Secondo Amnesty International, le misure contenute nello stato d’emergenza dichiarato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi dopo i tre orribili attentati alle chiese di domenica 9 aprile serviranno a poco per risolvere le cause di fondo degli attacchi settari contro la minoranza copta e potranno deteriorare ulteriormente la situazione dei diritti umani.
AMNESTY INTERNATIONAL ALL’EGITTO: AFFRONTI LA VIOLENZA SETTARIA, NON SFRUTTI LO STATO D’EMERGENZA PER LIMITARE ULTERIORMENTE I DIRITTI
Secondo Amnesty International, le misure contenute nello stato d’emergenza dichiarato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi dopo i tre orribili attentati alle chiese di domenica 9 aprile serviranno a poco per risolvere le cause di fondo degli attacchi settari contro la minoranza copta e potranno deteriorare ulteriormente la situazione dei diritti umani.
Il gruppo armato Stato islamico ha rivendicato la responsabilità per l’attentato di Tanta e per quelli contemporanei di Alessandria, che durante le funzioni religiose della domenica delle palme hanno provocato almeno 44 morti.
“Questi attentati mortali contro le chiese sono l’evidenza di un terribile disprezzo per la vita umana e vanno duramente condannati. Nulla può giustificare un orribile attacco contro persone comuni che prendono parte a una messa”, ha dichiarato Naija Bounaim, direttrice delle campagne per l’Africa del Nord di Amnesty International.
“Le autorità egiziane hanno il dovere di proteggere la vita e l’incolumità della popolazione, ma la soluzione non dev’essere quella di proseguire e aumentare le limitazioni alle poche libertà che rimangono in Egitto. Per affrontare la violenza settaria occorre la sincera volontà politica di porre fine all’impunità e garantire protezione”, ha aggiunto Bounaim.
“L’Egitto si è affidato per decenni a misure di emergenza che hanno garantito alle forze di sicurezza ampi poteri, usati per commettere impunemente violazioni dei diritti umani, tra cui arresti arbitrari, torture e altro ancora”, ha spiegato Bounaim.
Prima della proclamazione del 9 aprile, l’ultimo stato d’emergenza era stato dichiarato nell’agosto 2013, per un periodo di tre mesi, dopo il violento sgombero al Cairo dei sit-in di Rabaa e al-Nahda.
In precedenza, durante la presidenza di Hosni Mubarak, l’Egitto era stato sin dal 1981 sotto lo stato d’emergenza, poi abrogato nel 2012. In quegli oltre 30 anni le forze di sicurezza egiziane avevano arrestato e posto in detenzione amministrativa migliaia di persone ogni anno.
Nel 2013 la Corte costituzionale ha annullato le norme che consentono la detenzione amministrativa durante lo stato d’emergenza.
Dalla fine dello stato d’emergenza, le autorità egiziane si sono affidate al sistema giudiziario ordinario, che consente un lungo periodo di detenzione preventiva, e ai tribunali speciali che hanno celebrato processi di massa e irregolari terminati con centinaia di condanne a morte o all’ergastolo.
La legge d’emergenza prevede in modo assai preoccupante che possano svolgersi processi di fronte ai tribunali d’emergenza per la sicurezza dello stato che seguono procedure inique che non prevedono diritto d’appello.
“Lo stato d’emergenza non può mai essere una scusa per violare diritti non derogabili. La tortura, le uccisioni illegali, le sparizioni forzate e le detenzioni arbitrarie non possono diventare legali dichiarando lo stato d’emergenza”, ha commentato Bounaim.
Tra l’altro, nel 2015 il presidente al-Sisi ha firmato la Legge 94 contro il terrorismo che garantisce alle autorità poteri eccezionali tipici dello stato d’emergenza, come la limitazione arbitraria dei diritti alla libertà d’espressione, di manifestazione pacifica e d’associazione.
