“Cosa insegnano gli operai francesi?”

La classe operaia francese è scesa in lotta contro la borghesia imperialista e trascina con sé una parte via via più larga delle masse popolari.

 

 

Comunicato CC 9/2016 – 30 maggio 2016

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145 anni dalla Comune di Parigi (18 marzo – 27 maggio 1871)

80 anni dal Governo di Fronte Popolare (maggio 1936)

48 anni dal Maggio 1968

Cosa insegnano gli operai francesi?

Cosa dobbiamo imparare dalla lotta in corso in Francia, quali insegnamenti propagandare?

 

La classe operaia francese è scesa in lotta contro la borghesia imperialista e trascina con sé una parte via via più larga delle masse popolari. Dopo la giornata di grande mobilitazione nazionale di giovedì 26 maggio, l’ottava da febbraio quando il governo Valls-Hollande ha varato la sua Loi Travail (la Legge sul Lavoro, l’equivalente del Jobs Act imposto in Italia dal governo Renzi-Bergoglio), scioperi, proteste, picchetti, manifestazioni e altre operazioni sono in corso in tutto il paese. Sette grandi sindacati di operai, dipendenti pubblici, studenti universitari e liceali (CGT, FO, Solidaires, FSU, UNEF, UNL, FIDL) hanno già annunciato una nuova grande mobilitazione nazionale per martedì 14 giugno: sarà la nona battaglia campale di una guerra che si annuncia lunga.

La lotta in corso in Francia è ricca di insegnamenti per noi, a proposito delle forme in cui si svolge la lotta di classe in un paese imperialista con molte affinità con il nostro e dei suoi risultati. Inoltre il suo esito avrà nel nostro paese, in Europa e nel mondo ripercussioni che possono andare ben al di là di quelle delle eroiche lotte ancora in corso in Grecia.

Il governo Valls-Hollande (partito socialista) ha abbandonato platealmente, con un voltafaccia clamoroso, il programma su cui Hollande si è fatto eleggere presidente nel 2012. Si è assunto il compito di far recuperare alla borghesia francese il ritardo con cui ha finora imposto in Francia il “programma comune della borghesia imperialista” (eliminazione delle conquiste) rispetto a quanto fatto dalla borghesia in Gran Bretagna (Thatcher, 1979), negli USA (Reagan, 1981), in Germania (Schröder, 1998) e in altri paesi europei. Il recupero del ritardo è condizione indispensabile per il successo del progetto di conquistare la supremazia nel sistema imperialista mondiale che i gruppi imperialisti franco-tedeschi perseguono da tempo e per la connessa sopravvivenza dell’UE e dell’Euro.

Contro questo progetto in Francia sono già in campo gli agricoltori e molte categorie di artigiani e il malcontento è grande tra i giovani, i lavoratori urbani precari, i disoccupati e le popolazioni delle periferie urbane. L’unica volta che ha potuto votare a proposito dell’Unione Europea, il referendum del 29 maggio 2005, la popolazione francese si è già pronunciata a maggioranza contro e i governi dei gruppi imperialisti francesi hanno dovuto passare sopra questo voto. Contro questo progetto due candidature sono già in campo per le elezioni presidenziali della prossima primavera:

– Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise) a sinistra con un programma che è, alla francese, vagamente affine alle Sei Misure Generali del programma del Governo di Blocco Popolare,

– Marine Le Pen (Fronte Nazionale) a destra con un programma che si riassume nella persecuzione e cacciata degli immigrati, nell’applicazione dei rigori della legge agli emarginati, nella repressione della lotta di classe e nella difesa della sovranità nazionale: un programma affine a quello della Lega Nord di Matteo Salvini.

 È in questo contesto politico che si inserisce il movimento dei lavoratori avallato da alcune grandi organizzazioni sindacali (schierata con il governo Valls-Hollande invece la CFDT come pure altri sindacati reazionari minori) che aggrega anche altri movimenti di sinistra come Nuit Debout.

 

Molti esponenti della sinistra borghese italiana hanno dichiarato la loro solidarietà con i lavoratori francesi: il ché è certo una buona cosa, ma le dichiarazioni non costano nulla e con esse organismi e personaggi della sinistra borghese cercano di difendere gratis il loro prestigio calante presso i lavoratori italiani. Infatti non pochi di loro, in particolare i più sinistri che demagogicamente spacciano se stessi come fautori della resistenza delle masse popolari alla borghesia imperialista, ne hanno approfittato anche per denigrare i lavoratori italiani: “vedete i francesi come sono combattivi, mentre in Italia i lavoratori sono addormentati, non combattono … la legge Fornero è passata, il Jobs Act è passato e noi non abbiamo potuto fare niente … i greci e i francesi sì che sono in gamba!”. Cercano di nascondere le loro malefatte accusando le masse popolari di rassegnazione e di vigliaccheria.

