“C’è una logica nel comportamento dei matti?”

Un detto russo spesso citato da Lenin dice: “cento saggi non saprebbero rispondere alle domande di un matto”. È la sintesi della riflessione sul mercato finanziario e sul sistema bancario a cui sottostà l’attività economica dei paesi capitalisti.

Agenzia Stampa – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo.

 

Newsletter n. 11/2016.

Questa settimana ti consigliamo:

 

[Italia] C’è una logica nel comportamento dei matti?

Una lettrice ci scrive a proposito di un articolo di Resistenza di settembre.

Un detto russo spesso citato da Lenin dice: “cento saggi non saprebbero rispondere alle domande di un matto”. È la sintesi della riflessione sul mercato finanziario e sul sistema bancario a cui sottostà l’attività economica dei paesi capitalisti. Persino Keynes, che pure era imbevuto di pregiudizi borghesi, racconta di un dialogo tra lui e chi gli diceva che era impossibile la ricostruzione dei quartieri distrutti dalla guerra. Keynes chiese: ma che forse non c’è cemento? no, cemento ce n’era quanto si voleva; forse manca la sabbia? ma no, ce n’è in abbondanza; forse manca il ferro? anche di quello ce n’è quanto vogliamo; forse mancano gli operai? ci sono disoccupati a iosa; ma allora cosa manca per ricostruire? Il problema era che chi doveva mettere in moto la ricostruzione (viva l’iniziativa privata!) non vedeva prospettiva di ricavare profitti facendolo e quindi c’era tutto quanto necessario per ricostruire, ma non si ricostruiva.

La questione delle banche è una pazzia analoga. Per capire la logica della crisi del sistema bancario e come ci si arriva, bisogna mettersi non dal punto di vista della gente normale, ma dal punto di vista degli afflitti da tossicodipendenza, con il denaro come droga. Sono peggio dei fanatici e dei mistici di un tempo, più dipendenti dal denaro di quanto quelli lo fossero dai loro dei. Vivono e si agitano per fare soldi. Roba da matti… certo, ma la società, quindi la nostra vita, è regolata sulla loro religione, perché sono loro che comandano, finché non instaureremo il socialismo. Ho letto l’articolo Origine e natura del prossimo crack delle banche italiane, del numero di Resistenza appena uscito. Credo che a chi lo leggerà sarà di grande utilità, per capirlo, aver letto un vecchio articolo comparso nel 1990 sulla rivista Rapporti Sociali. Si intitola “La moltiplicazione del denaro” e lo allego per chi ne vuole approfittare.

Marina Altobelli (marina.altobelli@riseup.net).

 

La moltiplicazione del denaro da Rapporti Sociali n. 5/6 – gennaio 1990

Nelle società imperialiste a prima vista pare che alcuni individui e istituzioni della classe dominante possono moltiplicare il denaro per loro libera decisione e in misura illimitata.

Il denaro è venuto al mondo come sviluppo secondo leggi socialmente oggettive del processo di produzione e circolazione di merci. Alle sue origini esso era costituito da una merce particolare, oro (in alcune zone argento o altro), che veniva data e accettata in cambio di ogni altra merce. Questa prima materia del denaro venne via via parzialmente sostituita con altre: cartamoneta o scrittura di conto corrente bancario [per maggiori dettagli in proposito, vedi Denaro e materie del denaro in Rapporti Sociali 2). Ma la quantità di queste altre materie del denaro restava limitata dalla quantità di oro usata come denaro, che a sua volta era la quantità di metallo estratta e non impiegata per altri usi (decorazione, gioielli, ecc.). Nella società imperialista si instaura un sistema di relazioni per cui a prima vista istituzioni e individui della classe dominante possono creare denaro in quantità illimitata.

Per capire chiaramente il problema bisogna porsi dal punto di vista più avanzato del capitalismo, infatti è nella società capitalista avanzata, cioè nella fase imperialista del capitalismo quando il capitale finanziario ha il sopravvento sulle altre categorie di capitale, che storicamente sorge il problema della libera creazione del denaro. Bisogna quindi porsi dal punto di vista del capitalista finanziario. Il problema resta incomprensibile per chi si pone dal punto di vista del consumatore o dell’artigiano o del capitalista produttivo:(1) tutte persone che usano il denaro per acquistare merci o fare pagamenti. Per questi non c’è libera moltiplicazione del denaro, al contrario essi vivono la dura costrizione di poter spendere solo il denaro che hanno a loro volta incassato contro vendita di merci o in pagamento di obblighi. Per essi non c’è moltiplicazione di denaro; anzi per ognuno di essi il denaro è una “grandezza conservativa”: né si crea né si distrugge, quello che entra meno quello che esce è ferreamente eguale alla variazione di quello che ho in tasca.

