“Il diavolo veste Khillary”

Ci stiamo avvicinando all’evento politico internazionale più significativo dell’anno, le elezioni del Presidente degli Stati Uniti: una scadenza politica che supera ogni altro tema negli Stati vassalli dell’Europa.

Il diavolo veste Khillary

Ci stiamo avvicinando all’evento politico internazionale più significativo dell’anno, le elezioni del Presidente degli Stati Uniti: una scadenza politica che supera ogni altro tema negli Stati vassalli dell’Europa. Ci arriviamo congiuntamente ad una crisi economica, particolarmente in Occidente, sempre in procinto di precipitare in una dimensione ben superiore alla precedente crisi del 2008. L’alleanza russo-cinese, che si spera strategica, sembra finalmente mettere in discussione l’unilateralismo degli USA e comincia a raccogliere intorno a sè non solo gli Stati più minacciati dall’aggressione imperialistica USA/Nato come Iran e Siria. La presidenza Obama, che ha continuato nel mondo la politica aggressiva dei neo-cons americani con altre forme, si sta concludendo senza portare a termine almeno 4 obiettivi importanti: il consolidamento economico della Nato attraverso la firma del TTIP, il disarmo del popolo statunitense, necessario per affrontare le prossime crisi economiche, e la completa balcanizzazione del medio-oriente. Non è stato raggiunto nemmeno l’obiettivo di una rapida vittoria in Siria con estensione dei Califfati islamici nel Caucaso ed a ridosso della Cina. All’interno degli USA la ripresa economica è inesistente e supportata dalla falsificazione dei dati, mentre il debito pubblico è quasi raddoppiato.

Tra gli obiettivi conseguiti: la costruzione di una cintura del caos intorno all’Europa per isolarla da Russia e Cina; la distruzione o destabilizzazione di numerosi Stati ostili in Medio-Oriente e Nord-Africa in alleanza con i Fratelli Mussulmani e i Sauditi; il contenimento prima ed il ridimensionamento poi della rivoluzione bolivariana in Sud-America, infine, parzialmente, la costruzione di una cintura di isolamento intorno alla Cina nel Pacifico.

Complessivamente l’obiettivo strategico di isolare, destabilizzare, colpire Russia e Cina non è stato conseguito ma anzi si è rafforzata l’alleanza contro l’unilateralismo americano;

mentre gli Usa hanno cercato l’accelerazione dello scontro frontale in Libia e Ucraina, la Russia e la Cina hanno preso invece tempo; l’intervento russo in Siria e le decise reazioni cinesi nel Pacifico rappresentano il raggiungimento di un punto d’equilibrio tra la superpotenza americana e l’asse Russo-cinese. La recente partecipazione della Russia a fianco della Cina nelle esercitazioni navali nel Pacifico, e l’interessamento ufficiale della Cina nel conflitto siriano a fianco di Russia e Iran sono manifestazioni e salti in avanti di questa alleanza strategica anti-Usa, con la Russia a rappresentare il fronte militarmente e politicamente più determinato, e la Cina a procedere economicamente nello stringere accordi ed alleanze col resto dell’Asia e del mondo, ed a limitare l’uso del dollaro negli scambi commerciali internazionali.

L’ Europa si gioca la propria sopravvivenza come un vaso di coccio tra l’incudine americana e il martello russo-cinese. Accerchiata dal caos creato dagli Usa in Nord-africa, con cui alcune potenze europee hanno condiviso ambizioni neo-coloniali, indebolita politicamente dall’uscita della G.B. dall’Unione Europea, destabilizzata da grandi flussi di migranti, minacciata da pesanti sanzioni economiche americane nelle sue grandi aziende e banche, intimidita e ricattata da atti di terrorismo aventi regia negli Usa e operatività nella struttura clandestina della Nato, Gladio, e infine in profonda crisi economica, l’Unione Europea si trova nella sua fase più critica e rischia di frantumarsi davanti alle prossime accelerazioni politiche ed economiche internazionali.

L’area a sud dell’Europa è in piena destabilizzazione, con Egitto ed Algeria che reggono a fatica lo scontro con l’egemonismo USA (da cui si è ultimamente defilata la Francia); a sud-est dell’Europa nel medio-oriente il progetto Nato di balcanizzazione ha dovuto fare i conti con l’intervento russo, iraniano, di Hezbollah e con la resistenza dell’Esercito e del popolo siriano. Ma comunque ha creato quel caos che impedisce sia all’Iran di esportare gas in Europa via Iraq/Siria, sia alla Cina di progettare le infrastrutture per la linea sud della nuova Via della Seta.

