Nel contesto della grande guerra che si sta svolgendo in Medio Oriente e nonostante il caos apparente che la caratterizza, alcuni elementi certi stanno emergendo.
Il Medio Oriente verso una nuova Yalta
Nel contesto della grande guerra che si sta svolgendo in Medio Oriente e nonostante il caos apparente che la caratterizza, alcuni elementi certi stanno emergendo.
In primo luogo che il gioco d’azzardo turco, saudita e americano contro il fronte della resistenza a prevalenza sciita e la Siria non ha sortito l’effetto voluto. La triade che ha operato perchè si scatenasse l’attacco dell’ISIS in modo da modificare gli equilibri che si andavano determinando a scapito del fronte che fa capo agli americani, non ha raggiunto il risultato sperato.
Anzi, nel nuovo contesto, mentre turchi e sauditi hanno dovuto ridimensionare le loro pretese di comprimari degli americani, la situazione sul campo si andava complicando. L’intervento russo a favore della Siria, il fronte siriano-libanese, con l’aiuto dei curdi e con la collaborazione di iracheni e iraniani, ha reso impossibile una vittoria militare. Non solo, ma il terrorismo ISIS e la vicenda dei profughi sono diventati un boomerang che ha costretto gli imperialisti occidentali a modificare la loro strategia.
In particolare l’intervento russo è diventato, per la sua efficacia, uno spettro che faceva prevedere uno scenario da incubo per l’occidente imperialista che aveva dominato fino ad allora l’area mediorientale. Non essendo riusciti a contrastare efficacemente l’iniziativa russo-siriana, gli americani per primi hanno deciso di aprire la fase della ‘lotta al terrorismo’ organizzando l’intervento militare, Libia compresa, in modo da ridisegnare sul campo i rapporti di forza e le aree di influenza. Non più bombardamenti di facciata, ma piani di attacco anche a terra.
A questo punto anche inglesi e francesi hanno preso l’iniziativa di inserirsi nella contesa. Questo è un fatto in parte nuovo ed è, a nostro parere, anche una conseguenza dell’indebolimento americano sulla scena internazionale.
Si dice che quando il gatto non c’è i sorci ballano. Nei fatti la prima sortita l’hanno fatta turchi e sauditi ritagliandosi un ruolo di potenza regionale, poi, di fronte all’emergenza Russia, inglesi e francesi hanno pensato bene di rientrare in gioco nella partita mediorientale. L’Italia invece medita ancora confermando la definizione di ‘imperialismo straccione’ e il ruolo al servizio degli americani.
Se questa è la situazione perchè tiriamo in ballo Yalta?
Il paragone ci viene suggerito dall’accordo sul cessate il fuoco, un accordo molto instabile che però in prospettiva può permettere agli americani di reinserirsi in Iraq con la scusa della lotta all’ISIS, di stringere rapporti col settore curdo e di rientrare in ballo anche in Libia. Anglofrancesi e perfino gli italiani potranno avere la loro parte del bottino. Un accordo di ridefinizione di ruoli per aree di influenza avverrebbe appunto sulla base dei principi di Yalta dal momento che gli attori sono più o meno gli stessi di allora. Il Medio Oriente cambierebbe però il suo volto. Finirebbe di essere il giardino di casa degli americani e diverrebbe un’area in cui le diverse forze in campo giocherebbero, diversamente dal passato, un ruolo autonomo e non solo a servizio dell’imperialismo occidentale. Diversamente da Yalta però gli equilibri non sarebbero affatto stabilizzati. Troppe sono le variabili e le spinte che sussistono in un Medio Oriente sconvolto da decenni di guerre di aggressione e con la presenza ingombrante di Israele.
In ogni caso, per noi antimperialisti la nuova Yalta non è certo una sconfitta, ma anzi una vittoria seppur temporanea.
Aginform
5 marzo 2016