“Parlarci”

Ci hanno tolto anche la parola. Invece di essere una forma autonoma di relazione, il linguaggio si sta trasformando in un dispositivo di isolamento e in uno strumento di manipolazione e controllo.


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NEWSLETTER DI COMUNE
 

GIRARE LO SGUARDO (ANTONIETTA LELARIO)
“Aderisco alla campagna Facciamo Comune insieme perché spesso sono rincuorata dalle “buone” notizie che fate circolare. Non solo denunce e proteste, non solo attese messianiche, né illusioni su un potere buono che agirà dall’alto. Capacità invece di girare lo sguardo verso ciò che già sta cambiando per interrogarne il senso. C’è consonanza con la politica delle donne che pratico da tanti anni nei collettivi femministi, nel Cidi prima e nel Circolo la Merlettaia oggi: una politica che vuole indirizzarsi a tutti e vuole ascoltare chiunque lo meriti”

PARLARCI
Ci hanno tolto anche la parola. Invece di essere una forma autonoma di relazione, il linguaggio si sta trasformando in un dispositivo di isolamento e in uno strumento di manipolazione e controllo. Estirpano le lingue, le cancellano, promuovono l’unificazione globale imposta dal capitale, che può condannarci alla cecità e al silenzio. Nel mondo ci sono ancora oltre cinquemila lingue. Cento appartengono al 95 per cento della popolazione mondiale; le restanti, l’immensa maggioranza, all’altro 5. Ogni settimana una di queste lingue vive muore e con essa muore una civiltà, un modo di essere e di pensare. Intanto, ci hanno invaso parole-ameba, come Sviluppo, che significa quasi qualsiasi cosa, dal costruire grattacieli a installare gabinetti, dal perforare pozzi petroliferi a cercare acqua. È un concetto di un vuoto gigantesco che ha dominato il dibattito pubblico per più di mezzo secolo. Serviva a rivestire tutte le opere e le azioni che depredano i popoli e per denigrare coloro che resistono. Con le baionette non si può governare; con le parole sì. Il linguaggio è un territorio che dobbiamo difendere
GUSTAVO ESTEVA

LA LINGUA E UN CADAVERE CON 4 PAIA DI MUTANDE
A chi appartiene una lingua? Le persone come possono rifiutare o ritenere meno efficace la lingua natale? E un linguaggio? Chi è che fa le scelte, chi decide se un’espressione è “prestigiosa” o “slang”? Le culture sono statiche e immodificabili? Forse è davvero giunto il momento di imparare a vivere la molteplicità linguistica come una ricchezza. Rifiutare questa prospettiva può far nascere grandi equivoci, anche a proposito di chi sceglie di indossare più di un paio di mutande …
PAOLA DEL ZOPPO

UN CATACLISMA DI PROPORZIONI INIMMAGINABILI
“Sta arrivando un cataclisma di proporzioni inimmaginabili. I segni sono tutti visibili, ora: la guerra che dilaga a sud e a est del Mediterraneo, e si prepara al confine indo-pakistano e nel continente sud-americano. La disoccupazione che cresce dovunque, mascherata appena dalla precarietà. E la più grande crisi di sovrapproduzione di tutti i tempi: le navi sudcoreane bloccate nei porti di tutto il mondo con migliaia di container, il prezzo del petrolio e dell’acciaio che precipita… Possiamo fare qualcosa per fermare, evitare, o trasformare la tempesta che sconvolge gli equilibri della terra? – si chiede Franco Berardi Bifo – Credo di no. Quello che possiamo fare è semplicemente stare in ascolto e inventa re soluzioni per il giorno in cui la tempesta sarà passata… L’Europa futura non nascerà dalle nazioni, ma dalle città, dalle reti di sapere e di solidarietà. Stiamo già cominciando a costruirla…”
FRANCO BERARDI BIFO
 

