Scriviamo questo numero di ‘Resistenza’ alla vigilia di due avvenimenti che la classe dominante presenta con insistenza e premura come elementi di svolta radicale al corso politico: le elezioni presidenziali negli USA e il referendum costituzionale
Newsletter n. 22/2016 – Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo.
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da Resistenza n.11/12
Scriviamo questo numero di Resistenza alla vigilia di due avvenimenti che la classe dominante presenta con insistenza e premura come elementi di svolta radicale al corso politico: le elezioni presidenziali negli USA e il referendum costituzionale promosso da Renzi e dai vertici della Repubblica Pontificia.
Ma questo numero di Resistenza sarà diffuso per tutto un periodo dopo che i risultati di entrambe le consultazioni saranno conosciuti e avranno iniziato a propagare i loro effetti sia sul corso politico del nostro paese (e del mondo, per quanto attiene alle elezioni presidenziali negli USA) sia, come riflesso, sulle suggestioni, sui ragionamenti, sullo stato d’animo e sulla visione delle cose delle masse popolari.
Noi non possiamo, dunque, che giocare d’anticipo. Questo numero di Resistenza è scritto prima dell’esito delle due scadenze elettorali verso cui quella parte interessata, informata e attiva delle masse popolari guarda, ma tratta argomenti, afferma tesi, dimostra tendenze che valgono (cioè orientano, stimolano il ragionamento, indicano una via) indipendentemente da quali ne siano gli esiti.
Ciò che ci interessa in questo articolo è un ragionamento sulla situazione politica che parte da quelle scadenze, ma le supera; ci interessa mostrare, contrariamente a quanto affermano i media, i politicanti, i venditori di fumo, che la classe dominante non ha possibilità di imprimere una svolta positiva al corso delle cose. Finché la borghesia imperialista governa la società, per le masse popolari non possono esservi che due vie possibili: il meno peggio e il peggio. E il meno peggio apre sempre la via al peggio. Ci interessa inoltre mostrare che, però, al meno peggio che apre le porte al peggio c’è un’alternativa, possibile, realistica, concreta: c’è un futuro luminoso e non buio, di pace e non di guerra, di solidarietà e non di individualismo, di dignità e non di degrado, di lavoro e non di precarietà, di prosperità e non di miseria, di emancipazione e non di oppressione e sottomissione. Questa alternativa si chiama socialismo. Se lasciamo le cose in mano alla classe dominante succederà quello che le leggi oggettive del capitalismo richiedono che succeda, ma se le masse popolari che già oggi sono organizzate e si mobilitano in mille forme e ambiti prendono in mano l’iniziativa, fanno valere i loro interessi, si coordinano e imparano a diventare dirigenti della società, allora succederà quello che le masse popolari organizzate faranno succedere. (…) Per noi comunisti l’esito della lotta politica borghese non si qualifica nel campo delle opinioni che vanno per la maggiore (e sulla maggioranza dei voti), ma nel campo dell’organizzazione, del coordinamento e della mobilitazione delle masse popolari organizzate. Cosa vuol dire?
Nel caso del referendum costituzionale promosso da Renzi e dai vertici della Repubblica Pontificia significa che il risvolto pratico dell’esito ha, per i lavoratori e per le masse popolari, importanza relativa. Ha importanza, perché il risultato di una battaglia concorre a definire il contesto in cui si combatte la guerra, prepara il terreno per le battaglie successive e per quelle concatenate, ma ha importanza relativa perché l’aspetto decisivo attiene a quanto e come i lavoratori e le masse popolari hanno e applicano una propria strategia, una propria politica, con propri obiettivi, in conformità dei propri interessi.
Se vince il NO la guerra per bande fra fazioni dei vertici della Repubblica Pontificia, la resa dei conti nel PD, la controffensiva degli oppositori di Renzi, l’aumento delle contraddizioni fra istituzioni, apparati statali e cricche di potere (le spinte all’ingovernabilità del paese dall’alto) si combineranno con le mobilitazioni popolari contro gli effetti della crisi economica, della crisi politica e della repressione (ingovernabilità dal basso); la vittoria del NO sarebbe una importante iniezione di fiducia nella parte delle masse popolari che si è mobilitata nei mesi scorsi – vedi articolo No Renzi-day… a pag. 1 – e alimenterebbe le tendenze all’organizzazione, al coordinamento e alla mobilitazione che si sono espresse nella campagna referendaria.