La moltiplicazione del denaro per libera decisione di individui e istituzioni della classe dominante inizia a sorgere quando il sistema del credito [una persona o una istituzione fa credito a un’altra, cioè le dà una somma di denaro in prestito (di solito dietro l’impegno della seconda di restituire a una data scadenza e di pagare un dato interesse): da quel momento la prima ha un credito da riscuotere, cioè ha diritto a riscuotere dalla seconda una somma di denaro e la seconda ha un debito] arriva ad un certo grado di sviluppo. Il sistema del credito in moneta a sua volta nasce o si combina con la circolazione a credito delle merci. Vediamo ora in dettaglio come individui e istituzioni creano nuovo denaro. Semplificando partiamo dal commercio (circolazione delle merci) senza uso di denaro preesistente.

1. In questo contesto usiamo il termine produttivo per indicare il capitalista che valorizza il suo valore (vale a dire il suo denaro, il suo capitale) impiegandoli nella produzione di beni o servizi che sono o condizioni materiali dell’esistenza o mezzi per la loro produzione, in contrapposizione al capitalista-monetario che valorizza il suo valore senza “sporcarsi le mani” nel processo produttivo.

La distinzione tra capitale finanziario e le altre categorie di capitale è una distinzione formale (vale a dire relativa alla forma del processo produttivo, cioè ai rapporti di produzione) ed è indispensabile per capire il funzionamento della società imperialista. Invece la distinzione tradizionale degli uffici statistici e fiscali tra agricoltura, industria e servizi non ha praticamente alcuna valenza dal punto di vista della forma del processo produttivo essendo solamente merceologica (legata cioè alla natura dei beni prodotti e alla successione storica della loro importanza per il ricambio organico delle società umane). Questa distinzione (tra agricoltura, industria e servizi), a questo livello, serve solo per i trucchi di quelli che fanno sparire da una parte gli operai produttori di manufatti mentre fanno comparire dall’altra i produttori di servizi che, bontà loro, sono una specie diversa dagli operai!

Tizio vende merci ma le cede a Caio senza ricevere denaro in cambio: fa credito a Caio. Quindi Caio può disporre di merci di Tizio dandogli in cambio un certificato che attesta il suo debito verso Tizio (e il credito di Tizio nei confronti di Caio). A questo punto abbiamo un certificato di credito (o titolo di credito) (di Tizio) che è anche certificato di debito (o titolo di debito) di Caio.

Finché Caio gode di credito (nel senso che gli altri gli fanno fiducia), egli può disporre delle merci di altri dando in cambio solo certificati che attestano il suo debito.

E se un terzo, Sempronio, accetta di cedere a Tizio le proprie merci ricevendo a pagamento il certificato del credito che Tizio ha verso Caio e subentrando quindi a Tizio come titolare del credito, ecco che il titolo di credito (e titolo di debito) inizia a circolare come materia di denaro (al posto del denaro moneta d’oro, della banconota o dell’assegno bancario). A questo punto Tizio non ha difficoltà ad accettare da Caio nuovi certificati di credito in cambio delle proprie merci, visto che a sua volta con questi può comperare da Sempronio quello che vuole.

Siccome Caio paga un interesse sul suo debito, chiunque vuole aumentare la propria ricchezza (il proprio denaro) è interessato a trattenere e anche acquistare certificali del debito di Caio (titoli di credito, titoli di debito) per intascarne a scadenza l’interesse. Quando il debito scade e al momento della riscossione dell’interesse, se i creditori accettano in pagamento nuovi certificati di credito, ecco che la nuova materia di denaro può moltiplicarsi anche per questa via.

La creazione nel paese dominato da uno Stato, di una banca centrale vincolata allo Stato e di un sistema creditizio da essa in qualche misura dipendente, comporta

che ogni istituzione appartenente al sistema accetta in pagamento titoli di credito creati dalle altre,

che la banca centrale (e in ultima istanza lo Stato) accetta in pagamento (o sconta) titoli di credito creati dalle altre istituzioni.