In effetti la legge Fornero è passata, il Jobs Act è stato adottato e in Italia ogni volta vi sono state lotte numerose, diffuse e sparse, scioperi, proteste, picchetti, ma niente che assumesse la forza e il peso della lotta in corso in Francia in queste settimane e di quelle da mesi e mesi in corso in Grecia. Quale conclusione dobbiamo trarne?

Per chi ha assimilato la concezione comunista del mondo e conosce le condizioni della lotta di classe in Italia e in Francia, la conclusione è relativamente semplice.

Stante le condizioni in cui la borghesia imperialista relega le masse popolari dei paesi imperialisti, queste sono in grado di dispiegare la loro forza potenziale, di diventare una forza politica autonoma dalla classe dominante e decisiva del futuro del paese solo se paese per paese si è formato un loro centro autorevole che le mobilita alla lotta. È una legge generale della lotta di classe nella società borghese, confermata da tutta l’esperienza accumulata nei due secoli trascorsi e in particolare durante la prima ondata della rivoluzione proletaria nella prima parte del secolo scorso, nell’epoca dell’imperialismo. Per questo la borghesia imperialista in ogni paese dedica tante risorse e tanta scienza a impedire che un simile centro si formi. Dato che, ed è un’altra legge universale, in una società borghese le masse popolari sono onnipotenti: la borghesia non è in grado di gestire il paese senza un certo grado di collaborazione delle masse popolari. Quello che abbiamo detto per le masse popolari in generale, vale in un senso particolare per la classe operaia. Per il ruolo suo particolare che essa ha nella struttura produttiva, la classe operaia ha in ogni paese borghese un certo grado di organizzazione e di coscienza di sé: è questo che fa di essa la sola tra le classi che compongono le masse popolari capace di prenderne la direzione e di trascinare le altre classi nella lotta per farla finita con il capitalismo e instaurare il socialismo. Ma il grado di coscienza e di organizzazione che la classe operaia raggiunge spontaneamente, in forza delle condizioni in cui la società borghese la pone, non è sufficiente perché riesca a svolgere il ruolo che le spetta per mobilitare e trascinare alla lotta il resto delle masse popolari e quindi prendere la direzione del paese. Queste verità universali sono state scoperte ed elaborate da Lenin (Che fare? – 1902) analizzando l’esperienza dei cento anni precedenti e sono state confermate in positivo e in negativo dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale, scatenata nel secolo scorso dalla vittoria della Rivoluzione d’Ottobre e dalla costituzione dell’Unione Sovietica come base rossa mondiale della rivoluzione socialista e della rivoluzione di nuova democrazia. La grande maggioranza degli esponenti della sinistra borghese sostiene che gli uomini non sono in grado di elaborare la scienza delle attività con cui essi fanno la loro storia. Essi quindi non riconoscono alcuna legge universale in questo campo, ma come ogni scienza anche questa giova a chi la fa propria e la usa ed è la pratica che dimostra la sua validità.

È proprio sulla base di queste leggi universali che da una parte noi comunisti siamo impegnati a promuovere la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato (in primo luogo a consolidare e rafforzare il partito comunista), mentre dall’altra parte la borghesia imperialista e il suo clero sono con tutte le forze di cui dispongono impegnati a  impedire che i lavoratori più avanzati si aggreghino attorno al partito comunista. Le cento scuole della sinistra borghese che proclamano il “superamento della forma-partito”, che occultano o denigrano l’opera compiuta dai partiti comunisti (“la serie di errori e orrori “ di Fausto Bertinotti e dell’attuale segretario del PRC Paolo Ferrero), che sdottorano (alla Oliviero Diliberto – Ricostruire il partito comunista) che non ci sono ancora nel mondo le condizioni per instaurare il socialismo, che sbandierano il “fallimento del socialismo sovietico” nascondendo che l’Unione Sovietica crollò solo dopo che per più di 30 anni i revisionisti (Kruscev, Breznev & C) vi avevano applicato le loro ricette anticomuniste (antistaliniste), che proclamano che non esistono più classi sociali ma solo individui (“la moltitudine” di Toni Negri), sono appendici del loro sistema di controrivoluzione preventiva.

