Il Partito dei CARC saluta e augura buon lavoro a tutti i partecipanti al Congresso di fondazione del SGB che si svolge a Sasso Marconi (BO) il 14 e 15 gennaio
Milano, 13.01.2017
Saluto ai delegati del Congresso di fondazione del Sindacato Generale di Base (SGB)
Il Partito dei CARC saluta e augura buon lavoro a tutti i partecipanti al Congresso di fondazione del SGB che si svolge a Sasso Marconi (BO) il 14 e 15 gennaio
Il vostro Congresso si tiene in una situazione di grandi difficoltà e sofferenze per le masse popolari del nostro paese e del resto del mondo e, proprio per questo, in cui sono necessari e possibili grandi e decisivi cambiamenti in campo sociale, politico ed economico. Il capitalismo è in crisi ovunque. Anche nel nostro paese la guerra e il riarmo (insieme al lusso dei ricchi) stanno diventando le uniche “attività economiche” che tirano, mentre l’apparato produttivo viene smantellato un pezzo dopo l’altro, i posti di lavoro che non vengono eliminati sono sempre più senza diritti, precari, con salari più bassi e crescono disoccupazione e precarietà, i servizi pubblici che non sono stati privatizzati vengono ridotti insieme alla manutenzione del territorio, delle infrastrutture, del patrimonio edilizio e artistico. La devastazione dell’ambiente esplode nell’inquinamento, nello sperpero delle grandi opere di regime, nei disastri “naturali”: andiamo su Marte, ma i terremotati nel centro Italia sono ancora accampati e bastano un po’ di freddo e di neve per uccidere e sconvolgere intere zone del paese. La corruzione, lo sfruttamento sfrenato e la criminalità organizzata dilagano e colpiscono gran parte dei lavoratori e delle masse popolari italiane e ancora più ferocemente quelle immigrate, nuovi campi di concentramento macchiano il nostro paese. Le relazioni internazionali sono sempre più un groviglio di contrasti e di guerre. Questo è il corso delle cose in cui siamo immersi e a cui siete chiamati a fare fronte con adeguate e coraggiose decisioni congressuali.
Se darete seguito pratico alla volontà di diventare un sindacato di classe dichiarata nel vostro documento congressuale, il Congresso del 14 e 15 gennaio darà un contributo importante alla lotta per cambiare il corso delle cose in senso favorevole alle masse popolari nel nostro paese e negli altri paesi imperialisti. Cosa significa nella situazione attuale sindacato di classe? Significa un sindacato che è attore (con propri compiti specifici) della lotta dei lavoratori per la propria emancipazione dai padroni e dalle loro autorità, che si lega alle forze comuniste esistenti nel paese e, su questa base, imposta una linea di lotta sindacale e politica adeguata al livello dello scontro in corso. La difesa dei diritti e delle conquiste è efficace solo se è principalmente una leva per promuovere la rivoluzione socialista, per andare verso l’instaurazione del socialismo: solo se aboliamo il capitalismo e passiamo dalla concorrenza alla collaborazione internazionale, potremo migliorare. Quindi l’unica alternativa vincente al meno peggio che porta al peggio (e al peggio non c’è mai fine) è fare di ogni lotta rivendicativa un battaglia per accumulare forze per la costituzione di un governo di emergenza popolare, passaggio per far avanzare la rivoluzione socialista. La parabola della FIOM dalla resistenza al piano Marchionne del 2010-2011 all’infame CCNL del 2016 dimostra che non c’è altra strada. Così come la decisione dell’USB e di altri sindacati di base di sottoscrivere (per quanto obtorto collo) il Testo Unico sulla Rappresentanza conferma che, se si limitano a fare la sinistra dei sindacati di regime, anche i sindacati alternativi e di base finiscono per navigare nelle stesse acque dei sindacati di regime e per cedere, con maggiori o minori resistenze, al corso delle cose imposto dalle leggi del capitalismo.
Oggi sono i Marchionne a condurre con scienza (la scienza di cui può essere capace una classe che non ha futuro e cerca di ostacolare il corso della storia) la lotta di classe, mentre gli operai e il resto delle masse popolari subiscono ancora la loro iniziativa. In questa situazione, sindacato di classe vuol dire un sindacato con un “piano di guerra” contro i padroni e le loro autorità e che funziona da scuola di organizzazione, di solidarietà, coscienza e lotta di classe.
