Stefano Barbieri su Marx XXI parlando della costituzione del PCI (senza i puntini) ad opera di alcune centinaia di sopravvissuti del PdCI sottolinea il carattere irrilevante di una operazione che tenta per l’ennesima volta di resuscitare il partito dei comunisti.
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”
A proposito della costituzione di un nuovo partito dei comunisti italiani
La citazione del Vangelo (Luca cap. 9) non è nostra, ma di Stefano Barbieri che su Marx XXI [qui] parlando della costituzione del PCI (senza i puntini) ad opera di alcune centinaia di sopravvissuti del PdCI sottolinea il carattere irrilevante di una operazione che tenta per l’ennesima volta di resuscitare il partito dei comunisti.
Il fatto che sia Marx XXI a mettere in evidenza questa cosa non è di poco conto trattandosi di una associazione che in questi ultimi tempi ha sponsorizzato un manifesto e un’assemblea nazionale per la riorganizzazione dei comunisti in Italia. Forse i promotori dell’associazione avevano in mente una lunga marcia prima di arrivare all’obiettivo, ma gli eredi del partito di Diliberto hanno avuto fretta e hanno deciso che era meglio l’uovo oggi che la gallina domani. Fatto è che la testa pensante del progetto, cioè Marx XXI, ha creduto bene di tirarsi fuori da questa ennesima rifondazione. Gli altri, i fautori del partito qui e subito, hanno deciso, con ben poca fantasia, di riunirsi alla Bolognina per dire, come succedeva periodicamente a Livorno, “da ora a rappresentare i comunisti ci siamo noi”.
A deluderli però è il ragionamento di fondo di Stefano Barbieri che per la prima volta pone, all’interno dei rifondatori, la questione centrale: è possibile oggi ricostituire un partito comunista che abbia credibilità e influenza politica tra i lavoratori e nella società? La risposta di Barbieri è negativa e contemporaneamente egli analizza i dati oggettivi che sono alla base di questa risposta.
Noi, invece di aprofittare dell’occasione per esprimere giudizi pesanti contro i promotori di questa Bolognina alla rovescia, molti dei quali, non dimentichiamo, sono i reduci del governo D’Alema-Cossiga-Cossutta, quello della guerra alla ex Jugoslavia, riteniamo utile ribadire il nostro punto di vista su questa questione.
In primo luogo la questione generale. Dopo il big bang dell’URSS e la svolta cinese gli spezzoni residui del movimento comunista navigano a vista; in altri termini anche se si creano occasioni di incontri unitari questi servono solo ad esprimere molto genericamente opinioni cartacee senza incidenza sul corso degli avvenimenti. Partiti prevalentemente parlamentaristi con programmi senza un effettivo legame tra tattica e strategia. Il socialismo appare il sol dell’avvenire di antica memoria. E niente più.
Peraltro i massimi pensatori di Marx XXI, pur essendo, in alcuni casi, persone professionalmente preparate, nessun contributo hanno dato sul piano teorico sui passaggi storici per affrontare la ricostruzione di un pensiero comunista rivoluzionario e legato al progetto organizzativo. I comunisti non hanno bisogno di intellettuali, ma di teorici legati alla prassi. Gli intellettuali e i professori sono un’altra categoria. Questo, per evitare equivoci, non ci fa esaltare quella caricatura del marxismo-leninismo che declama lo slogan teoria e prassi senza definirle in termini scientifici e di riscontri, ma facendo solo dell’ideologia e della retorica sui principi. Quale teoria, quale prassi? Noi parliamo di quella scienza della rivoluzione che cambia realmente lo stato di cose presente, verificandone le condizioni.
Per andare al dunque delle questioni aggiungiamo altre due cose.
La prima riguarda la responsabilità dei rifondatori per aver distrutto un’area politica di comunisti che erano disponibili, dopo la Bolognina, quella vera, a organizzarsi in un partito. Gente come Cossutta, Bertinotti, Salvato e tanti altri hanno creato un mostro di arrivismo politico e una melma teorica in cui sono confluiti settori trotsko-movimentisti che hanno inquinato tutto. Essi hanno usato, distruggendolo, un tessuto comunista e proletario che andava invece riorganizzato veramente. La storia non aspetta e distrugge chi non è preparato ad affrontarne i passaggi. Non avremmo avuto certamente un partito pronto alla presa del potere, ma almeno un partito di lavoratori e di giovani legati a un tessuto di classe e alla migliore tradizione dei comunisti italiani.
La seconda cosa riguarda proprio Marx XXI. Ma è proprio sicuro che i suoi promotori, di cui abbiamo stima per alcuni importanti contributi controcorrente, abbiano imboccato la strada giusta, o qualcosa non ha funzionato sul piano del metodo e sull’indirizzo di ricerca se è venuta fuori la Bolognina 2?
Nel deserto che i rifondatori hanno prodotto in questi anni è bene dunque lasciare che i morti seppelliscano i loro morti.
2 luglio 2016