 

Siamo andati troppo lontani? No, perché quello che ha fatto la differenza tra la resistenza delle masse popolari italiane e quella delle masse popolari francesi (e greche) al programma comune della borghesia sta proprio qui. In Francia a un livello e in Grecia a un altro le masse popolari (e tra esse la classe operaia) al nodo dello scontro relativo all’eliminazione delle conquiste strappate sulla scia della prima ondata della rivoluzione proletaria sono arrivate avendo ancora centri autorevoli su scala nazionale che si sono assunti la responsabilità di avallarne la resistenza. In Italia nessuno dei centri ancora autorevoli che abbiamo ereditato dalla storia si è assunto questo ruolo. Quelli che si erano spinti fino al limite di farlo, come la FIOM di Maurizio Landini nel 2010 e il M5S di Beppe Grillo nel 2013 (il Comunicato del P.CARC riportato nel nostro Comunicato CC 7/2016 del 10 maggio illustra chiaramente i due eventi) giunti sull’“orlo del baratro” si sono ritirati. Ecco il segreto della facile vittoria del governo Renzi-Bergoglio.

Per questo e per altri versi i lavoratori francesi confermano le leggi sulla base delle quali abbiamo elaborato e attuiamo il nostro piano tattico per questa fase della rivoluzione socialista. Noi dobbiamo studiare la loro lotta alla luce della tattica che stiamo seguendo in Italia.

 

Quale è il futuro della resistenza delle masse popolari francesi? È possibile che la resistenza dei lavoratori francesi costringa la borghesia imperialista francese a ingoiare qualcosa di analogo a quello che, tracciando il nostro piano tattico per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e per mobilitare le masse popolari a far fronte alla crisi generale del capitalismo, abbiamo chiamato Governo di Blocco Popolare, governo d’emergenza delle masse popolari organizzate? È in Francia la combinazione tra masse popolari e sinistra borghese (grandi sindacati che avallano le lotte in corso e campagna elettorale di Mélenchon e dei suoi) tale che ne possa scaturire qualcosa di simile al nostro Governo di Blocco Popolare con il programma delle sue Sei Misure Generali?

Nella lotta politica, cioè nelle lotte che gli uomini conducono per definire le istituzioni che governano e amministrano il paese, non vi è mai una sola soluzione possibile e tanto meno un solo cammino possibile per arrivarci. D’altra parte perché una soluzione si affermi occorre che vi siano forze organizzate che con scienza e con arte la perseguono. La borghesia imperialista francese finora non è riuscita a imporre in Francia la linea che la borghesia imperialista tedesca è riuscita a imporre in Germania già venti anni fa con il governo del socialdemocratico Gerhard Schröder (1998-2005) e niente fa ritenere che vi riesca ora. Ma la crisi generale del capitalismo è giunta a un punto tale che non può manovrare ancora a tirare in lungo. Persisteranno le masse popolari francesi, e in particolare gli operai francesi, nella lotta che ha raggiunto le dimensioni e la forza attuali grazie al ruolo svolto da sindacati che non sono stati né gli ispiratori né i promotori di essa?

La risposta a questa domanda la daranno i comunisti francesi. Solo loro la possono dare. Solo loro sono in grado di dare ai lavoratori combattivi e ai loro organismi l’orientamento e la direzione di cui hanno bisogno per giovarsi dell’azione della sinistra borghese (sindacale e politica) e proseguire con successo la guerra. Quanto più a lungo durerà la guerra in corso, tanto più cresceranno le condizioni favorevoli alla vittoria degli operai e delle masse popolari. La loro vittoria, la  costituzione a Parigi di un loro governo d’emergenza, imprimerebbe una svolta al corso delle cose non solo in Europa ma nel mondo.

Quanto a noi, la nostra solidarietà sarà tanto più reale e tanto maggiore il nostro contributo al successo della loro lotta quanto più efficacemente procederà il lavoro che conduciamo per creare in Italia le condizioni necessarie alla costituzione del Governo di Blocco Popolare.

 

Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre l’orizzonte della società borghese!

 

Contro il catastrofico corso delle cose, contro la guerra imperialista, l’eccidio e la persecuzione degli immigrati, la disoccupazione e le mille sofferenze che la borghesia imperialista e il suo clero impongono all’umanità, contro la devastazione della Terra inevitabile conseguenza del modo di produzione capitalista, la sola via d’uscita è la rivoluzione socialista!

Il primo paese che romperà le catene della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti mostrerà anche alle masse popolari degli altri paesi la via per rompere con l’attuale disastroso corso delle cose e si gioverà della loro solidarietà.

Osare sognare, osare pensare, osare vedere oltre l’orizzonte della società borghese!

Impadronirsi della scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia, svilupparla e usarla per instaurare il socialismo!

Costituire clandestinamente in ogni azienda capitalista, in ogni azienda pubblica, in ogni istituzione e in ogni centro abitato un Comitato di Partito per assimilare la concezione comunista del mondo e imparare ad applicarla concretamente ognuno nella sua situazione particolare!
Studiare il Manifesto Programma del Partito è la prima attività di chi si organizza per diventare comunista. Stabilire un contatto clandestino con il Centro del Partito è la seconda. Promuovere la costituzione di OO e OP e il loro orientamento a costituire il GBP è la terza.

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 Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it 
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