L’INNOMINABILE
C’è un abisso, una faglia tra Africa ed Europa, dove migliaia di migranti stanno scomparendo ieri e oggi. “Fatti sparire”, presi a tenaglia tra due fronti: le detenzioni e gli abusi in Libia e i muri spinati e armati europei. Circa duecento persone sono annegate in solo tre giorni, dal 25-27 ottobre, in vari “naufragi” come si chiamano eufemisticamente. Nessuno osa parlare di eliminazione, eppure la scomparsa di massa è il frutto di una linea politica dell’Ue – il blocco del flusso migratorio a tutti costi, alla partenza e in viaggio -, non il frutto delle onde. Un programma di morte pianificato a tavolino. “Però in questo tassello innominabile – scrive Flore Murard-Yovanovitch -, ora dopo le precedenti prove di omissione di soccorso della tragedia del 3 e 11 ottobre (ora indagine dalla Procura di Roma), del rapporto Death by Rescue dei ricercatori Lorenzo Pezzani e Charles Heller, abbiamo ora un’ennesima prova che il blocco dei migranti non esclude l’eliminazione fisica…”
FLORE MURARD-YOVANOVITCH
 

RISPOSTA DI UN PROFESSORESSA
La “Lettera ad una professoressa” della scuola di Barbiana di don Milani scoppiò nel ’67 come una bomba scuotendo l’opinione pubblica. La bomba colpì nel segno perché era il risultato di un’esperienza pratica che metteva al centro l’importanza di avere il possesso della lingua per difendersi e contrastare il potere. Di lì a poco sarebbe fiorito il ’68 che avrebbe trovato nelle scuola e nelle università la sua culla e avrebbe fatto di questo testo una bandiera. Quello che don Milani, indirizzando la sua lettera ad una insegnante donna, non aveva visto era che le donne non rappresentavano affatto la scuola istituzionale dove approdavano come ospiti impreviste. Indagare oggi l’ agire femminile nella scuola – come fa una insegnante, Vita Cosentino, nel libro “Scuola: sembra ieri è già domani” – fa emergere una straordinaria ribellione ancora poco visibile, fatta di trasformazioni che puntano alla vita di ogni giorno, alla costruzione di nuove relazioni, alla pratica in primo luogo dell’ascolto, alla trasformazione della scuola e quindi della società
ANTONIETTA LELARIO

LA MERITOCRAZIA DEI SAPERI
Uno dei volti più noti dell’individualismo capitalista resta la legge del migliore. La categoria del pensiero liberale più gravide di storia – quella del self made man, quella della legge del più forte, della “selezione” o, in breve, del darwinismo sociale – ha invaso qualsiasi ambito della vita sociale e culturale. Nell’università, accanto alla meritocrazia che orienta da tempo gli studenti, c’è anche la meritocrazia dei saperi: pochi iscritti, poca produzione, poca audience, poco spendibilità sul mercato del lavoro… e allora sgomberate certi corsi
PAOLO MOTTANA

ANCHE A SCUOLA SI MUORE DI AMIANTO
I soggetti coinvolti per motivi professionali dalle malattie correlate all’amianto appartengono ad un ampio ventaglio di attività economiche/lavorative, alcune insospettabili. I dati del Registro Nazionale dei Mesoteliomi segnalano, ad esempio, il coinvolgimento di insegnanti elementari, professori di scuola secondaria superiore, tecnici chimici; collaboratori scolastici. Ma nessuno ne parla. I dati del Rapporto, per altro, fanno riferimento esclusivamente al personale del comparto scolastico, non agli studenti che hanno trascorso e trascorrono gran parte della loro giornata all’interno degli edifici scolastici e per i quali non esistono statistiche. Tutti accomunati dall’aver trascorso anni e anni in aule e costruzioni “imbottite” di eternit ma nessuno ha mai parlato dei rischi. Eppure, in alcune aule, durante l’ora di storia, sarà capitato di scoprire che già Plinio il Giovane aveva osservato che gli schiavi che lavoravano con il minerale di asbesto si ammalavano...
MARILENA PALLARETI