Nei decenni precedenti le autorità egiziane hanno usato lo stato d’emergenza come pretesto per sopprimere il dissenso, violare il diritto alla libertà d’espressione, di manifestazione pacifica e d’associazione, processare imputati civili nei tribunali militari o in quelli d’emergenza e procedere ad arresti senza mandato giudiziario.
Le disposizioni generiche della Legge d’emergenza conferiscono ampi poteri di limitare la libertà di movimento, svolgere sorveglianza in violazione del diritto alla riservatezza e sottoporre la stampa alla censura preventiva. Il quotidiano Albawaba ha reso noto che un’ora dopo la proclamazione dello stato d’emergenza tutte le copie dell’edizione di lunedì 10 aprile sono state confiscate a causa degli articoli sugli attentati alle chiese.
Secondo la costituzione egiziana il presidente ha il potere di dichiarare lo stato d’emergenza dopo aver consultato il governo. La decisione dev’essere poi approvata dal parlamento entro sette giorni.
Date le violazioni dei diritti umani commesse durante i lunghi periodi di stato d’emergenza nella storia egiziana, Amnesty International ha sollecitato il parlamento egiziano a valutare con attenzione le motivazioni date dal governo e ad assicurare che le misure che ne deriveranno siano compatibili con i massimi standard internazionali sui diritti umani e strettamente necessarie per contrastare la dichiarata emergenza pubblica.
In altri termini, dovrà essere dimostrato che solo le misure di emergenza proposte, invece dell’applicazione delle leggi esistenti, possono affrontare le attuali minacce. Occorrerà infine considerare attentamente la stretta necessità e proporzionalità di tali misure.
Sebbene la costituzione egiziana limiti la durata dello stato d’emergenza a tre mesi, rinnovabili una sola volta, le autorità del Cairo hanno aggirato questa norma rinnovando lo stato d’emergenza in vigore dal 2014 nella provincia del Sinai settentrionale di tre mesi in tre mesi, favorendo gravi violazioni dei diritti umani tra cui sparizioni forzate, arresti arbitrari e uccisioni illegali.
Gli attacchi settari contro la minoranza cristiano copta
Gli attacchi sono aumentati dopo la deposizione dell’ex presidente Mohamed Morsi nel luglio 2013. Chiese e abitazioni private sono state date alle fiamme, vi sono state aggressioni fisiche e saccheggi di proprietà private.
Negli ultimi tre anni, secondo l’Istituto Tahrir, vi sono stati 400 episodi di violenza settaria. L’Iniziativa egiziana per i diritti della persona ha documentato almeno 64 casi, tra il 2011 e il 2016, in cui le autorità hanno promosso azioni di riconciliazione invece di applicare la legge.
La costante assenza di protezione dalla violenza settaria da parte del governo è allarmante. Nel dicembre 2016 un attentato contro una chiesa del Cairo aveva provocato almeno 25 vittime. Dopo l’uccisione di sette persone nel Sinai del Nord tra il 30 gennaio e il 23 febbraio 2017, un portavoce in Sinai dello Stato islamico aveva annunciato un escalation di violenza contro i copti. Proprio a Tanta, una settimana prima dell’attentato della domenica delle palme, un agente di polizia era stato ucciso e suoi 15 colleghi erano rimasti feriti nell’attentato contro uno dei centri di addestramento diretti dal ministero dell’Interno.
Le autorità egiziane non portano di fronte alla giustizia i responsabili degli attacchi contro i copti, ricorrendo invece a forme di riconciliazione promosse dallo stato, che a volte prevedono accordi economici se non addirittura lo sgombero forzato di famiglie copte dalle loro abitazioni. In questo modo, gli istigatori della violenza settaria contro la minoranza cristiano copta non vengono puniti.
Roma, 11 aprile 2017
Per maggiori informazioni:
capitolo relativo all’Egitto tratto dal Rapporto 2016-2017 di Amnesty International
https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/medio-oriente-africa-del-nord/egitto/