ne ha bisogno è un aspetto del sentirsi umani ben più importante che sentire proprio il territorio di uno Stato. Alle splendide immagini di Ester Medina che ce le fa vedere, dobbiamo dire molte grazie
ESTER MEDINA E JUAN LEÓN GARCÍA
DIECI MODI PER SCONFIGGERE I RUOLI DI GENERE
Battaglie contro il gender, linguaggi misogini nelle istituzioni, violenze quotidiane sulle donne. È un sistema necrofilo, è un problema di potere, è il dominio degli uomini sulle donne. Ma se c’è una cosa da fare nei dibattiti sul “genere” è nominare il problema: noi. “Noi siamo il problema – dice Michael Zezima – Gli uomini sono il problema: patriarcato, supremazia degli uomini, violenza maschile e tutte quelle strutture istituzionali create per mantenere e confondere questo sistema…”. Occorre raggiungere la comprensione profonda che il genere è prim a di tutto una costruzione sociale, ideata per opprimere. Ci sono diverse cose da fare e da non fare per cominciare a camminare in quella direzione. Ad esempio:
1. Ascolta, convalida, rispetta, apprezza, fidati e difendi le donne.
2. Impara dalle donne.
3. Riscopri come essere silenzioso, come abbandonare le luci della ribalta, il palco, il microfono….
4. Supporta le donne e le ragazze in ogni sforzo per combattere il patriarcato.
5. Rifiuta il paradigma della mascolinità…
6. Disimpara…
7. …
MICHAEL ZEZIMA
► SMETTIAMO DI PARLARE DI GENERE E GENDER LEA MELANDRI
L’EDUCAZIONE È UN TRENO A VELA
“C’è da andare avanti col programma”, dice la maestra. “Bisogna garantire la produzione dell’azienda!”, urla l’amministratore delegato. “Va risanato il bilancio”, afferma il direttore dell’Asl. Benvenuti nella società e nella scuola dello scarto. Dove ai genitori del bambino o della bambina che in classe va più piano viene fatto capire che sarebbe meglio o dare un supporto ulteriore a quello scolastico, oppure inserirli in qualche altra scuola, magari speciale. Ma il treno dell’educazione è un treno a vela, che ha bisogno del respiro di tutti per andare. Non importa a che velocità: non è mica un talent-show, la vita
CARLO FRANCESCO RIDOLFI
► SCORGERE QUALCOSA CHE ACCADRÀ V. GUASTINI E C. F. RIDOLFI
CI RESTA LA DISOBBEDIENZA CIVILE
Un “nuovo” ordine mondiale produce, inventa e alimenta guerre ed esodi per dare spazio e proteggere i nuovi poteri finanziari. Opporsi sembra impossibile. “La governance dei nuovi poteri – spiega Bruno Amoroso – è assicurata da istituzioni militari come la Nato, dal business energetico industriale e tecnologico, e da pochi centri di potere della finanza internazionale. Impedire a questa governance di funzionare mettendo sabbia nei suoi meccanismi e distruggendo le sue istituzioni, è il passo necessario per ridare spazi di democrazia…”. La prima fortezza da espugnare è la Bce: per questo occorre intensificare “la denuncia del ruolo svolto dai sicari dell&r squo;economia, a iniziare da Mario Draghi” e sostenere campagne come la Dip (Dichiariamo Guerra alla Povertà). Sì, è tempo di resistenza e di organizzare un vasto movimento di disobbedienza civile
BRUNO AMOROSO
PERIFERIE ROMANE
È possibile ragionare di Roma senza mettere al centro le spese dei viaggi del sindaco, le sue relazioni complicate con la Chiesa e con il Pd? Accantoniamo anche le occupazioni abitative sgomberate e l’attacco nei confronti dei lavoratori (vedi assemblea Colosseo e scioperi trasporti) e perfino le discutibili (eufemismo) scelte di assessori come Stefano Esposito (noto per il suo disprezzo verso i No Tav) o Alfonso Sabella (noto invece per il suo incarico ai tempi dei fatti di Bolzaneto). Parliamo di periferie. E, grazie a un contributo di Carlo Cellamare – docente di urbanistica alla Sapienza – raccontiamo Roma per quello che realmente è. Il centro storico che si svuota di residenti. Il territorio di Roma Città metrop olitana che arriva a registrare 40 grandi centri commerciali (con quello di Bufalotta che raccoglie 16,5 milioni di consumatori l’anno, più dei visitatori del Colosseo). Il consumo di suolo che resta tra i più alti in Italia. L’abusivismo, storicamente consolidato, che non scompare. In questo contesto, spiega Cellamare, le politiche “del rammendo”, tentate per le periferie, appaiono del tutto inadeguate. Qualche motivo di speranza, ma ancora fragile, arriva dal basso, dalla presenza di forze sociali che esprimono uno sforzo di riappropriazione della città e dei luoghi di vita
