Massimo apprezzamento per la vicenda che ha portato al rispetto di un diritto, quello di vedersi correttamente assegnare un insegnante di sostegno, qualcosa da ridire invece su come viene interpretata la figura dell’insegnante stesso.
L’ultimo dell’anno scorso vi ho inviato altra e-mail con lo stesso oggetto della presente.
Della vicenda riportata dal giornale La Sicilia io avevo colto esclusivamente l’aspetto che riguarda la ribellione coraggiosa del cittadino contro la PA che gli non mette a disposizione quanto è dovuto per legge, ribellione che porta alla vittoria del cittadino stesso tramite pronuncia del Tribunale.
Così facendo avevo preferito non entrare nel merito di quanto avevo pur notato riguardo la valutazione, riportata nell’articolo, delle funzioni relative alla figura dell’insegnante di sostegno.
Dunque massimo apprezzamento per la vicenda che ha portato al rispetto di un diritto, quello di vedersi correttamente assegnare un insegnante di sostegno, qualcosa da ridire invece su come viene interpretata la figura dell’insegnante stesso.
Evito di dilungarmi.
L’avv. Salvatore Nocera (FISH), noto come profondo conoscitore delle problematiche del mondo scolastico, ha colto immediatamente il nocciolo del problema e mi ha scritto quanto io riporto quì di seguito.
Preciso che sono del tutto d’accordo con l’avv. Nocera perchè, pur avendo una competenza nel merito sicuramente non paragonabile alla sua, la mia esperienza familiare, assieme agli approfondimenti che ne sono derivati, portano esattamente alle stesse conclusioni, puntualmente espresse dall’avv. Nocera, riguardo quale sia la via corretta per una effettiva inclusione scolastica in tutti i gradi dell’insegnamento previsti.
Un caro saluto a tutti.
All’avv. Nocera anche un sentito grazie.
Sandro Paramatti
La Sicilia del 31-12-2016
“Dal giudice per dare un’istruzione a mia figlia autistica”
CATANIA. Per garantire un’istruzione a sua figlia ha dovuto rivolgersi al Tribunale. Gabriella Sanfilippo non poteva più “digerire” i continui avvicendamenti delle insegnanti di sostegno che, a turno, entravano in malattia e, comunque, non potevano assicurare a sua figlia il diritto allo studio, garantito a tutti gli altri bambini e sancito dalla legge n° 67 del 2006. La norma stabilisce come, per il principio di parità di trattamento “non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità”. E, nel caso di Adriana, questo il nome della figlia, autistica, proprio di discriminazione si è trattato, visto che la ragazza si è trovata in una posizione di “svantaggio” rispetto agli altri compagni di classe.
Una tesi sostenuta dall’avvocato Maurizio Benincasa (cui la mamma di Adriana si è rivolta) che il giudice della prima sezione civile del Tribunale di Catania, Viviana Di Gesu, ha accolto, emettendo un’ordinanza secondo la quale il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e il circolo didattico «Nazario Sauro» (la ragazza frequenta il plesso accorpato della scuola media Giovanni XXIII di via Tasso ndr) dovranno ora garantire ad Adriana un insegnante di sostegno per l’intero orario curriculare. Inoltre, Miur e scuola, sono stati condannati a pagare le spese del giudizio, liquidate in 4000 euro, oltre alle quelle generali.
Adriana soffre di una grave forma di autismo (classificata al comma 3 della legge 104 nata per aiutare le persone con disabilità) da quando aveva un anno. Oggi che di anni ne ha 12 e frequenta la prima media, si è scontrata con la difficoltà di tanti bambini disabili come lei: non avere un insegnante di sostegno che la segua nell’intero percorso scolastico settimanale, cioè 30 ore di lezione.
Secondo contratto, infatti, gli insegnanti di sostegno possono seguire ogni singolo alunno per un massimo di 18 ore a settimana. Peccato che in una settimana di ore di lezione ce ne siano 30. E le altre 12? Per questo, la mamma di Adriana si è rivolta al giudice e ha vinto la sua battaglia.
«Un dottore, l’altroieri mi ha detto Signora, lei è una pioniera”. Ma io non voglio essere una pioniera – dice Gabriella Sanfilippo, un marito in polizia, un lavoro all’Oviesse e altri tre figli di 13, 11, e un anno – io ne ho piene le scatole di questo sistema. C’è una burocrazia pazzesca attorno a tutto questo e non c’è nessuno che ti aiuta, devi essere tu a muoverti e a rimboccarti le maniche. Di fronte ad un macigno come questo hai tre opzioni: o ti fai venire un esaurimento nervoso, o ti accanisci contro tutto il mondo, oppure ti sbracci, vai avanti e cerchi di tutelare tuo figlio per quanto possibile. Ma nonostante i miei sforzi, mi sento sempre maledettamente impotente, e quanto più conosco di questo mondo, tanto più sento l’impotenza crescere. Perché ti viene tanta rabbia. Cosa direi ad altri genitori nella mia situazione? Informatevi, confrontatevi con altri che vivono la vostra stessa esperienza, l’importante è non sentirsi soli».
Adesso il ministero e la scuola Nazario Sauro avranno trenta giorni di tempo per mettersi in regola e rispettare l’ordinanza del giudice (l’ordinanza è del 14 dicembre scorso), che poi significa stabilire un doppio incarico con un’altra insegnante di sostegno che copra l’arco delle trenta ore.
«Dietro al numero ridotto di ore – spiega l’avvocato Maurizio Benincasa che è anche presidente dell’Associazione “20 novembre 1989” a tutela dei diritti delle persone con disabilità – ci sono solo esigenze di cassa, cioè si cerca di risparmiare risorse sulla pelle dei bambini disabili, peccato, però che la Corte Costituzionale con una famosa sentenza, la n. 80 del 2010, abbia affermato che di fronte alla tutela dei diritti fondamentali degli alunni con disabilità non via siano vincoli di bilancio che tengano, un concetto ribadito di recente dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 275 del 2016».
Non è la prima volta che per garantire il diritto dei propri figli all’istruzione, dei genitori ricorrano alla magistratura. Il problema è che molte famiglie, di fronte alla disabilità grave e ai “muri” innalzati dalla burocrazia non sanno che pesci prendere. «Su 100 famiglie – continua il legale – presentano ricorso appena il 10 per cento, il più delle volte per ignoranza, ma anche perché non credono di potercela fare. Invece, oggi, la legge e soprattutto il fatto di potersi rivolgere al giudice di prossimità, e non più al Tar com’era prima, offrono un’arma in più a questi genitori per garantire un diritto fondamentale ai loro figli stabilito anche dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità».
La malattia.
L’autismo è un disturbo generalizzato dello sviluppo neurologico caratterizzato da tre elementi fondamentali: un grave disturbo dell’interazione sociale, un disturbo della comunicazione e una serie di disturbi del comportamento e del movimento che portano a gravi comportamenti di chiusura, di isolamento e di esclusione dal contesto sociale e di relazione (DSM IV – ICD-10). Si tratta di una problematica che compare nella popolazione con una frequenza di circa 0,8-1 caso su 1.000 bambini ed è prevalente nei maschi in misura 4 volte superiore rispetto alle femmine. È un disturbo cronico, le cui cause non sono ancora chiare, che compare entro i primi trenta mesi dalla nascita e non guarisce con medicinali e terapie riabilitative, per cui coinvolge la persona per tutto l’arco della vita.
di Carmen Greco