Nello stesso tempo il sistema tempera gli abusi individuali nella creazione di titoli di credito (o riserva l’abuso in esclusiva a un gruppo ristretto di individui o istituzioni), sottoponendo la creazione a vincoli dettati da leggi di Stato più restrittivi di quelli imposti dalla fiducia dei creditori. La fiducia dei creditori è amplificata dall’assistenza che il potere coercitivo dello Stato concede al loro diritto a riscuotere e l’ampia fiducia rende possibile la creazione su vasta scala e in continuazione di nuovi titoli di credito.

Nelle società capitaliste moderne esistono vari meccanismi attraverso cui vengono creati in continuazione nuovi titoli di credito denominati nell’unità di conto (nella moneta) del paese. Illustriamone alcuni.

1. Tra i meccanismi che creano denaro vi è in ogni paese imperialista anzitutto la relazione tra Stato e banca centrale, in cui lo Stato si fa prestare o anticipare dalla banca centrale quanto non raccoglie come entrata fiscale o come sottoscrizione di nuovi titoli del Debito Pubblico. Vediamolo più in dettaglio per l’Italia, a mo’ d’esempio. Fino al 1981 la Banca d’Italia era vincolata per legge ad acquistare tutti i buoni del Tesoro che questi metteva in vendita e non venivano acquistati da altri. In tal modo la Banca d’Italia apriva un credito allo Stato (al Ministero del Tesoro che è l’ente pagatore dello Stato) presso di sé, che lo Stato via via girava ai suoi creditori a pagamento delle loro spettanze e questi a loro volta li giravano ad altri e così via quanto si vuole. Dopo il 1981 (“divorzio Tesoro – Banca d’Italia”), mutata la legge, resta il conto del Tesoro presso la Banca d’Italia che può arrivare ad uno scoperto di 70.000 miliardi di lire (ma in alcuni momenti il Tesoro è arrivato ad uno scoperto di oltre 90.000 miliardi) e il meccanismo è lo stesso.

2. Un altro meccanismo universale è il seguente. Il sig. A ha un credito di 100 presso la banca, la società finanziaria o l’ente X. A fine anno egli accetta come interesse un ulteriore credito di 10 e diviene titolare di un credito di 110 presso X. Se il sig. A valuta che l’investimento finanziario che gli propone la istituzione finanziaria Y è migliore di quello che ha presso X, il sig. A cede il suo credito di 110 nei confronti di X a Y (direttamente o tramite intermediari, poco importa) e diviene creditore di 110 nei confronti di Y. A fine anno accetta un interesse di 15 in forma di credito ulteriore nei confronti di Y e diviene creditore di 125. Il processo può continuare all’infinito. Il sistema del Debito Pubblico, delle emissioni di azioni, obbligazioni, certificati di deposito, ecc. è fondato esattamente su questo meccanismo.

Si possono immaginare

quante si vogliono banche e istituzioni finanziarie (e in esse rientrano tutte le imprese, società, enti, ecc. che, in base alle norme di legge emanate dallo Stato che comanda nel paese, emettono titoli di credito o aprono crediti);

tutti gli scambi tra di loro di titoli di credito di terzi che si vogliono immaginare;

che le stesse banche e istituzioni finanziarie diventano a loro volta creditrici di altre banche e istituzioni finanziarie:

quello che si ha è un insieme di relazioni di credito e debito e un crescere potenzialmente illimitato di questo insieme.(2)

Oltre i meccanismi attraverso cui aumenta la massa di titoli di credito, vi sono le operazioni attraverso cui questi possono circolare. I titoli di credito possono essere scambiati quanto si vuole, possono passare di mano in mano. Si hanno svariate operazioni: scambio di titoli di crediti contro altri titoli di credito, scambio di titoli di crediti contro merci, cessione di titoli di credito in pagamento di obblighi monetari (affitti, tasse, indennizzi), ecc.

2. I “banchieri di dio” alla Cippico, Giuffré, Virgillito, Sindona, Marcinkus e Calvi, che moltiplicavano il denaro che veniva loro affidato, illustrano, portandolo all’estremo, il meccanismo del denaro di credito In questo caso è il debitore che concede di aumentare il proprio debito e quindi il credito del suo creditore. Il credito quindi, finché il creditore non esige la riscossione, può essere aumentato illimitatamente: esso non costa al debitore che lo concede che l’aggiunta di un’altra scrittura nei suoi libri contabili. Finché il singolo creditore che se ne va è rimpiazzato da un altro che gli subentra, tutto funziona a gonfie vele. Le vicissitudini degli stessi “banchieri di dio” illustrano però cosa succede appena, per un qualche motivo, i creditori incominciano ad andarsene in massa esigendo di riscuotere il loro credito in qualcosa che il debitore non possiede in misura illimitata quanto il debito di cui aveva accettato di essere titolare.