Se guardiamo all’esperienza della lotta di classe del nostro paese (anche solo ai Comitati di fabbrica, al sindacalismo di base e alle iniziative d’avanguardia di gruppi di operai e altri lavoratori combattivi degli ultimi anni), vediamo che questo orientamento si traduce in alcuni precisi compiti. Ne indichiamo i principali:
– promuovere l’organizzazione dei lavoratori in ogni azienda senza discriminazione di appartenenza o non appartenenza a un sindacato, la loro mobilitazione a occuparsi della salvaguardia delle aziende e il loro coordinamento a livello locale, regionale e nazionale, in modo da valorizzare le iniziative di lotta di ogni organismo di lavoratori mettendoli in connessione, rafforzando in ognuno la coscienza della propria importanza, delle proprie possibilità e della propria forza, dando modo a ogni organismo di imparare e insegnare agli altri, di sostenersi a vicenda, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta;
– giovarsi della forza degli operai delle fabbriche e dei lavoratori delle aziende pubbliche per sviluppare la mobilitazione e l’organizzazione delle categorie non aggregate in aziende (disoccupati, precari, immigrati, studenti, casalinghe, pensionati, ecc.) e su terreni non aziendali (la mobilitazione contro la guerra, la casa, la salute, i servizi pubblici, la salvaguardia dell’ambiente e del territorio);
– contrastare e far pagare caro ai padroni ogni attacco alle prerogative sindacali istituzionali (la partecipazione alle elezioni RSU, i permessi sindacali, la possibilità di indire assemblee sul luogo e in orario di lavoro, la disponibilità della bacheca sindacale, la riscossione delle quote sindacali tramite trattenuta in busta paga, diritto di sciopero), ma contemporaneamente organizzarsi in modo da non dipendere dai padroni: i sindacati sono esistiti e hanno funzionato anche quando queste prerogative non esistevano (raccoglievano mensilmente le quote dei tesserati, si riunivano fuori dalle aziende, ecc.);
– promuovere l’azione comune tra i sindacati combattivi, contro il settarismo e la “logica da orticello”;
– non limitarsi a reagire agli attacchi dei padroni e delle loro autorità, ma approfittare delle aziende e delle zone dove ci sono condizioni più favorevoli per lanciare battaglie che aprono la strada e fare in modo che ogni battaglia vinta serva a lanciare un’iniziativa di livello superiore (per il raggio d’azione, per il numero di elementi delle masse popolari che coinvolge, per le contraddizioni che apre nel campo nemico, per gli obiettivi che persegue, ecc.);
– applicare la democrazia nel funzionamento interno: un sindacato diretto dai lavoratori, in cui le scelte di linea, gli obiettivi, i dirigenti e i funzionari sono sottoposti alla verifica dei lavoratori (quindi dirigenti e funzionari revocabili); dal punto di vista organizzativo significa che un lavoratore rappresenta un voto, l’assemblea dei lavoratori prevale sulla RSU o RSA, la RSU o RSA prevale sulle strutture sindacali esterne.
Diventare sindacato di classe richiede, infine, di fare chiarezza su due questioni di fondo.
“Primo: la natura, origine e sviluppo della crisi in corso. Se definirla “strutturale”, “sistemica”, “epocale”, “non congiunturale”, ecc. non è solo un modo per dire che è una crisi grave, allora significa che siamo in una situazione in cui o la rivoluzione precede la guerra o la guerra genererà la rivoluzione (una situazione rivoluzionaria in sviluppo). Quindi è una diversione aspettarsi la soluzione della crisi dai padroni e dalle loro autorità nazionali e internazionali, cioè da quelli che basano i loro interessi e il loro potere sui metodi e sulle relazioni che hanno prodotto la crisi. Da questa crisi non ne usciamo con qualche redistribuzione della ricchezza, con qualche cambiamento delle regole del sistema finanziario, con qualche correttivo più o meno “radicale” in campo economico, monetario e finanziario. Non ne usciamo restando nell’ambito di un sistema sociale borghese (iniziativa economica individuale, proprietà privata, divisione in classi, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, rapporti tra individui basati sulla compra-vendita, ecc.). Le singole aziende sono in crisi perché la società nel suo complesso è in crisi. La causa principale della rovina delle aziende è esterna alle aziende, sta nel sistema capitalista stesso e nel suo modo di gestire le attività economiche e sociali. L’andamento generale degli affari e l’insieme delle relazioni economiche, finanziarie, commerciali, politiche e culturali nazionali e internazionali sono oggi dettate dall’evoluzione della crisi generale del sistema capitalista. Da questa crisi ne usciamo togliendo alla borghesia la direzione sulla vita economica e sociale e creando un nuovo sistema di relazioni sociali che abbia alla base le aziende costruite e gestite dai lavoratori organizzati che lavorano secondo un piano pubblicamente deciso.
