Nigeria, Azerbaijan, Salento e Abruzzo… il governo ha un chiodo fisso: difendere i trivellatori. Ecco perché teme il referendum, ecco perché sbraita contro lo slogan della decrescita.
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PIACERE (PAOLA SCATENA)
“Piacere di aiutarvi: lo stesso che ho di leggervi!”
L’OSSESSIONE DELLE TRIVELLE
Sarebbe grave pensare che con le dimissioni della ministra Federica Guidi la questione trivelle resti relegata alla Val d’Agri e alle aule processuali. Nigeria, Azerbaijan, Salento e Abruzzo… il governo ha un chiodo fisso: difendere i trivellatori. Ecco perché teme il referendum, ecco perché sbraita contro lo slogan della decrescita
ANTONIO TRICARICO
LA FINE DELLO SVILUPPO
Dal triangolo Milano-Torino-Genova a Porto Marghera; da Bagnoli a Taranto, e poi i vari stabilimenti petrolchimici a Brindisi, Gela, Priolo, località marittime con habitat delicati e ad alta vocazione turistica… La critica allo sviluppo è sempre stata minoritaria, anche nel Pci e nel sindacato, ma qualcosa negli ultimi anni si è rotto: un certo ambientalismo è diventato di massa con le lotte contro gli inceneritori, le discariche, le centrali a carbone. «È stata la malattia a mandare gambe all’aria il vecchio storicismo antropocentirico – spiega Piero Bevilacqua – Grandi masse di cittadini hanno scoperto che la storia ha cambiato il suo corso e la crescita economica non genera di per sé benessere e progresso. Il nuovo ambientalismo italiano oggi parla un linguaggio che non è più “sviluppista”, scopre il valore storico dei territori, della natura antropizzata e trasformata in paesaggio e bellezza, e il ceto politico… »
PIERO BEVILACQUA
IL MONDO CHE VOGLIAMO E IL REFERENDUM
Oltre a votare Sì il 17 aprile, abbiamo bisogno di iniziare ad adottare stili di vita sempre meno dipendenti dal petrolio: “Facciamo in modo di diminuire la richiesta, riduciamo gli sprechi, evitiamo la plastica, ottimizziamo l’uso dell’automobile – scrive Daniele Previtali, insegnante-contadino -, evitiamo di acquistare o tenere nell’armadio tanti vestiti inutili (per produrli serve molta energia, regaliamoli!), preferiamo il cibo crudo e riduciamo carne e latticini (che ci fa anche bene alla salute), installiamo stufe a legna (non pellet) per il riscaldamento di casa, eliminiamo (o almeno riduciamo) tabacco e alcolici, favoriamo il riuso di oggetti usati invece di acquistarne sempre di nuovi, acqu istiamo cibo e prodotti da aziende che puntano sulla riduzione delle fonti fossili, non acquistiamo prodotti che arrivano da lontano (ad esempio la frutta tropicale), cerchiamo di autoprodurre in casa il più possibile usando ingredienti locali, favoriamo il turismo a basso impatto ambientale (ovvero in agriturismi o ecovillaggi che attuano pratiche di sostenibilità)… Possiamo fare davvero tanto… “. #NoTriv ogni giorno
DANI ELE PREVITALI
DECRESCITA CON MARX SERGE LATOUCHE
L’ILLUSIONE DEL PROGRESSO È FINITA ANTONIO CASTRONOVI
COME PORTARE LA NONNA A VOTARE MARCO GERONIMI STOLL
CORRUZIONE OFFSHORE LUCA MANES
Uno ogni dieci cittadini degli Stati Uniti viene ripetutamente sfrattato, Gustavo Esteva ha letto l’ultimo bel libro di Matthew Desmond. Il giovane sociologo urbano statunitense racconta con molto rigore e altrettanta passione le dimensioni e la crudeltà della povertà nel suo paese. “Nessun codice morale o principio etico, nessun passo delle Scritture o insegnamento sacro può essere evocato per giustificare ciò che abbiamo lasciato che il nostro paese diventasse”, scrive. Tanta amarezza non è certo un privilegio esclusivo degli Usa. Vale per il Messico di Esteva come per molti altri e diversi luoghi. La nostra ultima speranza potrebbe forse viv ere, però, proprio fra i poveri, dove esistono ancora forme di generosità, codici morali e principi etici sempre più rari in altre fasce sociali. È il caso di diverse comunità indigene e di alcuni quartieri delle metropoli, dove si può trovare il seme della rigenerazione. Anche perché, dice Esteva, senza un principio fondamentale di aiuto reciproco e codici morali rispettati non c’è possibilità di sussistenza per i più poveri. Le capacità di resistere e di creare mondi nuovi si possono recuperare solo dal basso
GUSTAVO ESTEVA
QUELLE SCUOLE SENZA GIARDINO
Dov’è la ricerca dei lombrichi e la relativa comprensione del loro ruolo? Dov’è la cura per un orto didattico che comprenda la costruzione di una compostiera? Dove la riflessione guidata sui cambi delle stagioni? Ma davvero pensiamo sia possibile educare alla custodia della Terra e al rifiuto di tutte le trivellazioni se continuiamo ad escludere la relazione con la natura dalla vita di ogni giorno?
