Sono passati 20 anni da quando il D.Lgs 22/97, il cosiddetto “Decreto Ronchi” sui rifiuti, ha cambiato radicalmente i modelli di gestione dei rifiuti e ha attuato una riforma organica e sistemica recependo e coordinando, tre direttive europee sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi.
A 20 anni dal D.Lgs 22
Vent’anni dopo, come cambia il pianeta rifiuti
Cresce ladifferenziata, discariche in calo, green economy avanza
Nell’anniversario della riforma dei rifiuti una pubblicazione a più voci traccia un bilancio, mentre un’indagine Ipsos dice che il 93 % degli italiani considera la raccolta differenziata un’utile necessità.
Per le 6.000 imprese della green economy dei rifiuti un fatturato di 50 mld di euro
Sono passati 20 anni da quando il D.Lgs 22/97, il cosiddetto “Decreto Ronchi” sui rifiuti, ha cambiato radicalmente i modelli di gestione dei rifiuti e ha attuato una riforma organica e sistemica recependo e coordinando, tre direttive europee sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi e sugli imballaggi. Il bilancio di questi primi 20 anni è particolarmente positivo: nel 1997 veniva smaltito in discarica l’80% dei rifiuti urbani (21,3 Mton) con una raccolta differenziata che era al di sotto del 9%; nel 2015, nonostante i rifiuti urbani prodotti siano aumentati di quasi 3 Mton, quelli smaltiti in discarica sono scesi al 26% (7,8 Mton), la raccolta differenziata è arrivata al 47,6% e il riciclo/recupero di materia dei rifiuti speciali è aumentato da 13 Mton a 83,4 Mton. (Dati Ispra)
Gli stessi italiani hanno cominciato ad avere un approccio più responsabile sul tema, con il 91% che fa abitualmente la raccolta differenziata, il 93% che la considera una utile necessità e il 91% che la mette al primo posto tra i comportamenti anti-spreco e tra le buone abitudini ambientali, come dimostra un’indagine IPSOS promossa da CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) dal titolo “1997-2017 | 20 anni dal Decreto Ronchi: gli italiani e la raccolta differenziata”,
Per ricordare questo anniversario e fare un bilancio a 20 anni da quella riforma, la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha realizzato una pubblicazione “La riforma dei rifiuti a 20 anni dal D.Lgs 22/97 e alla vigilia del nuove Direttive rifiuti-circular economy”.
“Con quella riforma – ricorda Edo Ronchi – scegliemmo di anticipare, non senza difficoltà, gli indirizzi europei sulla gerarchia nella gestione dei rifiuti, assegnando una netta priorità al riciclo rispetto al largamente prevalente smaltimento in discarica e anche rispetto alle proposte che assegnavano priorità all’incenerimento di massa, Quella riforma ha consentito di far decollare l’industria verde del riciclo dei rifiuti. Quel sistema potrebbe consentire di raggiungere anche i nuovi e più impegnativi target europei di riciclo a condizione che venga applicata in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale recuperando i ritardi che ancora persistono in alcune grandi città (come Roma e Napoli) e in 5 regioni del Sud: Basilicata (31% RD), Puglia (30%), Molise e Calabria (25%), Sicilia (13%). Il recupero di questi ritardi sarà essenziale per raggiungere i nuovi obiettivi europei: il 60% di riciclo dei rifiuti urbani per il 2025 e 65% entro il 2030. Molto importante sarà anche aggiornare i decreti sul recupero dei rifiuti speciali per avere una più estesa ed efficiente diffusione del riciclo con il regime di end of waste”.
Le parole chiave della riforma
I buoni risultati sulla raccolta differenziata, testimoniati dai numeri, si devono a un impianto normativo lungimirante. Il Decreto istituì, infatti, il sistema CONAI-Consorzi di filiera degli imballaggi che negli anni ha assicurato il ritiro e l’avvio al riciclo di tutte le frazioni raccolte di carta, vetro, plastica, legno, alluminio e acciaio versando un corrispettivo ai Comuni per i maggiori oneri sostenuti per la raccolta differenziata e assegnando priorità alle frazioni delle RD dei comuni, strategiche per la sostenibilità della gestione dei rifiuti urbani. Il decreto ha anche introdotto il CAC (contributo ambientale CONAI), una prima forma di EPR (responsabilità estesa del produttore) che in questi anni è stato pagato da oltre 1 milione di imprese con una elusione quasi nulla.