Secondo: la relazione tra movimento sindacale e movimento comunista, cioè la risposta al perché dopo la seconda Guerra Mondiale e fino agli anni ’70 non solo in Italia ma in tutti i paesi imperialisti gli operai e le masse popolari erano riusciti a migliorare le loro condizioni in ogni campo e perché a partire dagli anni ’70, prima in Inghilterra con la Thatcher, poi negli USA con Reagan, poi via via negli altri paesi imperialisti, una dopo l’altra le conquiste fatte in ognuno di quei campi sono state rosicchiate, avvelenate e infine cancellate del tutto o sono in via di esserlo.
Le conquiste strappate erano l’effetto del movimento comunista che avanzava nel mondo, nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata dalla costituzione dell’Unione Sovietica. Nei paesi imperialisti la borghesia cedeva alla pressione delle masse popolari per paura della rivoluzione socialista, approfittando anche del fatto che, dopo le distruzioni delle due guerre mondiali, gli affari erano in ripresa e i profitti dei capitalisti elevati.
Negli anni ’70 nel mondo intero l’ondata rivoluzionaria si era oramai esaurita senza instaurare il socialismo nei paesi imperialisti e la nuova crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale era iniziata. La combinazione dei due fattori ha portato allo stato attuale, ha innescato il catastrofico corso delle cose a cui oggi l’umanità deve far fronte. Negli anni ‘60 e ‘70 il movimento sindacale era forte e la lotta sindacale dava risultati perché il movimento comunista era ancora forte e in ascesa: la rivoluzione a Cuba, la liberazione dell’Algeria, la vittoria dei comunisti in Vietnam, la rivoluzione in Nicaragua, ecc., la battaglia contro il revisionismo moderno lanciata dal Partito Comunista Cinese nel movimento comunista internazionale, la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina, il tentativo delle Brigate Rosse di venire a capo con la propaganda armata della direzione revisionista del PCI… Le vittorie sindacali, le conquiste, le riforme sono state un effetto della prima ondata della rivoluzione proletaria, l’abbandono della lotta per il socialismo (“la via pacifica, elettorale e parlamentare al socialismo” promossa da Togliatti & C.) e la riduzione della lotta sindacale a contrattare salari e condizioni di lavoro hanno aperto la strada allo smantellamento delle conquiste e dei diritti e fiaccato il movimento e la lotta sindacale.
La conclusione è che per svolgere un’attività sindacale efficace nella nuova situazione creata dalla fase acuta e terminale della crisi del capitalismo, bisogna che le organizzazioni sindacali conflittuali contribuiscano con la forza e il prestigio dell’organizzazione sindacale alla riscossa generale dei lavoratori e delle masse popolari: promuovere la mobilitazione dei lavoratori a occuparsi della salvaguardia delle aziende, l’organizzazione dei precari, dei cassintegrati, dei disoccupati, la mobilitazione comune per dare al paese un governo deciso e in grado di attuare le misure d’emergenza che le organizzazioni sindacali stesse già indicano come necessarie” (da Resistenza 3- marzo 2016).
Voi come sindacato e ognuno di voi singolarmente potete fare molto, se siete convinti che potete farlo e avete la generosità per mettervi all’opera. Dunque non esitate a mettervi all’opera! Rafforzate il vostro sindacato, rivolgetevi senza settarismo né presunzione alle altre organizzazioni sindacali, alle associazioni, ai comitati e gruppi di resistenza, alle associazioni che sono sorte e sorgono in ogni settore! Se prendete questa strada vi sosterremo.
Se il vostro Congresso porterà ognuno di voi e il Sindacato Generale di Base nel suo complesso a imboccare con forza e con slancio la strada della lotta e delle iniziative per costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il vostro Congresso avrà svolto un grande ruolo nella vita del nostro paese.
Questo è l’augurio che vi fa il Partito dei CARC.
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza – per il Comunismo (CARC)
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