CARLO CELLAMARE
COOPERAZIONE DECENTRATA PER LA VIO.ME
Hanno aperto una raccolta di denari attraverso donazioni, cene, vendite di libri e conferenze in modo da poter spedire ogni mese un bonifico di 330 euro alla fabbrica recuperata dai lavoratori Vio.Me. di Salonicco. “Una città in Comune” – la lista di cittadinanza di Firenze messa su da persone appartenenti a comitati e associazioni locali – ha scelto di non versare con donazione a fondo perduto, ma di utilizzare il denaro raccolto per l’acquisto dei prodotti (saponi ecologici) per conto di due cliniche solidali autogestite locali (Kia) di Thermi e Salonicco (cliniche promosse da medici e infermieri uniti a molti volontari e completamente gratuite) e del centro di auto-aiuto delle donne di Salonicco. Si genera così un piccolo circuito di resistenza e auto-aiuto
PAOLO CACCIARI
UNA NUOVA CULTURA DELLA SOLIDARIETÀ
Il comune di Matera fa parte della Rete dei Comuni Solidali (Recosol) e, come noto, sarà capitale europea della cultura nel 2019. Recosol, in accordo con gli amministratori locali, vuole far diventare la città di Matera anche capitale della solidarietà. Con 300 Comuni aderenti in tutta Italia, la Rete dei Comuni Solidali da 12 anni reinventa il significato di cooperazione decentrata e promuove progetti in alcune comunità del sud del mondo. Negli ultimi anni Recosol ha anche avviato progetti di accoglienza per richiedenti asilo e profughi: per questo il 9 e 10 ottobre promuove un incontro tra amministratori locali e operatori sociali. un momento per dare visibilità a una narrazione diversa su q uesti temi e per accompagnare la rete solidale concreta e attiva che esiste in molti territori. Sì, esiste una dimensione fatta di fatica e impegno, molto diversa da quella raccontata dai “grandi” media in seguito agli scandali romani di Mafia capitale
RECOSOL
BACCHE D’AUTUNNO: IL BIANCOSPINO
Non siamo abituati a passeggiare nei boschi. Al supermercato il cibo non conosce più stagioni. Intanto, le multinazionali farmaceutiche ci riempiono di chimica in scintillanti confezioni e il mercato fa di tutto per non lasciare spazio all’autoproduzione. Eppure basta poco per cominciare a ribaltare quei dogmi imposti dai cultori della crescita. Chi prova, ad esempio, a fare due passi in un bosco dell’Appennino in queste settimane, sarà accolto dalle bacche rosse di biancospino che occhieggiano tra il verde del fogliame e il grigio dei rami. Questo arbusto piuttosto spinoso è l’ideale per la nidificazione degli uccelli ed è anche la mensa di tordi, pettirossi e merli. I suoi frutt i possono essere utilizzati per infusi, confetture o sciroppi. Nei libri di cucina odierni le ricette che ne prevedono l’utilizzo non compaiono più, ma si sa che nel passato le classi sociali più povere, una volta essiccate, le riducevano in farina o le mescolavano alla pasta del pane. Ecco allora qualche notizia su come utilizzare questa pianta e sulle sue proprietà, invidiate da molti farmaci
FLORA DELLI QUADRI
LA BUONA VITA, IL SUMAK KAWSAY
Siamo una parte complementare della natura, possiamo sperimentare ogni giorno reciprocità e cura dell’ambiente e delle altre persone, possiamo imparare a lottare per un presente e un futuro migliori. C’è un pensiero alternativo a quello occidentale che resiste e soffia dalla cordigliera delle Andre, un pensiero che rifiuta lo sfruttamento della natura e dell’altro. In un esercizio da archeologo della parola – riproposto da La macchina sognante –, in grado di indagare il parlato quotidiano così come i gesti e i rituali, Ariruma Kowii, poeta e scrittore ecuadoriano, mostra come nelle comunità quichua si concentrano espressioni che condensano processi e sguardi del mondo diversi. Al centro resta il Sumak Kawsay: sumak significa ciò che è ideale, buono, kawsay è la vita degna
ARIRUMA KOWII
I SEM TERRA NELLE TRE CRISI DEL BRASILE
