Lettera aperta di Giuseppe Maj alla redazione P.CARC

L’espressione principale del nostro omaggio ai compagni che hanno impersonato la resistenza all’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria è il nostro impegno a continuare fino alla vittoria la lotta per l’instaurazione del socialismo.


Avviso ai naviganti 65

4 dicembre 2016

 

Ancora sulla morte del Comandante Fidel Castro (Comunicato CC 23/2016) e sulla morte della compagna Adriana Chiaia (Avviso ai naviganti 64)

 

L’espressione principale del nostro omaggio ai compagni che hanno impersonato la resistenza all’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria è il nostro impegno a continuare fino alla vittoria la lotta per l’instaurazione del socialismo. La rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel mondo e la rivoluzione socialista in Italia sono il nostro impegno. È per alimentare la rinascita del movimento comunista, per rafforzare la lotta in corso fino alla vittoria, che dobbiamo celebrare la resistenza. È in questo spirito che pubblichiamo la lettera che segue: quello che il compagno dice a proposito delle presentazioni del libro curato da Adriana Chiaia vale a maggior ragione per le celebrazioni dell’opera di Fidel Castro che si svolgono in questo periodo in tutto il nostro paese.

 

Lettera aperta di Giuseppe Maj alla redazione dell’Agenzia Stampa del P.CARC

 

Cari compagni,

leggo con piacere sull’Agenzia l’avviso che a Milano il 12 dicembre (anniversario della Strage di Stato a Piazza Fontana) il P.CARC presenterà alla Casa del Popolo di via Padova Il proletariato non si è pentito. Suppongo che il P.CARC e altri organizzeranno in questi mesi analoghe presentazioni del libro curato da Adriana Chiaia.  

È tuttavia un travisamento riduttivo dell’attività della compagna presentare Il proletariato non si è pentito principalmente come un’opera contro la repressione: di denuncia della ferocia dell’apparato repressivo della Repubblica Pontificia e della sua capacità di approfittare della debolezza del movimento comunista (dissociazione, soluzione politica, ecc.), di omaggio alla resistenza di tanti compagni ivi compresi i compagni delle Brigate Rosse tuttora prigionieri nelle carceri del “Papa della misericordia” (i suoi ammiratori su il manifesto ricordano volentieri (30.11.2016) Leonard Peltier prigioniero negli USA da 41 anni: forse non ricordano i prigionieri BR perché non hanno ancora raggiunto i 41 anni di prigionia?), di appello alla solidarietà con i combattenti e i prigionieri. Queste funzioni furono assolte anche da molte altre onorevoli iniziative e organismi dell’epoca in cui pubblicammo Il proletariato non si è pentito. Basti pensare a Radio Proletaria di Roma allora diretta da Sergio Cararo ora esponente di Rete dei Comunisti e ai molti organismi di ogni angolo d’Italia che aderivano al Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione e collaboravano al suo organo di stampa Il Bollettino: organismi e compagni ora in vario modo dispersi.

Fu una vicenda che è importante ricordare perché conferma che quando i comunisti riescono a costituirsi come centro coalizzatore e catalizzatore delle mille manifestazioni spontanee della lotta di classe (e questo erano diventate le Brigate Rosse alla fine degli anni ‘70), un simile centro poteva, e quindi potrà, avvalersi dell’inesauribile riserva di forze costituita delle masse popolari, una lezione per quanti anziché lavorare alla creazione di un simile centro piagnucolano o imprecano che (quando non c’è un loro Stato Maggiore) “le masse non sono combattive”.  

Ma Il proletariato non si è pentito, pubblicato nel 1984, è stato qualcosa di più e non parlarne è nascondere il lato costruttivo dell’opera che facemmo allora, quello che costruisce il futuro. La nostra non fu solo resistenza, fu lotta per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. La pubblicazione di Il proletariato non si è pentito fu parte di un’opera feconda, che non si è dispersa ma ha germogliato e prodotto il (nuovo)PCI.

Adriana Chiaia aveva partecipato al Convegno sulla Repressione tenuto a Milano alla Palazzina Liberty il 30-31 maggio 1981 durante il quale presentò il rapporto Toni Negri, ovvero del soggettivismo e del gradualismo a nome del Comitato Giuliano Naria, aveva partecipato alla pubblicazione (aprile 1983) di I fatti e la testa del CoProCo (Comitato di Propaganda Comunista) dedicato al bilancio del movimento comunista internazionale e alla pubblicazione (dicembre 1983) di Politica e Rivoluzione dei prigionieri BR Andrea Coi, Prospero Gallinari, Francesco Piccioni e Bruno Seghetti contro le deriva soggettivista e militarista delle Brigate Rosse e avrebbe partecipato alla preparazione nel 1985 e fino ai primi anni ’90 alla pubblicazione della rivista Rapporti Sociali.

Il proletariato non si è pentito fa cioè parte della lotta combattuta nelle Brigate Rosse tra la linea della liquidazione e la linea della loro trasformazione in partito comunista, lotta illustrata nell’opuscolo Cristoforo Colombo del 1988, una lotta in cui la linea rossa della trasformazione delle Brigate Rosse in partito comunista fu sconfitta, ma sulle cui macerie è germogliato il (nuovo)Partito comunista italiano (il primo numero di La Voce è del marzo 1999).

È quindi riduttivo oggi presentare Il proletariato non si è pentito solo o principalmente nel contesto della lotta contro la repressione e della resistenza alla liquidazione del movimento rivoluzionario. Voi scrivete che il movimento comunista era “diviso tra tatticismi, settarismi e sindrome della sconfitta”. Vero che nel movimento rivoluzionario vi era anche tutto questo, ma omettete di ricordare che vi era anche lotta per rinnovarsi e continuare. Vero che dite anche che Il proletariato non si è pentito “è stato un faro che ha illuminato con la luce della scienza rivoluzionaria un processo epocale per l’Italia (e per gli altri paesi imperialisti)”, ma questa affermazione non è retorica solo sulla bocca di chi inquadra Il proletariato non si è pentito nella lotta per la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato. Uno dei disertori delle nostre file, Massimo Amore, in questi giorni va dicendo che “anche il terzo tentativo di ricostruire il partito comunista è fallito”, come i primi due (quello dei gruppi marxisti-leninisti (Nuova Unità) e quello delle Brigate Rosse). Massimo Amore dichiarando che con il suo abbandono la guerra è finita, sopravvaluta il suo ruolo ma manifesta anche il tarlo che lo rode: il nostro fallimento cancellerebbe la vergogna del suo abbandono.

Il numero 54 di La Voce è appena entrato in circolazione e non è l’annuncio del fallimento, ma l’invito a partecipare alla lotta, perché “il proletariato non può pentirsi”: la rivoluzione socialista non è solo possibile, è anche necessaria. Mi auguro quindi e auguro a voi tutti che la presentazione del libro curato da Adriana Chiaia sia non solo ricordo di un passato glorioso, ma anche, e anzi principalmente, proiezione della luce della scienza comunista sul processo della rivoluzione socialista e della lotta di classe in corso nel nostro paese.

Giuseppe Maj del (nuovo)Partito comunista italiano

 

 

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Comitato Centrale del (n)PCI http://www.nuovopci.it 
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