02/03 - ARRESTATO SANTIAGO URIBE, FRATELLO DEL NARCO EX PRESIDENTE ÁLVARO URIBE VÉLEZ
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Il 29 febbraio scorso agenti della Procura Generale hanno arrestato a Medellín Santiago Uribe, fratello dell'ex presidente Álvaro Uribe Vélez e indagato per appartenenza al gruppo paramilitare dei “Dodici Apostoli”, attivo principalmente a Yarumal, nel dipartimento di Antioquia. Le accuse contestate sono di concorso a delinquere aggravato e omicidio aggravato, e sono corroborate da testimonianze di ex poliziotti che lo individuano come uno dei leader della suddetta banda paramilitare, dedita alla “pulizia sociale” e finanziata da latifondisti e commercianti. Sembra che il castello di impunità che ha salvato finora il narco ex presidente Uribe, rappresentante della parte dell'oligarchia più ostile ai Dialoghi di pace dell'Avana, stia crollando pezzo dopo pezzo; sono innumerevoli le indagini e denunce su di lui ed i suoi sodali. E mentre Santiago assaggia la permanenza dietro le sbarre, Uribe teme per il suo immediato futuro, considerando che l'accordo sulla Giurisdizione di Pace prevede esplicitamente la possibilità di indagare su crimini di lesa umanità commessi da chiunque, soggetti statali e non, armati e non, compresi ex presidenti.
LA PRETESTUOSA POLEMICA DEL GOVERNO SANTOS PER LA PRESENZA DI COMANDANTI DELLE FARC NELLA GUAJIRA
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Negli scorsi giorni, l'ultradestra colombiana ha sollevato una polemica campagna, alla quale si è affrettato ad aderire Santos, per denunciare presunte intimidazioni e “proselitismo armato” delle FARC, utilizzando come pretesto la presenza di membri della Delegazione di Pace dell'insorgenza a El Conejo, nel settentrionale dipartimento della Guajira. Alcune immagini dei portavoce della guerriglia e di guerriglieri armati, circondati dalla popolazione locale che li acclamava, hanno scatenato l'ennesimo show mediatico dell'oligarchia. Come ribadito dal Segretariato delle FARC in un comunicato, la presenza dei portavoce della delegazione guerrigliera, capeggiati dal Comandante Iván Márquez, è motivata dalla necessità di “comunicare i passi in avanti del processo di pace ai guerriglieri e alle masse”. In sostanza, è ciò che le parti avevano precedentemente accordato e denominato “pedagogia di pace”. Il vero scandalo è piuttosto che, nel paese dei record degli omicidi politici che falcidiano da decenni l’opposizione politica e sociale al regime oligarchico, si gridi allo scandalo se alcuni massimi dirigenti delle FARC dispongono di un dispositivo di guerriglieri che li protegga, tanto più in un contesto complessivo in cui il governo colombiano non solo non ha ancora firmato un cessate il fuoco bilatrerale, ma si nega altresì a combattere risolutamente il dilagante paramilitarismo; il quale peraltro è diretto, sponsorizzato e patrocinato dalla medesima cricca di uribisti e alfieri del regime che danno in escandescenza per la presenza di una scorta guerrigliera a El Conejo. In realtà, i guerrafondai narco-uribisti fanno di tutto per far fallire i dialoghi, terrorizzati proprio dall'idea dell'agibilità politica di cui guerriglia e movimento popolare dovrebbero godere qualora le parti arrivassero a sottoscrivere un trattato di pace. Da parte sua, Santos ha bisogno di addebitare all'insorgenza la mancata firma del suddetto trattato entro la scadenza di marzo, che il governo stesso ha reso chimerica fin dall’inizio con un atteggiamento ostruzionistico, unilateralista e arrogante al Tavolo dei Dialoghi dell’Avana. La firma di un accordo finale ha evidentemente bisogno di tempi fisiologici che Santos non può imbrigliare per semplici ragioni propagandistiche: per sciogliere i nodi di un conflitto politico, sociale ed armato che dura da oltre mezzo secolo, è necessario affrontare tutte ed ognuna delle questioni irrisolte in materia agraria, di partecipazione politica, di politiche sulle droghe, di meccanismi di approvazione popolare ed implementazione degli accordi raggiunti. Gli uribisti, dal canto loro, sono piuttosto indaffarati e sulla difensiva per via del recentissimo arresto del fratello dell’ex presidente fascista Alvaro Uribe, Santiago, membro della cupola paramilitare “i 12 apostoli” ed accusato di omicidio aggravato ed associazione a delinquere. La pretestuosa polemica amplificata da Santos e dai media oligarchici è soltanto una delle manifestazioni del desiderio onirico del regime di sconfiggere le FARC al Tavolo dei Dialoghi, come quello di vecchia memoria di spezzare la colonna vertebrale della guerriglia sul piano militare. Onirici entrambi, appunto.
10/03 – AUTORITA’ PENITENZIARIE SAPEVANO DEGLI ORRORI DEL CARCERE “LA MODELO” DI BOGOTA'
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Secondo la testimonianza di un paramilitare smobilitato, l'Istituto Nazionale Penitenziario e Carcerario della Colombia (INPEC) era a conoscenza delle oltre 100 sparizioni avvenute fra il 1998 ed il 2001 nel carcere “La Modelo” di Bogotá. I fatti descritti sono agghiaccianti: nel 2001 un maiale di un allevamento a sud di Bogotá, nutrito con scarti di cibo provenienti dal suddetto carcere in virtù di un accordo con l'INPEC, è stato rinvenuto con una mano umana. Nella casa degli orrori del carcere “Modelo” descritta dal paramilitare, i corpi degli scomparsi sono stati fatti a pezzi e dati letteralmente in pasto ai maiali, dopo essere stati sottomessi attraverso scariche elettriche e “soffocati, avvelenati o accoltellati”. Caterina Hyeck, direttrice della Procura Nazionale Specializzata, ha segnalato che le persone scomparse erano sia reclusi, sia visitatori e persone non sottoposte a pene. La Procura (finalmente) indaga su questi fatti e sulle carceri di San Isidro (Popayán), La Modelo (Bucaramanga) ed El Bosque (Barranquilla), e sulle complicità dell'INPEC. Ma il sistema carcerario colombiano, al collasso, va integralmente ripensato, perché luogo per eccellenza della violazione dei diritti umani in quanto specchio di una società dove tali violazioni sono norma e regola. Il regime presieduto in questa congiuntura dall’oligarca Santos, non solo ha la sfacciataggine di negare l’esistenza del paramilitarismo di Stato, ma ne agevola anche in tutti i modi le pratiche terroristiche ai danni di oppositori, o anche solo di testimoni scomodi. Ma per costruire una pace sostenibile e duratura dovrà riconoscere la propria responsabilità e smantellare il paramilitarismo che è, in ultima istanza, una politica controinsorgente di Stato.