La crisi che investe in modo dirompente il Brasile, secondo Joao Pedro Stedile, il leader più noto del Movimento dei Sem Terra, ha almeno tre facce: quella economica, perché il Brasile non cresce più e il capitalismo ha accentuato la dipendenza del paese con la de-industrializzazione e la “primarizzazione”, riducendo le potenzialità al solo sfruttamento delle risorse naturali. C’è poi la crisi urbana, con i trasporti costosi e di scarsa qualità, il problema della casa e l’istruzione superiore che assorbe solo il 15 per cento dei diplomati a livello secondario. Senza dimenticare le migliaia di scuole rurali chiuse e che ogni anno vengono uccise a lmeno 40 mila persone, quasi tutti poveri, giovani e neri mentre altre 50 mila vengono fatte scomparire. C’è infine la grande crisi politica, con la popolarità di Dilma Rousseff scesa al 7 per cento, la corruzione dilagante e un sistema elettorale che sequestra la volontà popolare e permette una sovra-rappresentazione dei proprietari terrieri. Il popolo brasliano, dice Stedile, deve ricostruire il suo spazio nelle strade piuttosto che nella politica istituzionale, Da tempo il Mst ha annunciato la ripresa delle occupazioni di terre
FRANCOIS HOUTART
CHI DIFENDE L’ACQUA SI PREOCCUPI DEL CLIMA
Perchè il movimento dell’acqua italiano ed europeo dovrebbero partecipare alle manifestazioni che si terranno a Parigi, in dicembre, in occasione dell’incontro tra i governi mondiali sul riscaldamento globale? Per esempio, perchè l’aumento delle temperature, compreso quello impressionante del mare, ha alterato e accelerato il ciclo idrico. Lo farà sempre più, riducendo ancora la disponibilità di acqua dolce disponibile. Ce lo segnala Antonio Lupo, del Comitato italiano degli Amig@s dei Sem Terra del Brasile, che raccoglie un accorato invito di Alex Zanotelli, confortato dalla chiarezza indiscutibile delle cifre raccolte da Leonardo Boff. Agrobusiness e Idrobusiness sono i grandi nemici della Natura e dell’Umanità, nella lotta per mantenere e ridare la fertilità al suolo c’è invece la base per un’alleanza vera tra i movimenti dell’acqua e della terra
ANTONIO LUPO
GLI ASSASSINI DEL CLIMA
Questo è un momento storico: siamo di fronte all’ultimo bivio. “Nel passato, uomini e donne determinati hanno resistito e sconfitto i crimini della schiavitù, del totalitarismo, del colonialismo e dell’apartheid… – scrivono Desmond Tutu, Noam Chomsky, Vivienne Westwood, Naomi Klein e molti altri e altre in un appello verso la conferenza Cop 21 sul clima di Parigi – Il cambiamento climatico è una sfida simile, e noi stiamo alimentando un’altrettanto simile reazione…”. Fermiamo gli assa ssini del clima
C. R.
TENDOPOLI, CONTAINER O DIRITTO ALL’ABITARE?
Novembre 2014: Comune di Bari e Prefettura sgomberano decine di migranti dall’ex convento di Santa Chiara. Per loro allestiscono (si fa per dire) una tendopoli nel capannone ex Set, quartiere Libertà. Qui sono oggi costretti vivere in condizioni orrende e a dormire ammassati in otto/dieci persone in tende di venti metri quadri. Nonostante questo scelgono la strada del confronto e dell’autorecupero proponendo di rendere abitabile col loro lavoro un immobile dismesso (ex ospedale o caserma, case sfitte o confiscate). La risposta del Comune? Un bando di gara per la messa in opera di prefabbricati/container metallici utilizzando 1,6 milioni di euro governativi. I migranti, lo dimostrano sempre pi&ugra ve; vicende, sono per tanti solo business. In un appello che rimbalza in diverse città della Puglia, quelli dell’assemblea dell’ex Set di Bari fanno sapere: “Semplicemente vogliamo riprenderci la nostra dignità… Per questo vi chiediamo di sostenerci nel convincere le istituzioni competenti a cambiare decisione. Invece di allestire prefabbricati metallici vogliamo che i soldi disponibili siano utilizzati per una soluzione abitativa diversa…”. Da Ventimiglia al Baobab di Roma, migranti e non si riappropriano di territori, di diritti e di vita comune
ASSEMBLEA EX SERT BARI
INCIAMPARE, NON ARRENDERSI E RIALZARSI
«Qui al Beccaria (l’istituto penale per minorenni di Milano) incontri ragazze e ragazzi che sono stati bambine e bambini come i miei – scrive Paolo L., maestro – e poi sono inciampati in una realtà troppo grande per loro. E qui hanno incontrato molte delle persone ordinariamente straordinarie… che gli hanno fornito strumenti per rialzarsi e ripartire. Uno di questi strumenti è il teatro. Adesso sono lì sul palco a cimentarsi in “Sogno di una notte di mezza estate”. Sì, è stato facile arrivare qui dalla mia scuola. Così come è facile per quelli come noi che si occupano di bambini e ragazzi decidere di non arrendersi. Mai…»
PAOLO LIMONTA
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