Se vince il SI le spinte all’ingovernabilità dall’alto saranno più forti rispetto a quelle dal basso. Gli oppositori di Renzi dovranno incassare il colpo, ma non tutti lo faranno pacificamente e non tutti, tanto meno, si rassegneranno. Nelle contraddizioni prodotte e dalla vittoria di Renzi e dal contenuto della riforma costituzionale, la crisi politica e l’ingovernabilità aumenteranno, assumeranno contenuti più netti e forme meno diplomatiche. Nel campo delle masse popolari si distingueranno nettamente due tendenze: 1. quella più influenzata dalle concezioni della sinistra borghese (di vecchio tipo, cioè i partiti della sinistra radicale, e di nuovo tipo cioè il legalitarismo del M5S) che sarà caratterizzata dalla delusione e in certi casi dalla rassegnazione, e 2. quella più influenzata dalla concezione più radicale (“lotta, lotta, lotta”) che si produrrà nella promozione delle lotte spontanee “più dure”. Delle due tendenze la prima è quella dirigente, la seconda è in un certo modo una risposta alla prima e da essa dipendente. (Leggi l’articolo completo…)
La questione di fondo è che oggi, come nel 1945, dobbiamo liberare il nostro paese.
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Presentazione de “Il proletariato non si è pentito” – Edizioni Rapporti Sociali
Lunedi 12 dicembre – ore 20:30; Casa del Popolo di via Padova (via Padova, 179 in galleria – MM2 Cimiano, bus 56) – Milano
Il contesto è caratterizzato dal fenomeno del pentitismo e della dissociazione dalla lotta di classe degli anni precedenti: il tentativo di ricostruzione del partito comunista ad opera delle Brigate Rosse, la lotta armata, il proliferare di Organizzazioni Comuniste Combattenti; un sommovimento che ha investito e coinvolto direttamente e indirettamente centinaia di migliaia di proletari a cui la borghesia e le sue istituzioni hanno fatto fronte con una feroce repressione prima (arresti di massa – nelle carceri speciali erano rinchiusi duemila rivoluzionari – tortura, tribunali speciali, ecc.) e con le leggi e le procedure per favorire, appunto, il pentitismo e la dissociazione dalla lotta di classe.
Il contenuto, perché il libro rappresenta una tappa fondamentale della lotta contro pentitismo e dissociazione: l’analisi e i documenti raccolti eliminano i luoghi comuni che sono poi diventati, causa la debolezza del movimento comunista di quegli anni, tanto diffusi nell’analizzare quella fase storica: il libro è una denuncia del regime carcerario riservato ai rivoluzionari prigionieri e delle torture fisiche e psicologiche a cui sono stati sottoposti in nome della “ragion di Stato”, è una guida per comprendere quali fossero le basi materiali per cui il fenomeno del pentitismo e della dissociazione è stato possibile con quelle dimensioni e quella portata, contiene un’analisi sulle mutazioni e sugli sviluppi del regime di controrivoluzione preventiva.
La discussione su pentitismo e dissociazione ha coinvolto il paese intero e ha diviso: la borghesia (con il ruolo attivo del PCI revisionista), animata dall’urgenza di proclamare la fine della lotta di classe e “degli anni di piombo”, la sinistra borghese, animata dall’aspirazione di “punire i responsabili senza infierire”, il movimento rivoluzionario stesso, diviso fra tatticismi, settarismi e sindrome della sconfitta. “Il proletariato non si è pentito” è stato un faro che ha illuminato con la luce della scienza rivoluzionaria un processo epocale per l’Italia (e per gli altri paesi imperialisti) e ha consentito di inquadrarlo nel contesto della lotta di classe per il socialismo. In questo senso ha dato, assieme all’opera del Il Bollettino, del Coordinamento dei Comitati Contro la Repressione e dell’Associazione Solidarietà Proletaria, un prezioso contributo alla rinascita del movimento comunista.
L’attualità di questo libro è stringente. Per almeno tre motivi.
Il primo è che chi si interroga sulla natura della tendenza forcaiola e reazionaria potente e radicata nelle istituzioni e nelle autorità del nostro paese ancora oggi, tanto da impedire, ad esempio, l’approvazione di una legge contro la tortura, trova in questo libro una risposta. Introdurre il reato di tortura in Italia, benché il contesto politico, le forme, le condizioni e i risultati della lotta di classe siano molto diversi dagli anni ‘70 del secolo scorso, significa aprire un processo politico a quegli organi dello Stato (che non erano “deviati”… quindi un processo allo Stato stesso e alla sua classe dirigente) che hanno promosso, eseguito, perpetrato sistematiche torture a centinaia di rivoluzionari prigionieri. E’ da questo “cassetto” della storia della Repubblica Pontificia che i vari esponenti della destra reazionaria, macchiette politiche, attingono la forza per opporsi a una legislazione democratica contro abusi in divisa, nelle carceri, nelle Caserme, nelle Questure, nelle piazze.
Il secondo motivo è che chi ha oggi 30 anni o meno, per capire la storia di questo paese deve conoscere quel periodo, quelle dinamiche, quel processo. Perché quando in Italia i vertici della Repubblica Pontificia evocano lo spettro del “terrorismo” non evocano l’ISIS o Al Qaeda, evocano ciò che per loro è stato davvero “il terrore”: operai e proletari organizzati per fare la rivoluzione. Evocano l’eroismo, la generosità, la consapevolezza di una generazione di giovani che ha messo in gioco tutto per combattere e per vincere. Quando in Italia la classe dominante parla di “sicurezza nazionale” parla di lotta contro le organizzazioni della classe operaia e delle masse popolari.
