La strage ferroviaria di Ruvo di Puglia è guerra di sterminio non dichiarata che i vertici della Repubblica Pontificia promuovono nel nostro Paese verso le masse popolari!
Agenzia Stampa – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo.
Newsletter n. 06/2016.
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[Italia] La strage ferroviaria di Ruvo di Puglia è guerra di sterminio non dichiarata che i vertici della Repubblica Pontificia promuovono nel nostro Paese verso le masse popolari!
Raccogliamo e pubblichiamo l’articolo scritto da Giorgio Cremaschi che denuncia le parole criminali che i vari caporioni del Governo Renzi-Bergoglio hanno usato per strumentalizzare una strage i cui mandanti sono chiari, evidenti. Spesso nella nostra pubblicistica diciamo che quella che la Borghesia promuove nel nostro paese (e in qualsiasi altro paese imperialista) nei confronti delle masse popolari è una guerra di sterminio non dichiarata e lo diciamo usando gli esempi della vita quotidiana: dallo smantellamento della sanità pubblica, alle centinaia di morti di immigrati nel Mediterraneo, ai morti sul lavoro ecc. Quella di ieri è l’ennesima manifestazione di questa guerra.
L’unica via di uscita per farla finita con la borghesia è costruire un nuovo ordinamento sociale, costruire la rivoluzione socialista. Oggi più che mai le condizioni oggettive sono mature. La strage ferroviaria di ieri è l’ennesima dimostrazione che quello che manca nella nostra società non sono gli strumenti, le tecnologie, le competenze per evitare lo scontro tra due treni…quello che manca è la volontà e l’interesse di chi dirige la nostra società di farlo!
La società in cui viviamo è diretta da una classe (la borghesia) che ha come suo obiettivo il profitto aldilà di qualsiasi altro interesse. Si muove per fare profitto, investe per fare profitto. Se dalla costruzione del doppio binario non sono previsti profitti allora non viene fatto e se poi muoiono decine di lavoratori, studenti, precari allora significherà che la borghesia troverà il modo di ricavarne un profitto anche dai morti (ricorderete tutte le dichiarazioni dell’imprenditore edile che nella stessa notte del terremoto dell’Aquila gongolava per i futuri profitti o le intercettazioni di Mafia Capitale in cui veniva detto che lo smercio degli immigrati era “conveniente”).
L’unica via di uscita è costruire il socialismo cioè l’ordinamento sociale confacente allo sviluppo delle attuale forze produttive. Il modo migliore, meno doloroso, per arrivarci è far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia, un Governo d’Emergenza Popolare, un governo delle organizzazioni operaie e popolari del nostro Paese e che mettono mano alla situazione d’emergenza!
Agli esponenti autorevoli come Giorgio Cremaschi diciamo di mettersi (fin da oggi) a contributo della costruzione della governabilità delle organizzazioni operaie e popolari mettendosi a disposizione con ogni loro risorsa, mezzo, capacità.
Chi parla di errore umano è un mascalzone!
La strage ferroviaria di Ruvo di Puglia è come quella di Crevalcore, come quella di Viareggio, come altri omicidi di poveri pendolari e ferrovieri: è colpa dei mancati investimenti sulla sicurezza e del taglio al personale. Chi parla di errore umano è un mascalzone
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Voglio fare un ragionamento semplice, mandando subito all’inferno chi ora spenderà paroloni per non farci capire niente e continuare come sempre.
Di fronte alla strage ferroviaria di Ruvo di Puglia, di fronte a quei ragazzi, lavoratori, donne e uomini assassinati solo perché su un treno per poveri, io urlo che la sola colpa è di tutti coloro che hanno tagliato gli investimenti sulla sicurezza e lo stesso personale. Invece sento già parlare di errore umano, come se questo esistesse davvero nel 2016 nei treni. In Svizzera la maggior parte delle linee ferroviarie sono a binario unico, quanti incidenti ci sono? Il sistema dei controlli informatici, la manutenzione continua, i meccanismi di sicurezza e di arresto immediato della circolazione, non appena qualche cosa non vada, il rinnovamento del materiale rotabile e delle infrastrutture, i turni umani per il personale, tutto costruisce un sistema di salvaguardia che impedisce disastri, come quelli che invece sempre più spesso accadono nelle ferrovie italiane. Ma da noi si parla di errore umano, vergogna!
A Crevalcore anni fa c’è stata una strage, si è data la colpa ai macchinisti, opportunamente morti nel’incidente. A Viareggio invece i macchinisti sono sopravvissuti, e hanno contribuito a mettere in luce le criminali gestioni della sicurezza che hanno provocato 31 morti bruciati vivi. Ma il processo per i responsabili delle Ferrovie si avvia verso la prescrizione.
Quanti soldi si stanno buttando via per il traforo della Valle di Susa che non serve a niente e neppure sarà completato? Se con quei soldi si fossero duplicate le linee ferroviarie ad alta pendolarità, si fosse investito in sicurezza, in semafori di blocco, in personale, quanti morti in meno ci sarebbero oggi? Ma i NoTav e tutti coloro che hanno sollevato la questione degli sprechi per le ferrovie ad alta velocità e dei tagli per quelle per i pendolari, sono stati tacciati di essere nemici della modernità. E i ferrovieri che per anni con i sindacati di base si sono battuti perché a guidare i treni fossero due macchinisti e non solo uno, sono stati accusati di corporativismo e fannullaggine. E ora grazie alla legge Fornero un solo macchinista dovrà condurre fino a 67 anni.
Tutte queste ragioni ed altre ancora alla fine risalgono ad un’unica semplice causa: i tagli al trasporto pubblico ferroviario a favore del profitto sulle tratte più redditizie e delle privatizzazioni. Così il nostro paese, che nel trasporto ferroviario negli anni 70 e 80 del secolo scorso era diventato il più sicuro, ora sta diventando uno dei più pericolosi d’Europa. E la UE vorrebbe che ancora più tagliassimo sul trasporto pubblico.
Questi sono i ragionamenti semplici e brutali che dovrebbero essere fatti di fronte ai nuovi poveri morti. Invece si parla di errore umano, di accertamento delle responsabilità e soprattutto di evitare troppo facili semplificazioni, perché la realtà è complessa. Ma almeno tacete, mascalzoni!
Giorgio Cremaschi
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