A partire dagli anni ’90, dopo una fase di militanza di classe e di difesa del patrimonio storico del movimento comunista, abbiamo preso atto che la fase che si era aperta aveva caratteristiche di svolta epocale che non poteva che indurci ad una riflessione molto seria sul futuro.
Ieri e oggi, il ruolo di Aginform
A partire dagli anni ’90, dopo una fase di militanza di classe e di difesa del patrimonio storico del movimento comunista, abbiamo preso atto che la fase che si era aperta aveva caratteristiche di svolta epocale che non poteva che indurci ad una riflessione molto seria sul futuro.
Principalmente abbiamo preso le distanze da due posizioni speculari. Da una parte nei confronti dei ‘ricostruttori’ italiani di comunismo che in realtà, oltre ad essere responsabili della nascita e, per fortuna, della morte del comunismo bertinottiano, ripropongono nuove rifondazioni basandosi su cascami di nomenclatura e di culture tardo togliattiane.
Dall’altra abbiamo capito che c’era e c’è ancora un ceto definito ‘alternativo’, sul piano politico e parasindacale, che, nella tradizione inaugurata nel post sessantotto, ripropone il conflitto in forme farsesche, facendo il verso al quadro politico istituzionale senza riuscire mai a scalfirne la dinamica se non nei momenti in cui lo scontro si presenta come provocazione. Nella maggioranza dei casi, però, gli attori di questo teatrino usano la farsa per ricavarsi nicchie di sopravvivenza e anche qualche vantaggio personale ed economico, quando non passano armi e bagagli dall’altra parte, come è avvenuto più e più volte negli ultimi decenni.
A fronte di queste due posizioni, pur consapevoli della difficoltà di trasferire il nostro punto di vista dal ragionamento alla pratica, abbiamo individuato un modo di far fronte alla nuova situazione che non fosse di rinuncia a una posizione politica pubblica, ma che non riproponesse mistificazioni.
Da questo è nato Aginform e il suo modo di relazionarsi alla situazione esterna. Analisi degli avvenimenti post 1989 e giudizio sui movimenti reali e sul loro vero significato.
Dopo un po’ di anni abbiamo avuto la conferma di due cose. Che il tessuto comunista, a livello interno e internazionale, non aveva dimostrato una capacità reale di ripresa e ciò che era sopravvissuto era sostanzialmente puro ideologismo, pur nei vari distinguo di tattica e realpolitik. Un ideologismo che non aveva e non ha la forza di ripresentarsi alla ribalta della storia come protagonista di trasformazioni sociali e di contrasto reale con la situazione. E, in secondo luogo, che a livello di tessuto organizzativo e teorico non era maturato un soggetto adeguato alla nuova fase che potesse pretendere di chiamarsi comunista.
Ovviamente noi siamo parte di questa crisi e ne vediamo, aldilà delle intenzioni, i limiti oggettivi. Quindi Aginform ha navigato in questa situazione senza poter sciogliere i nodi che si manifestavano via via di fronte a chi tentava di coniugare un’analisi realistica con un programma che avesse la forza di imporsi realmente come alternativa all’esistente e con caratteristiche di trasformazione rivoluzionaria. A nostro parere un programma di respiro strategico non trova ancora le gambe per camminare. Nonostante questo, un lavoro è quanto mai necessario, non solo a livello di informazione ma anche di indirizzo di ricerca. Siamo alla preistoria della nuova fase, anche se gli avvenimenti corrono velocemente, consapevoli che solo una forza comunista rivoluzionaria, raccogliendo l’eredità di ciò che i comunisti sono stati, potrà sciogliere i troppi nodi che si sono accumulati.
Aginform
1 gennaio 2016