L’area ad est dell’Europa ha subito la destabilizzazione del golpe ucraino, che ha chiuso i rifornimenti energetici all’Europa dalla Russia. Se l’Europa non esce dal suo stato di vassallaggio verso gli USA, a cominciare per esempio dall’eliminazione delle sanzioni economiche a Russia e Siria, è destinata a frantumarsi (e sarebbe meglio così) o addirittura a diventare il terreno di scontro tra Usa e Russia/Cina, anche non escluso nucleare. E che gli USA interpretino lo scontro in modo feroce lo attestano i numerosi eventi della storia di inizio del nuovo millennio, non solo il parto di loro creature come prima Al Qaida poi l’Isis, non solo l’auto-attentato dell’11 settembre 2001, ma per stare sugli ultimi anni di attentati terroristici, abbiamo la sequela di abbattimenti aerei, quello sull’Ucraina per spingere l’Unione europea a praticare anch’essa le sanzioni alla Russia; poi l’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai; infine l’abbattimento dell’aereo franco-egiziano sul mediterraneo non appena la Francia ha rotto l’alleanza in Libia schierandosi con l’Egitto. Si può aggiungere l’ordine di uccisione di Regeni affinchè anche l’Italia non rompesse l’alleanza e si avvicinasse all’Egitto. Sempre in Europa rientra la sequenza di attentati a Parigi, Bruxelles per intimidire e ricattare i principali Stati europei e, con una certa convivenza di interessi, permettere misure di sorveglianza e controllo della popolazione, stati di emergenza come in Francia, e creare un clima di predisposizione a nuove avventure coloniali contro gli Stati mussulmani. Ricordiamoci Piazza Fontana: esplosivo proveniente da base USA, Gladio, convivenza servizi segreti, successivi divieti di sciopero. In questo quadro di continue provocazioni si può aggiungere la lunga sequela di provocazioni anti-Assad e anti-russe in Siria con continuo supporto dei media atlantici; per il caos, che va bene in quei territori anche fine a se stesso, si può armare e finanziare i mercenari terroristi e si possono anche bombardarli (o far finta di farlo), come avvenne in Afghanistan coi Talebani.

E Hillary Clinton? Lei è il punto di saldatura di tutte le forze conservatrici statunitensi e non, del partito democratico e di quello repubblicano con il dichiarato supporto delle lobbies di Wall Street; essa rappresenta sicuramente il partito dell’elevamento dello scontro internazionale e della guerra, dalla Russia all’Iran, oltrechè del rischio opzioni nucleari. Il diavolo del capitalismo all’ultimo stadio si veste da democratica, da donna, da diritto-umanista: il massimo del trasformismo e della mistificazione. E’ il personaggio più pericoloso per i popoli del mondo, oltrechè per gli statunitensi stessi. Il capitalismo ha scelto bene, ed oltretutto ha ottenuto, almeno sulla carta, il sostegno della sinistra istituzionale occidentale di cui Sanders si era proposto rappresentante e invece ne ha rappresentato la parabola fallimentare. Un capitalismo multinazionale a guida USA feroce e unito da Bush a Sanders con al centro Khillary, pronto a far precipitare la situazione internazionale per sostenere l’egemonia americana e il dollaro nel mondo e per far saltare il banco del “gioco” prima che i nodi della crisi strutturale del capitalismo vengano al pettine. Ma non escludiamo colpi di scena. Come ve ne sono stati col Brexit. Nuove e più pesanti email in uscita potrebbero dare alla candidatura Clinton il colpo di grazia visto lo scarso consenso e credibilità che ha tra gli elettori USA in quanto rappresentante dell’estabilishment. Potrebbe così essere ripescato qualche personaggio politico che non cerchi lo scontro frontale ma continui a rinviare i problemi economici, magari con un quarto e gigantesco quantitative-easing “popolare” e interessi negativi, e internazionalmente accetti un certo multi-lateralismo. Così come se prevarrà la linea dello scontro, come sembra ora prevalere, possiamo immaginare brogli elettorali per la sua vittoria o addirittura l’eliminazione fisica del concorrente (magari ad opera di un pseudo “trotkista” o di un ucraino o islamico).

Promuovere una campagna internazionale contro l’elezione della Clinton per quello che rappresenta sarebbe cosa buona e giusta.

Luigi Ambrosi
30 agosto 2016

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