“Siamo in guerra”

Francia, Belgio e Turchia sono in stato d’emergenza permanente. Altri stati seguiranno a breve in Europa. Sì, siamo in guerra. Ma non quella contro l’Isis. Quella contro l’uguaglianza e la fraternità, in nome della “libertà”



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SIAMO IN GUERRA
Francia, Belgio e Turchia sono in stato d’emergenza permanente. Altri stati seguiranno a breve in Europa. Sì, siamo in guerra. Ma non quella contro l’Isis. Quella contro l’uguaglianza e la fraternità, in nome della “libertà”
ENRICO EULI

GUERRA AGLI INSEGNANTI, IN TURCHIA COME IN MESSICO
Stati e Mercati hanno deciso di schiacciare in modo violento quanto visibile chi semina pensiero critico. In Turchia come in Messico “l’obiettivo comune è precarizzare la vita… Il fine è addomesticare con le buone o con le cattive l’intero corpo docente a un pensiero unico che è la globalizzazione delle logiche del mercato… Quello che sta accadendo lontano da noi è una pessima notizia. La buona notizia è che non siamo soli…”
RETE PARTIGIANI DELLA SCUOLA

SEMINARE IL FUTURO
Salvare la terra. Lo ripetiamo così spesso che rischiamo di farne uno slogan. A riempirlo di significato e di vita, all’ombra di convegni e circuiti mediatici, ci pensano in tanti e tante, come ad esempio le maestre, gli insegnanti, gli educatori, i genitori della Rete di Cooperazione Educatica (Rce) C’è speranza se accade @, a cominciare dal loro incontro annuale. Il prossimo appuntamento sarà a Negrar (Ve) in ottobre e si intitola “La Terra dell’educazione: seminare il futuro”. Due giorni di scambio, ricerca, approfondimento e laboratori per ripensare l’educazione e la scuola ma anche per ribaltare l’illusione, su cui tanto ha scritto Ivan Illich, che l’imparare si possa sv olgere in una sfera dell’esistenza gestibile in modo separato dal resto della vita. Per questo nella due giorni si ragiona, tra l’altro, di come seminare sogni e semi negli spazi aperti delle scuole, di come recuperare il contatto con la natura, di tempo dedicato con bambini e ragazzi alla cucina o all’arte, ma anche di maestri e di contadini
JLC

GENOVA E IL MONDO CHE NON VOLEVAMO
Che fine hanno fatto quelli del movimento di Genova 2001? C’è chi ha camminato tra le risonanze con l’insurrezione zapatista, il movimento dell’acqua, il simulacro chiamato democrazia, l’impossibilità di trasformare gli stati, il rischio di essere assorbiti ogni giorno nelle logiche dominanti e quello di restare schiacciati dal capitalismo estrattivo. Oggi «possiamo solo resistere e provare a recuperare quelle isole nella rete dell’utopia pirata, operando scelte di radicale e rivendicata autonomia e praticando la solidarietà concreta con “gli espulsi” del sistema – scrive Caterina Amicucci, che quindici anni fa era in strada contro il G8 – …Per questo mi sono ritrovata a Lesbo a distri buire calzini e scarpe accanto a centinaia di donne e uomini arrivati li da mezzo mondo, quasi tutti da soli, senza un’organizzazione collettiva. Eravamo “indipendent volunteers”, gruppi che operavano in regime di autogestione…»
CATERINA AMICUCCI

SISTERS UNCUT OCCUPATION
Borgo londinese di Hackney: un gruppo di giovani femministe ha occupato un mese fa un edificio municipale abbandonato e l’ha trasformato in un centro comunitario in grado di ospitare soprattutto donne vittime di violenza domestica. L’occupazione sta ricevendo un enorme sostegno dagli abitanti di Hackney, che vi portano in dono cibo e libri: i bambini hanno persino aiutato a costruire una rampa per persone con disabilità all’ingresso. Ribellarsi facendo
MARIA G. DI RIENZO

QUANTO CONTA IL SILENZIO MASCHILE?
“La recente sequenza di ‪‎femminicidi‬ deve aver fatto cadere, da parte maschile, alcune delle resistenze più forti a interrogarsi come «genere», a chiedersi se la «follia omicida» di pochi non sia imparentata, nel profondo di «antiche e oscure emozioni» – come le chiama Virginia Woolf -, con l’idea di «virilità» di cui sono improntati sia la cultura alta che il senso comune…”, scrive Lea Melandri. Ma una cosa è sicura, finora “la sordità, l’indifferenza o la volontaria messa in ombra hanno contraddistinto… una politica e una cultura ancora saldamente in mano a gli uomini, esitanti a volgere lo sguardo su di sé e a riportare al proprio interno le consapevolezze nuove che venivano dal movimento delle donne, che interrogavano allo stesso modo la sfera privata e quella pubblica, l’esperienza del singolo e la vita sociale…”
LEA MELANDRI