LA SCUOLA È MALATA?
Tutti i dati numerici hanno diversi limiti ma se utilizzati con attenzione e senso critico possono aiutare a comprendere alcune realtà, come quella della scuola. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, gli adolescenti italiani sono stressati dal carico di lavoro degli studi e hanno un pessimo rapporto con la scuola; di sicuro sono oberati di “compiti”, come risulta dalle rilevazioni Ocse Pisa (almeno nove ore a settimana) e i risultati sono sconcertanti. Siamo ultimi in Europa per capacità di compensare le diseguaglianze culturali tra ricchi e poveri (negli ultimi 15 anni quasi 3 milioni di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il corso di studi.. .). “Visto che la scuola che assegna più compiti ottiene questi drammatici risultati – scrive Maurizio Parodi -, perché non provare a ridurli drasticamente o eliminarli, quanto meno nella scuola “dell’obbligo”, come già avviene in Paesi pedagogicamente più evoluti?… Non è sicuramente la panacea, non si risolvono così i tanti mali che affliggono la scuola, ma è certo che si ridurrebbe il rigetto nei confronti dello studio…”
MAURIZIO PARODI
 

IL CETA AVANZA MA POSSIAMO FERMARLO
Alla fine, il tanto temuto colpo di coda è arrivato. Nonostante la coraggiosa opposizione della Vallonia, il vertice Europa-Canada ha approvato d’urgenza il trattato di liberalizzazione commerciale tra le due aree, Ceta. Le conseguenze del Sì sarebbero nefaste per molte e diverse ragioni ma la via per spianare definitivamente la strada alla rimozione di regole e controlli che dovrebbero tutelare la salute e i diritti dei cittadini è ancora irta di ostacoli. Non è affatto detta l’ultima parola. Il 5 novembre, intanto, la Giornata globale di resistenza contro il potere delle multinazionali, in molti Paesi d’Europa sarà un “No Ceta day”, per fare pressione sul Parlamento europeo che sarà chiamato, entro fine anno, a votare o bocciare il trattato prima della ratifica da parte degli Stati membri
MONICA DI SISTO
 

L’EUROPA E LA FINE DEL (NOSTRO) MONDO
Difficile dire quanto durerà l’Unione Europea ma tutto lascia credere che stia vivendo il suo autunno. La crisi sembra irreversibile, il ritorno delle frontiere sempre più probabile. Le paure e i muri che vengono alzati sono però anche il risultato di una transizione, di un passaggio epocale, cominciato con la globalizzazione. Il futuro sembra disegnare uno scenario apocalittico, da fine del mondo, ma è solo la fine di un mondo, il nostro, per come lo abbiamo immaginato, almeno negli ultimi duecento anni. Le civiltà spesso rappresentano se stesse come la totalità del mondo. Non dobbiamo cadere in questa auto-illusione, prendiamo un bel respiro e relativizziamo. Dovremo lavorare i n favore di comunità libere e non identitarie per seminare solidarietà in un futuro che si caratterizzerà per una maggiore competizione e disgregazione sociale. E bisognerà essere creativi, ripensando il lavoro intellettuale e manuale all’epoca della robotizzazione e della disoccupazione, e mandando avanti progetti collaborativi per ritessere la società in ambito locale
LUCA CIRESE
 

PER RIBELLARSI IN GRAZIA DI DIO
Come trasformare un pianeta ferito e che, con l’umanità, ha perso perfino il significato dell’accoglienza in una casa in cui non vi sia più nessun contadino senza terra, nessuna famiglia senza casa e nessun lavoratore senza impiego? Forse nessuno, in questi ultimi anni, è riuscito come Francesco, il papa, a porre sotto gli occhi del mondo una realtà tanto coperta dal silenzio: esiste un’enorme quantità di organizzazioni, grandi e piccole, che sono costituite, organizzate e guidate dagli esclusi e non si rassegnano alla miseria che è stata loro imposta. Quei poveri, ha detto il papa nel Primo incontro con i movimenti popolari, tenuto nel 2014, «non si limitano a subire l’in giustizia, ma si organizzano e lottano contro di essa». Dal 2 al 5 novembre, dopo la seconda tappa in Bolivia, si tiene in Vaticano il terzo incontro mondiale dei movimenti con Francesco. Dovrebbe servire a decidere proposte concrete, cioè ad aprire la fase dell’agire
CLAUDIA FANTI
 

