La rete
YASunidos, i difensori dello Yasunì, sostiene che non sia possibile estrarre petrolio senza impatti ecologici e sociali irreversibili, nonostante le obiezioni del governo ecuatoriano che impiegherebbe tecnologia all’avanguardia per minimizzare i danni.
Nell’Amazzonia ecuatoriana, l’attività petrolifera si registra dalla fine degli anni 60 con conseguenze devastanti, sociali ed ambientali. Nello stesso Parco Nazionale dello Yasunì, ormai simbolo mondiale della resistenza all’estrazione petrolifera, si estrae petrolio nei lotti 12, 15, 16, e 31. Nel sud est del parco si trova il lotto 55 o Campo Armadillo; qui il Ministero dell’Ambiente starebbe tramitando la licenza ambientale per la concessione petrolifera.
Pato Chávez di YASunidos sostiene che a causa della presenza delle popolazioni occulte “si dovrebbe negare qualsiasi estrazione”.
Pablo Piedra, anch’egli membro del collettivo e avvocato, sottolinea come l’attività petrolifera in questo territorio “sarebbe devastante per la sua esistenza estremamente fragile”. Circa 33 specie sono in pericolo di estinzione, secondo la UICN.
Lo stesso stato ecuatroriano ha sospeso nel 2009 l’attività di esplorazione petrolifera nell’Armadillo, per le evidenze riscontrate della presenza delle popolazioni Tagaeri e Taromeane, in isolamento volontario – la Costituzione ecuatoriana (Art.57) cataloga come etnocidio le attività estrattive nel territorio taromeane. Però, a settembre 2013, il Governo si è contraddetto dichiarando ufficialmente che nell’Armadillo non ci sono popolazioni occulte, dando via libera all’estrazione petrolifera.
Nella Lettera Aperta, coloro che da anni lavorano, con diverse modalità, per la protezione di queste popolazioni, chiedono al governo ecuatoriano di fermare immediatamente l’attività petrolifera nel lotto 55. Unitevi a loro.