Quanto della massa di titoli di credito consiste di carta moneta? Ciò dipende dagli usi e costumi del paese: quante operazioni (scambi e pagamenti) vengono compiute con cartamoneta, quanta cartamoneta i singoli si tengono in casa, ecc.

La crescita della massa di titoli di credito non esige di per se stessa la stampa di cartamoneta. Quando erano in circolazione banconote convertibili in oro, la stampa di nuove banconote non esigeva la coniazione di nuove monete: bastava che fosse disponibile una quantità di moneta sufficiente a cambiare le banconote che venivano presentate alla conversione. Analogamente ora basta che sia disponibile una quantità di cartamoneta sufficiente a cambiare i titoli di credito che vengono venduti contro caro cartamoneta. La quantità di cartamoneta che deve essere stampata non dipende quindi dalla quantità di titoli di credito denominati in unità di conto del paese esistente, ma dalla quantità di cartamoneta necessaria per quelle operazioni per cui viene richiesta cartamoneta e non il trasferimenti della titolarità del credito. Ad esempio in Italia quasi tutte le vendite al minuto, una piccola percentuale di vendite all’ingrosso e una percentuale dei salari, delle pensioni, degli affitti, delle tasse, ecc. che non vengono pagate con assegni o altri titoli di credito. Quindi la creazione di titoli di credito non comporta la creazione di cartamoneta.

Il titolo di credito ha rispetto alla cartamoneta (e alla moneta) l’interessante peculiarità di fruttare un interesse: 100 dollari (cartamoneta o moneta) che tengo nel cassetto non mi fruttano nulla (oltre a poter andare persi). 100 dollari in un qualche titolo di credito fruttano un interesse. Di contro a ciò c’è la non completa convertibilità alla pari del titolo di credito in cartamoneta: questo a volte può essere un vantaggio per il possessore (vende a 130 un titolo di 100), a volte una perdita secca (vende a 80 un titolo di credito di 100). A vantaggio della cartamoneta vi è

1. il fatto che essa è completamente anonima, può essere spesa senza che il proprietario si qualifichi,

2. il fatto che la cartamoneta ha corso legale (ogni venditore di merci è obbligato per legge a indicare il loro prezzo nella moneta del paese e ad accettare di cedere le sue merci a chiunque paga in cartamoneta il prezzo indicato), gli altri titoli di credito non hanno corso legale.

La massa di titoli di credito e le operazioni attraverso le quali essa aumenta e diminuisce e le sue parti circolano, ossia il mondo dei titoli di credito, è collegato attraverso mille canali al processo di produzione (schematicamente al processo in cui con denaro (D) compro merci (M), poi lavoro (L) e produco nuove merci (M’) che vendo ricavando più denaro (D’) di quello che ho speso all’inizio del processo: D – M – L – M’ – D’) e, in termini più elementari, al processo di produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza. Sui questi canali (che collegano mondo dei titoli di credito e processo di produzione) è possibile qualche intervento, ma essi non possono mai essere ostruiti senza eliminare totalmente i titoli di credito, ridurli cioè a carta straccia o a scrittura senza valore su un registro di banca e quindi senza sconvolgere anche il processo produttivo. D’altra parte attraverso quei canali la massa dei titoli di credito può riversarsi, e in certe circostanze si riversa nel mondo della produzione sconvolgendolo. Nel mondo dei titoli di credito possono prodursi eventi che lo squassano e che attraverso quei canali di comunicazione si propagano al mondo della produzione.(3) Qui sorge il limite “economico” alla creazione di titoli di credito, per cui la possibilità illimitata di crescita da cui eravamo partiti, risulta illusoria. Il denaro, che nella sua materia di titoli di credito poteva essere moltiplicato illimitatamente, rivela la sua natura di rapporto sociale, di potere di comando su lavori altrui. Ma il lavoro altrui che può essere comandato è sempre, in ogni situazione, una quantità determinata (ben definita, limitata). Non basta creare nuovi titoli di credito per accrescerla. Così come non basta nominare nuovi generali, sia pur ognuno valente stratega quanto gli altri, per moltiplicare le divisioni che essi dovrebbero comandare.

3. Vedasi in questo numero di Rapporti Sociali la nota 20 dell’articolo Ancora sulla crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale.

 

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