Anche il sistema italiano di gestione dei rifiuti d’imballaggio ha raggiunto buoni risultati; l’avvio al recupero degli imballaggi è salito dal 33% del 1997 al 78,5% dell’immesso al consumo nel 2015 ed è già stato superato l’obiettivo del 65% (siamo al 67%) di avvio al riciclo dei rifiuti da imballaggio che la nuova Direttiva indica per il 2025.
Queste importanti quantità di rifiuti avviati al riciclo hanno fatto crescere un settore industriale della green economy che vede i rifiuti come risorsa e che conta oltre 6.000 imprese (in aumento del 10% rispetto al 2008) con circa 155 mila addetti e un fatturato di circa 50 miliardi di euro. Considerando anche le imprese che gestiscono rifiuti come loro attività secondaria o che utilizzano il recupero di rifiuti nel proprio ciclo produttivo, contiamo altre 3.150 realtà produttive e ulteriori 183 mila addetti.Il numero complessivo di aziende coinvolte in questo settore sale a oltre 9 mila per complessivi 328 mila addetti.
La raccolta differenziata piace agli italiani
A guardare i risultati della ricerca Ipsos, la raccolta differenziata piace agli italiani che comprendono anche come essa sia essenziale per ridurre lo spreco di materiali. Il 91% dice infatti di farla abitualmente e ben il 93% la considera una utile necessità e il 32% è convinto che non rappresenti un problema, ma piuttosto una risorsa. Gli italiani poi in maggioranza (58%) si dicono più attenti al riciclo dei materiali, anche se un’alta percentuale (68%) non nasconde la fatica di gestire quantità crescenti di rifiuti. E sempre la raccolta differenziata è, per il 91% degli italiani, la pratica ambientale più diffusa tra quelle anti-spreco e tra le buone abitudini in tema di mobilità. Il “fastidio” nel fare la raccolta differenziata è determinato, per il 26% degli insoddisfatti, dal fatto che non si sa come differenziare alcuni materiali. Ma perché gli italiani scelgono di differenziare i rifiuti? Qui le percentuali tendono ad avvicinarsi: il 58% dice che si fa perché si è più attenti all’ ambiente, ma per il 42% si fa perché è obbligatorio. Le raccolte differenziate dei rifiuti “più gettonate” (91%) sono quelle di carta, vetro e plastica. La responsabilità per il problema rifiuti e per i cassonetti sommersi dalla spazzatura per oltre la metà degli italiani (53%) è suddivisa fra tutti, cittadini e istituzioni. Il sondaggio affronta anche il tema imballaggi e, su questo fronte, i consumatori ritengono che le imprese si stanno impegnando per migliorare gli imballaggi in sostenibilità (71%) e nella facilità di riciclo (73%). Infine, il 37% afferma di conoscere CONAI, cui viene attribuito anche un buon voto: 7.4 su 10.
Vent’anni di Decreto Ronchi: una pubblicazione con Edizione Ambiente.
Per fare un bilancio a vent’anni dalla riforma, anche in vista del recepimento delle direttive europee sulla circular economy, la pubblicazione raccoglie interventi di alcuni dei maggiori esperti del settore (Andrea Bianchi, Paola Bologna, Roberto Cavallo, Stefano Ciafani, Edoardo Croci e Denis Grasso, Sonia D’Angiulli, Paola Ficco e Corrado Carrubba, Franco Gerardini, Paolo Giacomelli, Michele Grillo e Gustavo Olivieri, Rosanna Laraia, Stefano Leoni e Emmanuela Pettinao, Stefano Maglia e Paolo Pipere, Letizia Nepi, Elisabetta Perrotta, Gianni Squitieri). Mentre per tastare il polso degli italiani in materia è stata realizzata da Ipsos, per conto del Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi), l’indagine “1997-2017 | 20 anni dal Decreto Ronchi: gli italiani e la raccolta differenziata.