Come già successo all’epoca della prima crisi generale (nel periodo 1900-1945), la guerra diventa non tanto e non solo il modo per dirimere questioni politiche ed economiche fra Stati…
Avanti popolo, alla riscossa!
C’è una soluzione allo sfascio in cui la classe dominante sta spingendo il mondo.
Come già successo all’epoca della prima crisi generale (nel periodo 1900-1945), la guerra diventa non tanto e non solo il modo per dirimere questioni politiche ed economiche fra Stati (“la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi” diceva Clausewitz, il maggiore teorico della strategia militare moderna), ma il modo a cui ogni gruppo imperialista ricorre per valorizzare il proprio capitale e per fare le scarpe ai propri concorrenti. Per far fronte alla crisi generale del capitalismo, la borghesia imperialista deve promuovere e ricorrere alla guerra sempre più aperta e dispiegata.
Il saccheggio, la devastazione ambientale, l’oppressione delle masse popolari dei paesi dominati dal sistema imperialista, combinate con il ricorso alla guerra aperta in tutti i continenti, sono la principale causa anche dei flussi migratori. (…)
La lotta di classe non è solo né principalmente lotta per migliori condizioni di vita e di lavoro, per più democrazia e diritti. E’ principalmente lotta di classe per il potere, per costruire la società in cui le masse popolari da classi oppresse diventano classe dirigente. La prima ondata della rivoluzione proletaria conferma che sono le masse popolari a fare la storia e insegna che la classe operaia, guidata dal suo Partito comunista, può dirigere le masse popolari a fare la rivoluzione e a costruire il socialismo. [leggi tutto]
Tre questioni su cui la sinistra salottiera alimenta confusione
E’ molta la confusione sul funzionamento della società borghese. Una confusione creata ad arte, per alimentare lo smarrimento e la sensazione di impotenza tra le masse popolari. I professoroni della sinistra borghese dall’alto delle loro cattedre sono parte integrante di quest’opera di intossicazione: anzi sono il principale “altoparlante” direzionato verso l’orecchio degli operai, lavoratori e studenti più attivi. Per diversi decenni ci hanno detto che la classe operaia era morta, che la composizione di classe e il mondo del lavoro erano talmente cambiati (precarietà, sviluppo dell’informatica, globalizzazione, ecc. ecc.) che l’analisi marxista della società borghese era superata, che il capitalismo aveva trovato una sua stabilità, che non erano più possibili crisi, che non erano più possibili guerre “tra paesi occidentali”, che il comunismo era un insieme di orrori ed errori e che l’unica via da seguire era rendere il capitalismo più umano.
Gli avvenimenti del 2008 (entrata della seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale nella sua fase acuta e terminale) hanno sconvolto questi dotti ragionamenti. Ma come se nulla fosse, questi tromboni, senza fare un minimo di autocritica, hanno iniziato a suonare una “nuova” litania: dalla crisi attuale si può uscire solo attraverso l’aumento della spesa pubblica da parte del governo (come fatto con la crisi del ’29), la borghesia può governare la crisi (e, forse, la crisi è solo una manovra mediatica costruita ad arte per giustificare l’eliminazione dei diritti conquistati delle masse popolari e fare nuove guerre) e, ovviamente, il comunismo è un ideale (utopia, sogno) irrealizzabile e bisogna puntare a riformare il capitalismo (anche attraverso dure lotte e misure come l’uscita dall’Euro).
Analizziamo questi ragionamenti uno per volta. [leggi tutto]
Crisi politica: Renzi, la Costituzione e l’alternativa alla Repubblica Pontificia
Quando i vertici della Repubblica Pontificia lo avevano scelto come capo del governo, scalzando Letta senza troppi complimenti, Renzi aveva assunto, precisamente, due compiti.
Il primo era portare a fondo una serie di riforme che eliminano quanto resta dei diritti e delle tutele dei lavoratori delle aziende capitaliste (degli operai, non solo dei metalmeccanici) e, insieme a essi, eliminare diritti e tutele per ampi settori delle masse popolari, dare libertà di manovra per speculatori e palazzinari, dare il colpo di grazia al sistema dell’istruzione pubblica. In questo campo rientrano sia le manovre per dare seguito alle leggi contro i sindacati combattivi ed escluderli di fatto dai posti di lavoro, sia quelle per mettere fuori gioco la CGIL (che, pur con la Camusso e gli altri nipotini di Craxi al comando, rimane il più ampio, articolato e capillare aggregato che raccoglie e organizza i lavoratori del paese). E questo lo ha fatto, con le quattro riforme già approvate dal Parlamento di imbucati e corrotti che le hanno votate pur non essendo mai stati eletti da nessuno per farlo.
Il secondo compito era portare a fondo il processo per rendere “più stabile” e “più governabile” il paese: quella serie di piccole e grandi riforme attraverso cui i vertici della Repubblica Pontificia accentrano il potere nelle loro mani.
Anche in questo campo Renzi ha premuto l’acceleratore. Il centro dello scontro delle scorse settimane, tutto interno ai vertici della Repubblica Pontificia e alle rappresentazioni del teatrino della politica borghese, è stato la riforma della Costituzione (abolizione del Senato elettivo), in stretta relazione con la riforma elettorale, l’Italicum. (…)
[leggi tutto]
Grecia: non bastano le elezioni la crisi si aggrava
E’ cambiato molto, anche se a prima vista (percentuali, maggioranza di governo e formazione del governo) sembra non sia cambiato niente. [leggi tutto]
Costituzione e autonomie locali. Dai sindaci del pci del dopoguerra a quelli che resistono alle manovre eversive del governo Renzi
Quella tendenza all’accentramento dei poteri da parte dei vertici della Repubblica Pontificia di cui parliamo nell’articolo Crisi politica. Renzi, la Costituzione e l’alternativa alla Repubblica Pontificia a pag. 1 è il contesto generale in cui si inseriscono le manovre del governo Renzi per limitare l’autonomia degli enti locali. Questo articolo, che non è esaustivo sulla questione, ha tre obbiettivi:
– mostrare il legame fra le manovre che i vertici della Repubblica Pontificia hanno imposto nel tempo per impedire l’autonomia degli enti locali e le manovre per limitare l’influenza e l’opera del movimento comunista;
– mostrare la natura della contrapposizione fra governo centrale ed enti locali nella Repubblica Pontificia che ancora oggi concorre alla crisi politica e all’ingovernabilità “dall’alto” del paese;
– mostrare che solo nel solco della costruzione del Governo di Blocco Popolare la questione delle autonomie locali può trovare soluzione positiva. [leggi tutto]
Via Tanaro, 7 – 20128 Milano – Tel/Fax 02.26306454
e-mail: carc@riseup.net – sito: www.carc.it