LISCIA, GASSATA O ALL’APARTHEID
L’operazione di marketing avrà certo suscitato un qualche orgoglio patriottico nel presidente Mattarella, nei giorni scorsi tanto impegnato a esaltare l’eterna e disinteressata amicizia tra il suo paese e Israele. Il presidente, apparentemente diafano ma sostanzialmente democristiano, non si è limitato a benedire il gigantesco traffico legale d’armi e attività belliche varie che il suo collega premier (democristiano anche lui) incentiva a più non posso. Ha voluto strafare giudicando, con la consueta solennità sonnolenta, “inammissibili” le campagne e l’azione di boicottaggio che in ogni angolo del mondo, vengono promosse verso lo Stato che, con ogni suo governo, ha app licato la forma più moderna e odiosa di apartheid che il mondo conosca. Nell’augurarci che i brindisi con le bollicine siano andati e vadano di traverso a ogni festeggiamento della solenne amicizia, pubblichiamo la lettera che decine e decine di associazioni, italiane e non, hanno inviato alla Ferrarelle Spa perché receda – seppur in extremis – dalla decisione di sponsorizzare la Round Tables Tour a Tel Aviv, la festa della gastronomia alla faccia dei diritti umani più elementari
BDS ITALIA
 

IL CAFFÈ CHE LIBERA TUTTI
Un caffè è un sacco di cose. Ti ci svegli la mattina, ci ragioni intorno durante una riunione di lavoro; lo usi per una pausa dal lavoro o per invitare una persona a berlo insieme e farci una chiacchierata sopra. Un caffè è tante cose. È chi lo beve. Ed è anche chi lo produce. In questo senso un caffè è un viaggio che ti porta in Africa o in America del Sud ogni volta che lo bevi, anche se non lo sai. Perché è da lì che arrivano i chicchi. Ed è da lì che inizia una storia di sfruttamento o di emancipazione. Dipende da chi pagherà per importare quel caffè. Dipende da quanto pagherà. Dipende da come sono organizzati i lavoratori che raccolgono il caff è. Dipende se scegliamo o meno di essere un Ponte solidale ogni giorno
FABRIZIO MARCUCCI

LA VALLE DEL BIO E I SUOI BORGHI
Nell’Appennino tra La Spezia, Genova e Parma ci sono Varese Ligure e altri sei comuni che hanno avuto l’intuizione e lo spirito giusti per invertire il declino delle “zone marginali interne” puntando sull’agricoltura di qualità, la valorizzazione dei borghi e delle risorse naturali, mettendo insieme piccole aziende agricole, agriturismi, alcuni ristoranti, un paio di fattorie didattiche e due aziende agricole sociali. Quando la vendita diretta non basta, il circuito dei Gas e dei mercati contadini consente di integrare i redditi. I comuni locali invece si sono impegnati a salvaguardare le aree a vocazione agricola, introdurre alimenti bio nelle mense scolastiche, recuperare i terreni incolti, non usare diserbanti nella manut enzione delle strade
PAOLO CACCIARI

IL TEMPO DELLA CONDIVISIONE
Ristabilire la connessione tra chi viaggia e chi abita una città o un paese, fra vicini di casa e vicini d’ufficio, fra divertimento e apprendimento. Ci vogliono soli, consumatori e tristi: c’è chi sceglie di rianimare il territorio attraverso co-housing, co-working e co-holiday. Chi si aggrega?
AGNESE PIRANI

CENTO ANNI DOPO, BASTA GUERRE
Dobbiamo smetterla di fare del 4 novembre una festa, non può più essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati. C’è bisogno di una giornata di iniziative in tante città per un’altra difesa, per l’istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Quelle iniziative, propongono in un appello alcune associazioni pacifiste, devono svolgersi “in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire… “
APPELLO
 

QUADERNI A PORTATA DI MOUSE
Ci sono quaderni che bisogna tenere a portata di mouse, quaderni da sbirciare, leggere, copiare-incollare, discutere ogni giorno. Paolo Mottana, che insegna Filosofia dell’educazione all’Università di Milano-Bicocca, ha scelto di adottare il quaderno Ci vuole il tempo che ci vuole per poterlo studiare e discutere con 200 studenti. Maria De Biase, dirigente scolastica in Campania, ha invece prenotato 50 copie dell’altro quaderno, Seminare un mondo diverso: vuole distribuirle a 30 insegnanti. Dello stesso titolo, Giovanni Acquati, vuole portare 30 copie in America Latina, a un incontro su economia solidale ed educazione… E voi che aspettate?

 

 

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