Il terzo motivo attiene al fatto che nonostante quella generosità e quell’eroismo, quella generazione di giovani non ha vinto, ma ha subito una sconfitta. La loro sconfitta, lungi dall’essere una sconfitta generazionale o dei singoli, è una sconfitta per la lotta di classe. Ma, appunto, il proletariato non si è pentito, non può “pentirsi” dalla sua condizione di classe sfruttata e oppressa.
Da ogni sconfitta il movimento comunista impara dagli errori e riparte su basi nuove. Questo ci insegnano la sconfitta della Comune di Parigi del 1871 e la Rivoluzione russa del 1905. Anche la sconfitta del movimento rivoluzionario degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso in Italia, più che motivo di afflizione o dimostrazione di impotenza, per chi era animato da spirito rivoluzionario è stata fucina di insegnamenti e bilancio per la rinascita del movimento comunista.
Discutendo di questo, ragionando su questo, ricordiamo la compagna Adriana Chiaia, scomparsa il 27 ottobre scorso, che di questo libro è stata ispiratrice e curatrice. E in questo libro ci sta anche, fuor di ogni metafora, un pezzo importante di lei e del contributo che ha dato alla lotta di classe per il socialismo in questo paese: quelle ferrea, rigorosa, orgogliosa coscienza che nella lotta per il socialismo sta il futuro dell’umanità.
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Da Resistenza n.11-12/2016
Questo numero di Resistenza è dedicato a operai e lavoratori con la falce e martello nel cuore e a quelli che si mobilitano nei propri posti di lavoro, sono impegnati nelle lotte per attuare la Costituzione, per difendere i diritti che la classe dominante si sta riprendendo. Vuole essere uno strumento per inquadrare la situazione e per imparare dall’esperienza (degli operai e del partito comunista nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, di operai, lavoratori e del resto delle masse popolari che oggi si mobilitano in lotte spontanee per difendere il lavoro, l’ambiente, la sanità, l’istruzione, contro il razzismo e il fascismo) per dare gli strumenti a quanti oggi vogliono cambiare il corso delle cose, quanti si pongono alla testa del processo di costruzione dell’alternativa, per poter indirizzare la propria indignazione, per trasformare la denuncia e la rivendicazione in azione efficace per raggiungere l’obiettivo di diventare classe dirigente della società.
Proponiamo di seguito una selezione di articoli (al link il numero completo)
– 99° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre: dittatura del proletariato, proprietà collettiva e democrazia proletaria. L’Unione sovietica fa ancora paura ai borghesi e al clero
La rivoluzione d’Ottobre è stata scienza applicata alla pratica della lotta di classe – per chi l’ha diretta; passaggio da classe oppressa a classe dirigente – per chi l’ha fatta; un grande movimento di emancipazione collettiva – per chi vi ha partecipato. E’ stata cioè quello che è e sarà per noi comunisti, operai e masse popolari italiane, la rivoluzione socialista in un paese imperialista come il nostro. [Leggi tutto…]
– NO Renzi-day del 22 ottobre: La “base rossa” vuole fare un passo in avanti
In sintesi: il 22 ottobre hanno partecipato in tanti per dire NO alla riforma costituzionale e al governo Renzi. Da quello che abbiamo raccolto, in tanti si aspettano di combattere la battaglia fino in fondo e con ogni mezzo a disposizione, si aspettano che chi li ha chiamati in piazza non metta i remi in barca dopo il 4 dicembre. E non si tratta di chiamare una manifestazione nazionale dopo l’altra per esprimere dissenso, si tratta di prendere l’iniziativa in mano, raccogliere e organizzare il consenso alla costruzione dell’alternativa. [Leggi tutto…]
– Nessuna vittoria cade dal cielo: ogni lotta necessita di alcune precise condizioni per vincere
Nelle condizioni in cui versa la società (le abbiamo più volte indicate e argomentate su Resistenza: la debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato e la crisi generale del capitalismo) le lotte spontanee spesso non ottengono risultati e quando li ottengono sono parziali, circoscritti e comunque transitori: la borghesia imperialista tornerà alla carica per riprendersi ciò che è stata costretta a concedere. Tuttavia esistono lotte che vincono e gli esempi sono moltissimi: contro la chiusura di un’azienda o di un ospedale, contro una discarica o un inceneritore, ecc. Nessuna lotta si vince per caso, ogni lotta vinta è il risultato di alcune condizioni precise, comuni a tutte le vittorie. [Leggi tutto…]
– Applicare la Costituzione è un reato? Sostenere i compagni e le compagne che difendono, applicandoli, i diritti conquistati con la vittoria della Resistenza. Solidarietà ai promotori della Ronda Popolare Antifascista di Massa. [Leggi tutto…]
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