CON IL SANGUE COME INCHIOSTRO
La femminista boliviana María Galindo analizza il femminicidio come crimine di Stato. È un concetto teorico basato su un’esperienza concreta: il collettivo Mujeres Creando (Donne che Creano), che ha fondato e di cui fa parte María, accompagna il processo giudiziario del femminicidio di Andrea, la figlia di una delle sue aderenti. E con questo dolore ha ricamato una bandiera di lotta sotto la quale dà rifugio a molte vittime che chiedono giustizia. Come ottenerlo? È la domanda che ispira questa riflessione partorita nella trincea
MARIA GALINDO

NESSUNO LO AVEVA IMMAGINATO
Nessuno immaginava fosse possibile che un gruppo di cittadini e cittadine accogliesse in un anno quaranta mila “migranti transitanti”, a due passi dalla stazione Tiburtina di Roma. Invece è accaduto e martedì 19 molti romani hanno conosciuto questa straordinaria esperienza di autogestione. Nessuno immaginava che una cena e una proiezione di un film in strada insieme a registi, migranti, persone comuni e diverse famiglie rom che vivono a ridosso del cimitero Verano, diventassero un momento di convivialità e di protesta. Eppure è accaduto. L’idea – nata da due registi come Christian Carmosino e Paolo Petrucci – di spegnere per una notte gli schermi dell’Estate Romana e chie dere ai romani di spostarsi al Baobab dove è stato proiettato Lamerica di Gianni Amelio, “per e con i migranti”, ha dunque funzionato (hanno aderito, tra gli altri, Andrea Segre, Daniele Vicari, Gianfranco Rosi, Valerio Mastandrea, Claudio Santamaria, Francesca Comencini, Stefano Rulli, Sabina Guzzanti, Luca Zingaretti…). Non sappiamo se le istituzioni inizieranno a mettere su una dignitosa accoglienza dei migranti che transitano in questo pezzo della città (a cominciare dagli eritrei in fuga da una feroce dittatura), sappiamo però che la capacità spontanea di autorganizzarsi di gruppi di cittadini è una ricchezza straordinaria, spesso sottovalutata, quasi sempre poco visibile…
R.C.

KINSHASA
“Da oltre venticinque anni, Christian si prende cura sia dei vivi che dei morti. Ai primi taglia i capelli, ai secondi scava la fossa. La sua sede di lavoro è sempre la stessa: il cimitero di Kinsuka, all’estrema periferia occidentale di Kinshasa, la capitale della Repubblica democratica del Congo. Kinsuka in lingala, la principale lingua del paese, significa letteralmente «la fine di Kinshasa»: un nome apparentemente calzante per un quartiere noto per il suo cimitero. Le donne stendono i panni tra i rami degli alberi del cimitero, o trascinano i secchi colmi d’acqua raccolta dai pozzi. Dicono che quell’acqua abbia un sapore stranamente acido. Eppure a ispirare ansia non è né il rischio di contaminazione della falda acquifera né lo spirito dei morti. Ben più oscura e minacciosa è la burocrazia congolese. Soprattutto in uno spazio conteso come il cimitero di Kinsuka. Baracche di lamiera spuntano accanto alle tombe. Alcune sono fantasmi di case in muratura che … SEGUE QUI
GIANLUCA IAZZOLINO

CULTURA E CONSUMO CRITICO
“Non sono andata al concerto perché mi ribello di fronte alla scelta di sponsorizzare un potentato economico che ha avuto modo di manifestare ripetutamente la sua arroganza verso la nostra città e verso la nostra amministrazione…”. A Messina c’è chi rimette al centro il tema degli sponsor etici per gli eventi culturali promossi dal Comune
IVANO RISITANO

WELFARE RURALE
Alla Tenuta della Mistica, dentro Roma, c’è una Fattoria Sociale nata per la coltivazione biologica di ortofrutta destinata a mense scolastiche, Gruppi di acquisto solidale e nuclei familiari, che coinvolge persone con fragilità e disabilità. Sono più di mille le realtà in Italia che svolgono attività agricole di sostegno terapeutico, esperienze di “welfare rurale” emerse dal basso
PAOLO CACCIARI

LA CHIAMATA
I docenti di ruolo verranno dunque chiamati direttamente dai dirigenti scolastici. “Questa riforma e la trovata delle competenze sulle quali verranno chiamati i docenti – scrive Valentina Guastini, insegnante -, sono tutto il contrario di tutto… Sono un avvilente conformarsi… Non ci resta altro che aderire allo scetticismo e trovare nel frattempo una strategia di resistenza…”
VALENTINA GUASTINI

 

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