VALENTINA GUASTINI
SENZA ZAINO E SENZA VOTO
Occorre ribaltare la scuola per mettere al centro il piacere di apprendere, il rispetto dei tempi di ognuno, il protagonismo dei bambini e dei ragazzi, la cooperazione per chi fatica più degli altri. Per questo la Rete delle Scuole Senza Zaino ha lanciato la campagna “Togliere il voto”
ALEX CORLAZZOLI
LA PENA DI MORTE SPIEGATA AI BAMBINI
Secondo Amnesty international, nel 2015 c’è stato il più alto numero di esecuzioni da più di venticinque anni a questa parte… Non c’è nulla di giusto in questa storia
ALESSANDRO GHEBREIGZIABIHER
C’È CHI NON RESTA A GUARDARE: L’ORTO BIO DEI MIGRANTI
Hanno costituito un coordinamento tra chi si occupa di migranti e l’hanno chiamato Padova accoglie. Oltre a varie iniziative pubbliche di contrasto alla xenofobia istigata dagli “imprenditori dell’odio”, al governo di città e Regione, e di sollecito nei confronti delle istituzioni preposte alla gestione dei flussi migratori, hanno dato vita a una vera e propria joint venture del fare solidale e dell’inclusione. Ci sono le associazioni di volontariato, tra cui Per un sorriso, ci sono le cooperative sociali, tra cui Percorso vita di don Luca Favarin, c’è una cooperativa agricola biologica El Tamiso, ci sono i centri sociali con le scuole di italiano e le staffe tte di Over The Fortress ad Indomeni per installare internet point, sistemi idraulici e illuminazione nei campi profughi, c’è l’Università che presto darà vita a un master interdisciplinare per formare persone in grado di occuparsi con competenza del principale problema della nostra epoca. Il primo frutto di queste collaborazioni è un progetto pilota di centro di accoglienza per venticinque profughi nel comune di Este: ci saranno spazi aperti alla cittadinanza, un cineforum, una scuola di ceramica, un campo da calcio e 4.000 metri quadrati dove si sta realizzando un orto. Servirà a rifornire la cucina del Centro, ma anche due ristoranti…
PAOLO CACCIARI
SE L’AMORE SI CONFONDE CON IL POTERE
“Il dominio maschile non è mai venuto meno, ma da un secolo a questa parte sono avvenuti grandi cambiamenti nel rapporto tra i sessi – scrive Lea Melandri – Il terremoto più forte è stato prodotto dal femminismo degli anni Settanta, in quanto critica radicale ai ruoli del maschile e del femminile, alla loro presunta “naturalità”, alla cancellazione della sessualità femminile e della donna come individuo/persona, alla divisione sessuale del lavoro, alla maternità come destino….”. Se è vero che il dominio patriarcale è in declino allora è questo il momento per interrogare a fondo l’amore. Il mondo diverso che vogliamo, che rifiuta le logiche del mercato, passa anche da qui
LEA MELANDRI
QUEL CHE ACCADE DOPO
Perché sessuare il linguaggio?
Perché contrastare il sessismo e la misoginia nei media?
Perché la storia delle donne?
MARIA G. DI RIENZO
LA COMUNITÀ DELLA ZUPPA
Mettere insieme persone intorno a un piatto popolare che lega tra loro geografie distanti e butta giù frontiere. Fare una festa per gridare e ridere contro chi a Roma vuole fare piazza pulita degli spazi sociali. Condividere cibo buono e sano. Domenica alla Città dell’utopia torna il Festival internazionale della zuppa. Per partecipare occorre soltanto una cosa: ricordarsi almeno un paio di volte al giorno, prima e dopo i pasti, che bastano poco ingredienti tra i più umili e basilari per creare una zuppa unica e gustosa. Più o meno come una comunità aperta e leggera in cui ciascuno apporta il suo contributo per il raggiungimento di un risultato comune…
SIMONE OGNO< /strong>
FORSE È IL CASO DI MUOVERSI IN PUNTA DI PIEDI
La Rete dell’Impronta Ecologica Globale ha pubblicato l’edizione 2016 dei National Footprints Accounts, che contiene nuove stime dell’impronta ecologica del Carbonio. Nel 1961, il primo anno in cui furono disponibili i dati, il nostro pianeta era in condizione di offrire il 37 per cento di risorse in più di quanto l’umanità stava domandando. Da allora, il deficit ecologico globale – la quantità per la quale la domanda dell’umanità ha superato il bilancio della natura – è aumentato in misura considerevole: oggi la domanda della popolazione mondiale rappresenta il 64 per cento in più di quanto la natura può rigenerare ogni anno…
RETE IMPRONTA ECOLOGICA
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